Le dimissioni del presidente - Live Sicilia

Le dimissioni del presidente

Le dimissioni di Raffaele Lombardo lasciano sul tappeto molte macerie e una serie di questioni che nè il governo, nè il parlamento sono riusciti a risolvere. Dal problema dei trasporti, a quello sulla spending review, passando per i contratti di circa ventimila precari della Regione.

L'EPILOGO DELL'ERA LOMBARDO
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L’ultima cena di Lombardo presidente è anche “la prima – spiega – che in quattro anni offro ai miei assessori”. Un biblico tavolo da “dodici più uno”, al ristorante “Charme” nei pressi dello stadio, per salutare la giunta. Lombardo va via, ma resta. Per i prossimi tre mesi sarà defilato, manderà avanti il nuovo “front man” del governo, Massimo Russo. Ma manterrà “quasi tutti i poteri” concessi al presidente della Regione, fino a nuove elezioni. Cioè, stando agli annunci delle scorse settimane, e a un passaggio delle comunicazioni del presidente in Aula,in occasione del suo commiato dall’Ars, al 28 e 29 ottobre. Una data che, però non appare così certa. E potrebbe essere anticipata di qualche settimana. Non solo ai primi di ottobre. Ma persino alla metà di settembre. “Anticipare ulteriormente le elezioni? – ha ammesso Lombardo in conferenza stampa – non lo escludo. Ma ne parlerò con la giunta”.

Una giunta che, quasi al completo, fa capolino alle sue spalle, davanti ai giornalisti. Lombardo al centro, cravatta rosea, un po’, pensiamo, come viatico per un futuro “fuori dalla politica”, conferma, un po’ perché quell’immagine di presidente dimissionario, “indebolito dalla vicenda giudiziaria e da un’aggressione mediatica e politica senza precedenti”, non passasse agli annali con troppe tinte di grigio.

No, Lombardo sorride. Scherza. Provoca l’assessore Vecchio: “Noi non sopprimiamo nessuno, vero assessore?”, dice Lombardo. “Fisicamente non di certo”, replica Vecchio. E poi, ecco i due nuovi componenti della giunta. Arrivati in extremis. A “lavorare” per tre mesi. Forse due. Ferie comprese. Nicola Vernuccio entra in giunta dopo aver ricoperto il ruolo di dirigente generale esterno ed estromesso dopo un lungo contenzioso, perché non in possesso di “tutti i requisiti del caso”, insieme a un altro gruppetto di fedeli di Lombardo in qualche modo ben riposizionati, a partire da Patrizia Monterosso, il nuovo segretario generale, contro la cui nomina anche oggi sono piovute dall’Ars critiche pungenti, ma che passa, in abito scuro, a salutare il presidente nella Sala degli specchi di Palazzo d’Orleans. Poi c’è Claudio Torrisi, catanese e consulente di Giosuè Marino per il piano rifiuti. Di lui si sa poco di più. Se non della sorpresa di alcuni suoi amici, come racconta lui stesso, sorridente, tra i cronisti e i colleghi di giunta. Abbracci e baci. Sorrisi e appuntamento alle 21. Salta persino l’idea di tenere una nuova giunta. È bastata quella del pomeriggio. È il momento di rilassarsi un po’. Tra le macerie, però.

Perché l’addio di Lombardo chiude sì, l’esperienza “con tante ombre” dice oggi Gianpiero D’Alia, alleato del governatore fino a dicembre scorso. “Con tante luci”, rivendica il capogruppo autonomista Nicola D’Agostino. Ma le dimissioni del governatore innescano il count-down anche per l’Ars. Che smette oggi di lavorare. Salvo “esigenze straordinarie”, tra le quali non sono comprese le urgenze da “spending review”. “Ce ne occuperemo in via amministrativa”, dicono quasi in coro, e facendo spallucce, però, Lombardo e l’assessore Gaetano Armao. Come se quella norma, fino a cinque, sei ore prima non fosse stata considerata una delle più importanti della legislatura. In grado, giusto per citare Armao, di trasformare la scialacquona autonomia siciliana in un’autonomia “della responsabilità”. Niente spending review, invece ieri. E niente fondi per le proroghe dei precari degli enti locali, per il trasporto pubblico su gomma, per il trasporto da e per le piccole isole, per i dissalatori. Niente soldi. Perché oggi (oggi!) ci si è accorti che per finanziare quelle emergenze servivano 40 milioni di euro. E che raschiando il fondo di un bilancio “con gravi problemi di liquidità”, ha ammesso Lombardo, si poteva raccogliere, al massimo, 13-14 milioni. E nemmeno tanto certi. Un “problema” non da poco. Anche in vista delle elezioni. Quando Lombardo potrà certamente ribadire ai quattro venti che “non si è tagliata una testa. Non s’è licenziato nessuno”. Semmai, ci penserà chi verrà dopo di lui. Magari occupandosi dei contratti dei circa ventimila precari degli enti locali, in scadenza alla fine dell’anno. Una bomba a orologeria che questo governo non è stato capace di disinnescare. E la scelta disperata di approvare un assestamento di bilancio “tecnico”, (“ma non passi l’idea – diceva oggi in Aula Michele Cimino – che quel testo sia stato voluto dai deputati”), mettendo una semplice pezza sul disavanzo, si aggiunge ai problemi incontrati dall’esecutivo negli ultimi mesi con le impugnative del Comissario dello Stato alla Finanziaria e al mutuo, con i richiami di Monti, con la sospensione del rating della Sicilia.

Tutte questioni lontane, oggi, dal ristorante vicino allo stadio, dove il presidente ha deciso di celebrare la sua “ultima cena” insieme ai dodici assessori della giunta. Qualcuno di loro è arrivato nell’esecutivo giusto in tempo per l’invito. E resterà in sella tre mesi, forse addirittura due. Vacanze estive comprese. Il “benvenuto”, a Vernuccio e Torrisi, arriva in occasione di una cena d’addio. Quando, forse, il governatore, dopo qualche portata, deciderà di slacciare un po’ la cravatta rosea. Niente a che vedere col futuro di una Regione che dovrà, di qui alla fine dell’anno, ripartire dalle macerie.


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