"Tante poltrone, nessuna linea" | Ncd, rivolta contro Alfano - Live Sicilia

“Tante poltrone, nessuna linea” | Ncd, rivolta contro Alfano

Già in occasione dell'elezione di Mattarella le prime tensioni, con lo strappo di Sacconi e il malessere dei siciliani (leggi Fernando M. Adonia). Due giorni fa la direzione nazionale non ha chiarito nulla: le alleanze per le prossime amministrative si decideranno caso per caso. Nel frattempo, il leader e alcuni fedelissimi continuano da anni a mantenere ruoli-chiave in diversi governi. E alcuni dirigenti dell'Isola protestano: "Cosa raccontiamo ai nostri elettori?"

Un partito nel caos
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PALERMO – La direzione non ha indicato alcuna direzione. E così, oggi, l’acronimo di Ncd, per molti dirigenti di partito sta per: “Non Capiamo Dove”. Dove sta andando e dove andrà il partito. Che intanto, per non sapere ne’ leggere (la situazione politica attuale), ne’ scrivere ha scelto di restare fermo. Sulle poltrone. Poltrone prestigiose e stabili. Più di quanto giustificherebbe l’attuale movimento di Angelino Alfano. E adesso (anzi, già da un po’) lo “spaesamento” è giunto in Sicilia. “Cosa raccontiamo ai nostri elettori?” si chiedono molti militanti isolani, presenti ieri alla direzione nazionale del partito.

Una domanda da rivolgere a chi, negli ultimi anni, ha ricoperto quasi senza soluzione di continuità e nonostante i vari terremoti politici, ruoli di governo. E illuminante, in questo senso, è un articolo apparso pochi giorni fa sul Fatto quotidiano. Un servizio che descriveva i dati di Openpolis: uno studio sulla presenza e l’attività dei politici italiani. Da quel report ecco il dato più interessante: il “filo rosso” che lega tre degli ultimi quattro esecutivi nazionali è proprio Angelino Alfano: ministro della Giustizia con Silvio Berlusconi, all’Interno con Enrico Letta (in quella fase ha ricoperto anche il ruolo di vicepremier), confermato al Viminale con Matteo Renzi. “Più poltrone che voti”, riporta il Fatto con ironia, ma anche basandosi sui numeri dei sondaggi che vedono il partito di Alfano oscillare ormai tra l’1,8 e il 3,2%.

E tra i dieci presenzialisti dei governi, oltre al leader agrigentino, ecco spuntare altri siciliani, come Simona Vicari e Giuseppe Castiglione. Una abitudine alle poltrone diventata quasi “stile politico”. Al punto da prevedere, fino a pochi mesi fa, addirittura la moltiplicazione delle guide del partito: due co-coordinatori: un palermitano e un catanese. Quest’ultimo, Castiglione, appunto, un anno e mezzo fa guidò (insieme all’allora ministro Gaetano Quagliarello) la fronda dei “diversamente berlusconiani”. Insieme a lui, in quei giorni, diversi senatori siciliani fra cui Pippo Pagano, Salvatore Torrisi, Marcello Gualdani hanno abbandonato il Cavaliere per sposare l’idea nuova di Angelino. Ma una “frondina” potrebbe presto nascere proprio nell’Isola, dove il malessere sulle scelte di Alfano inizia a emergere in maniera evidente. Un malumore che si aggiungerebbe a quello esterno al partito. Oggi, ad esempio, il ministro ha dovuto disertare il Senato dove avrebbe dovuto relazionare sui disordini di Roma in occasione della partita della Roma. L’intervento, previsto per le 18, è stato rinviato su richiesta di Pd e Ncd. Alcune forze politiche come Sel e Movimento cinque stelle erano già pronti alla plateale contestazione.

Ma come detto, il malessere è soprattutto interno: martedì la direzione nazionale avrebbe dovuto fare chiarezza. Indicare la strada, per recuperare il terreno perduto. Il consenso svanito nella nube di una idea politica priva di confini chiari, netti. E invece, i siciliani presenti al vertice, sono tornati con un’idea sola: non c’è un’idea. O meglio, per usare le parole del vicepresidente della commissione bilancio all’Ars Vincenzo Vinciullo: “Si è compreso che, in assenza di strategia, bisogna puntare sulla tattica”. E la “tattica” si tradurrà ad esempio, al primo test elettorale, quello delle amministrative siciliane che si svolgeranno anche in grossi Comuni come Agrigento e Marsala, nel decidere “sulla base delle singole realtà territoriali”. Insomma, Ncd proverà a proporre un proprio candidato. Se la cosa non andrà a buon fine, deciderà con chi correre. E sul punto, non ci sono preferenze: il Pd di Renzi o Forza Italia del Cavaliere, è lo stesso. “Si tratta di realtà locali”, si dirà.

“In pratica però – lamenta il coordinatore regionale di Ncd, Francesco Cascio – dovremo muoverci nei territori senza uno spartito nazionale. E questo, ovviamente, ci creerà qualche problema”. Un rischio, del resto, sollevato già da Cascio, proprio su Livesicilia, alcuni giorni fa. “Noi – ribadisce – dobbiamo parlare con la gente. Convincerli a votare per noi. Ma tutti ci chiedono: state con Renzi o fate parte del centrodestra? E noi, oggi, una risposta non l’abbiamo”. Anche perché dalla direzione nazionale, non è arrivata nessuna svolta decisa. “Eppure – racconta Cascio – il clima sembrava persino felice, autocelebrativo. Ho evitato di intervenire per non rovinare la festa. Il mio intervento sarebbe stato fuori dal coro”.

E in effetti, nessun chiarimento è arrivato, ad esempio, riguardo ai rapporti tra Ncd e il governo Crocetta. Un esecutivo sostenuto oggi dall’Udc, che nel frattempo, però, si è “fuso” a Roma con gli alfaniani, dando vita ad Area popolare. “Ci troveremo probabilmente – paventa Cascio – a essere alleati per le amministrative con forze politiche nei confronti delle quali, nelle stesse ore, dovremo fare opposizione”.

E il rischio di apparire “non credibili” in vista delle prossime elezioni, inizia a farsi serio, per tanti dirigenti del partito. Per quelli, almeno, che “lavorano”, alla ricerca del consenso, in quelli che gli stessi dirigenti amano definire “i territori”. Lontani, lontanissimi, oggi, dalle comode poltrone romane. “Adesso mi chiedo – insiste Cascio – se noi dovessimo decidere di continuare a sostenere Renzi per poi presentarci col centrodestra alle prossime politiche, su cosa faremo la campagna elettorale? Cosa potremo mai contestare al centrosinistra, i provvedimenti che abbiamo contribuito a firmare anche noi? La scelta dell’alleanza con Renzi era sensata e intelligente. Ma solo nel quadro di una situazione di emergenza, che doveva durare uno o due anni, non di più. Andando avanti in questo modo rischiamo di perdere la nostra identità”.

Un problema, quello del malessere dei generali siciliani di Ncd, esploso in maniera plateale in occasione dell’elezione del nuovo presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Lì, un gruppo di parlamentari dell’Isola aveva fatto chiaramente intendere al leader Alfano, che in quelle ore sembrava orientato verso la “scheda bianca” dopo lo strappo di Renzi, di appoggiare la decisione del premier di scegliere il politico palermitano come nuovo Capo dello Stato. Poi, la scelta del ministro dell’Interno di tornare sui suoi passi “condividendo il nome, ma non il metodo”. E nuova rottura, con le dimissioni del capogruppo al Senato Maurizio Sacconi e della portavoce Barbara Saltamartini. Ogni curva, insomma, qualche viaggiatore veniva sbalzato fuori dall’automobile del Nuovo centrodestra. Fino alla direzione di ieri. Che ha confermato: quell’auto non ha una direzione. “Non Capiamo Dove”, ribadiscono i moderati siciliani. Dove va l’Ncd?


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