Tribunali, antimafia e politica | L'era degli sceriffi alla Regione - Live Sicilia

Tribunali, antimafia e politica | L’era degli sceriffi alla Regione

Da sinistra Nicolò Marino, Massimo Russo e Antonio Ingroia

Per il procuratore Lo Voi l'impegno pubblico delle toghe danneggia la magistratura. Ma in Sicilia c'è sempre bisogno di “garanzie di legalità”

PALERMO – Chissà a quanti saranno “fischiate le orecchie” una settimana fa. In occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario il procuratore capo di Palermo Francesco Lo Voi aveva infranto un piccolo tabù. Ha affermato, senza troppi giri di parole e con chiarezza cristallina, che i rapporti tra magistratura e politica debbano essere finalmente regolati. Non solo. Ha detto qualcosa di più. Ha denunciato il “danno” compiuto all’intera categoria da quei magistrati che scelgono la via dell’impegno pubblico. Un vulnus non solo all’indipendenza (e anche alla percezione di imparzialità) delle toghe, ma anche all’operato degli stessi magistrati. Chi potrà sgombrare il campo dai dubbi, ha chiesto in sostanza Lo Voi, che la precedente attività dentro i tribunali potesse essere orientata in vista del successivo ingresso in politica?

Concetti chiarissimi. E sotto certi aspetti coraggiosi. Anche perché, oggi, di ex magistrati in politica ne trovi tanti. In Italia come in Sicilia. Qui, nella Regione dove, forse più di ogni altra, sembra avvertirsi l’esigenza di affidare nelle mani di qualche “sceriffo” il Far West dell’Isola. Vai a guardare, poi, e scopri che queste personalità vanno quasi sempre a ricoprire gli stessi ruoli. Come se l’aglio dell’ex pm fosse l’unico antidoto ai vampireschi appetiti, ad esempio, nella Sanità o nel settore dei rifiuti.

Il “vezzo” fu già di Totò Cuffaro, con la nomina dell’assessore Agata Consoli, ex pm antimafia ai Lavori pubblici. Ma il vero “boom” di sceriffi alla Regione, di “garanzie di legalità” si registra negli ultimi otto anni: nelle legislature, cioè, marchiate dai governatori Raffaele Lombardo e Rosario Crocetta. Il leader dell’Mpa, ad esempio, per segnare il solco con quel settore della Sanità finito anche nelle inchieste giudiziarie durante l’era del suo predecessore, ha scelto il volitivo Massimo Russo, ex pubblico ministero “antimafia”. Erano gli anni in cui venivano proiettati i documentari sulla “Mafia è bianca”. Il settore verrà puntellato con altri nomi “di assoluta garanzia” come Salvatore Cirignotta all’Asp di Palermo. Ma l’avventura di questo sceriffo finirà contro una indagine sulla fornitura dei pannoloni.

Ma non solo Russo. Alla Funzione pubblica, infatti, Lombardo scelse Caterina Chinnici, che al ruolo di magistrato aggiungeva il “peso” di un cognome che ha segnato la storia della lotta in Sicilia contro Cosa Nostra. Sceriffi, seppur dall’indole assai diversa. Ma l’era dei “controllori” in Sicilia, dell’uomo forte estraneo alla politica lanciato nel mondo della politica, non riguarda solo gli ex magistrati. All’Energia (che significa anche acqua, discariche, termovalorizzatori) Lombardo individuò un prefetto come Giosuè Marino, mentre un altro ex magistrato come Giovanni Ilarda avrebbe dovuto imprimere una svolta alla pubblica amministrazione, giungendo a capo dell’assessorato alla presidenza col piglio del “Brunetta di Sicilia”, e lasciando la Regione dopo le polemiche legate a una consulenza a beneficio della figlia da parte del collega Antonello Antinoro. Insomma, luci e ombre nella storia recente, ma non recentissima, degli sceriffi alla Regione. La cui azione ha finito paradossalmente per scontrarsi contro la complicata fine di quella legislatura: chiusa anticipatamente a causa dell’inchiesta sul governatore accusato (e poi condannato in primo grado) per associazione esterna a Cosa nostra.

Ma come detto, gli sceriffi non per forza dovevano indossare una toga. A sposare fin dall’inizio della sua carriera politica i principi della legalità (oltre che dello sviluppo) c’era un grande sostenitore del presidente poi condannato Raffaele Lombardo, ossia l’ex presidente della commissione nazionale antimafia Beppe Lumia. Quest’ultimo – quanto è piccolo il perimetro dello storia, in fondo – finì per litigare con l’attuale presidente della commissione antimafia Rosi Bindi, allora presidente del Pd, proprio sulla necessità che il partito sostenesse Lombardo, mentre la Bindi invitava a prenderne le distanze. Lo farà dopo, Lumia, puntando sul purosangue antimafia Rosario Crocetta. E qui siamo all’apoteosi dell’era degli sceriffi. Incarnati proprio dal governatore che ha più volte rivendicato il proprio “fiuto sbirresco”. Uno sceriffo a capo della Regione, insomma, quale garanzia migliore per aprire finalmente una stagione di legalità? Tra l’altro, in quei mesi Crocetta si circondava degli “sceriffi” della Confindustria siciliana, che non avevano ancora smesso di piazzare nelle giunte assessori alle Attività produttive, compresi uomini come Alfonso Cicero a fare pulizia nelle vecchie, opache Aree di sviluppo industriale. Ma quale garanzia maggiore? Vogliamo mettere? E l’era di Crocetta è tutta un’era di giustizieri. Veri, presunti o mancati. Dal primo, cioè quel Nicolò Marino che aveva le stimmate del “procuratore antimafia”, ma che verrà infine accompagnato fuori dalla giunta proprio per aver messo in discussione la genuinità dell’antimafia di Crocetta e dopo aver polemizzato con pezzi di Confindustria. Dopo di lui, arriverà una sfilza di sceriffi diversi. Il primo, Salvatore Callari, non sapeva chi fosse Giuseppe Alessi, ma era pur sempre a capo della Fondazione Caponnetto (oltre a essere, ma questo elemento non era così importante, un animatore del Megafono in Toscana). E poi, un altro magistrato: Vania Contrafatto. Quale garanzia migliore? Chissà, se durante l’intervento di Lo Voi, fischiavano le orecchie della renziana in giunta.

E se Sonia Alfano verrà inviata a “vigilare” e a fare pulizia nel controverso mondo dei rifiuti siciliani, a capo di qualche Ato, non riuscirà ad arrivare alla Regione, invece, lo “sceriffo” Tano Grasso che nelle idee del governatore avrebbe dovuto incarnare il ruolo di “controllore degli appalti”. Ma la nomina si è incagliata, pare, su qualche problema di curriculum. Mentre altri problemi burocratici ostacolarono qualche nomina di Antonio Ingroia che comunque trovò la propria stabilità sulla poltrona del carrozzone da liquidare (e poi fatto risorgere) Sicilia e-servizi da dove avrebbe cacciato una parente del mafioso Bontate, salvo poi doverla riassumere. A capo di Riscossione Sicilia, invece, dove Crocetta lo aveva inizialmente indicato, avrebbe dovuto mettere le mani in un settore in passato (trenta, trentacinque anni prima) “contaminato” dalle infiltrazioni mafiose. Ma il Csm disse di “no”. Poi, quando già era giunta la nomina nel carrozzone dell’informatica, la scelta di inviare Ingroia a capo della Provincia di Trapani. Come commissario. In terra trapanese per dare una mano persino alla caccia al latitante Matteo Messina Denaro. Il fisco, l’informatica, gli enti locali. Perché l’era degli sceriffi alla Regione è fatta anche di sceriffi per tutte le stagioni.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI