Testimone di un massacro in piazza| Duplice omicidio, parla il pentito - Live Sicilia

Testimone di un massacro in piazza| Duplice omicidio, parla il pentito

Il neo pentito era lì, quando massacrarono a coltellate Vincenzo Chiovaro e Antonino Lupo nella piazza del Borgo Vecchio, e accusa i tre imputati sotto processo: Gaetano Cinà e i figli Massimiliano e Francesco.

PALERMO- Testimone oculare di un duplice omicidio. Uno dei più efferati mai commessi a Palermo. Il neo pentito Francesco Chiarello era lì – racconta – quando massacrarono a coltellate Vincenzo Chiovaro e Antonino Lupo nella piazza del Borgo Vecchio. Era il 23 aprile 2002. Il neo pentito che all’epoca lavorava in una taverna del popolare rione accusa i tre imputati sotto processo: Gaetano Cinà e i figli Massimiliano e Francesco. Sono loro che avrebbero punito con il sangue uno sgarbo imperdonabile.

“Ora sono stati scarcerati, questi signori (i Cinà, ndr)… li hanno ammazzati perché gli hanno disturbato la figlia di più di una volta”.

Scarcerati gli imputati lo sono stati davvero, dopo che la Cassazione ha annullato la condannato e disposto la celebrazione di un nuovo processo d’appello, nel quale è stato depositato il verbale. “Siccome ha una figlia che si fa guardare e di più di una volta la disturbavano, tutti e due – aggiunge il pentito -, la prima volta ha lasciato stare, la seconda ha lasciato stare… la terza gliel’ha contato a suo fratello Francesco…”. E sarebbe scattata la punizione: “Francesco Cinà li manda a chiamare, gli dice che gli devono parlare alla piazza del Borgo Vecchio”.

Il tramite sarebbe stato un tale “Landolina” tossicodipendente, ora morto, che “tirava cocaina” con le due vittime: “Sono arrivati là e subito si sono presi a cazzotti. Io, Giovannello Lorico, Vito Lorico ci siamo messi per dividerli. Appena abbiamo visto che Francesco ha preso il coltello contro Lupo, che aveva una ferita di qua tutta aperta… niente, poi aveva la testa sotto la ruota della macchina, tutto con la testa aperta qua. Non glielo dico com’era…”. Assieme a lui altri testimoni avrebbero assistito al massacro:”Tacco e Punta”, “Franco ’u Rizzaru”, “Jolly”, “Tantillo, che poi ha pulito la ruota che era piena di sangue. L’ho visto io con i miei occhi…”. I Cinà avrebbero agito senza l’autorizzazione del capomafia di allora: “… comandava Paolo Romano, è successo un casino, non li hanno più fatti scendere i Cinà. Senza ordine hanno fatto tutto questo”.

Il verbale adesso fa parte del processo tornato in appello perché Una delle prove principali era stata dichiarata inutilizzabile. Alcuni testimoni fecero i nomi degli imputati nel corso di una conversazione perché avrebbero subito “illecite pressioni”. In secondo grado erano stati condannati a sedici anni ciascuno. L’omicidio risale al 2002, ma il muro di omertà si ruppe solo sette anni dopo, nel 2009, quando i Cinà finirono in manette.

Nessuno aveva assistito alla ferocia di un delitto commesso in pieno giorno e in una piazza affollata. Alla fine si presentò un testimone, Fabio Nuccio, fratello del collaboratore di giustizia Antonino. Solo che finora l’ipotesi è che Chiovaro e Lupo fossero stati uccisi perché avevano rubato lo scooter ad uno dei Cinà e per restituirlo pretendevano un riscatto. Chiarello, il neo pentito del Borgo Vecchio, conferma il ruolo degli imputati, ma fornisce un movente diverso. Un movente legato a questioni di “onore”.


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