CATANIA. Una prima possibile verità sul presunto boss Francesco Napoli, se sia davvero lui l’ultimo capo provinciale conosciuto del clan Santapaola-Ercolano – il gruppo in assoluto più potente di Cosa Nostra in tutta la zona centro-orientale della Sicilia – si conoscerà solo a fine inverno. È slittata all’8 marzo, tra anticipazioni di richieste di rito abbreviato, ipotesi di patteggiamento e mere richieste di rinvio, l’udienza preliminare dell’inchiesta Sangue blu, con 38 imputati che rispondono, a vario titolo, di mafia, pizzo, traffico di droga o accuse minori.
Il Gup Chiara Di Dio Datola deciderà quel giorno sulle richieste di rinvio a giudizio avanzate dai pm Rocco Liguori e Lina Trovato della Dda di Catania. Nell’aula bunker del carcere di Bicocca, in sostanza, si è celebrata un’udienza interlocutoria, alla presenza di alcuni imputati, su cui pende la richiesta di rinvio a giudizio, e dei loro difensori. Sarebbe proprio Napoli, secondo i pentiti, ad aver detenuto lo scettro del potere mafioso, tant’è che per lui, l’accusa principale, è proprio associazione mafiosa aggravata dall’indicazione di capo e promotore da settembre 2019 a dicembre 2021.
Il presunto boss, che è difso dagli avvocati Giuseppe Marletta e Salvo Pace, ha 46 anni. Di lui hanno parlato vari collaboratori di giustizia, come Santo La Causa, Silvio Corra e Salvatore Scavone. Quest’ultimo ha anche riferito di aver lavorato a un piano, poi fallito, per ucciderlo. Si tratta di un processo importante, perché ricostruisce gli ultimi anni delle attività mafiose, storie di estorsioni che vanno avanti da oltre trent’anni e i traffici di droga con cui Cosa Nostra si sarebbe autofinanziata.