Paolo Borsellino, il giorno di via D'Amelio

Un giorno con Paolo Borsellino

Il racconto di un amore che non finirà mai
VIA D'AMELIO
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2 min di lettura

Caro Dottore Paolo Borsellino, ogni anno, di questi tempi, ci svegliamo pensando a Lei che è morto e vorremmo vivo. E pensiamo a Emanuela Loi, Agostino Catalano, Claudio Traina, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina.

Tutti vi vorremmo in vita, sulla spiaggia a prendere il sole, a mangiare i babbaluci del Festino, davanti alla Tv, soffrendo per le guerre e per il dolore. Oppure con la gioia della famiglia e degli amici. Ma siete morti. Però, se vi pensiamo tanto e vi vogliamo bene tanto, vuol dire che un po’ siete vivi. “Se pensi a qualcuno – disse un poeta – non sei già con lui?”.

Lei è vivo, Caro Dottore Borsellino. Mica solo per immaginazione o per fede. Quante volte ci è sembrato di sfiorarla per strada, con la proverbiale sigaretta, o di ascoltare la sua voce piana e roca. E poi ci sono i miracoli.

Per esempio, giovedì sera, davanti al Palazzo di giustizia è andato in scena “I giorni di Giuda, intervista marziana a Paolo Borsellino”. Proprio la storia rappresentata di un’intervista mai avvenuta con Lei, scritta da Francesco Vitale e da suo figlio Manfredi, Dottore, con la sapiente regia di Angelo Butera. Lo spettacolo è stato promosso da Anm Palermo insieme agli ordini di avvocati, notai, commercialisti e consulenti del lavoro.

Tutti bravi, bravissimi, gli interpreti: Cesare Biondolillo, Germana Nicolosi, Marco Feo. Quest’ultimo non l’ha imitata, le ha ‘dato vita’ e ha compiuto una trasfigurazione: nel tono, nelle movenze, nelle pause, negli sbuffi di fumo. Lei sembrava veramente lì. C’entra il talento. Ma, soprattutto, l’amore di un ragazzo palermitano, dolente come tutti noi nel luglio del ’92 che l’ha custodita nel cuore, fino a cogliere un prezioso germoglio.

Intervista marziana

Certo – ecco il sogno a occhi aperti – ci pare di scorgerla che ci guarda, tira l’ennesima boccata (a proposito: in Paradiso si può fumare?) e sorride. E dice, con parole adesso immaginarie: “Perché venite da me? Alcuni di voi mi hanno lasciato solo, davanti a un citofono, in via D’Amelio. Dovreste essere tutti uniti, contro il male. Invece, siete divisi. Perché venite da me?”.

Torniamo da Lei, caro Dottore Borsellino, perché è forte il sentimento dell’affetto e della speranza, da anime semplici. Altri ritornano per legittimarsi, fare carriera, ripulirsi la coscienza. Noi siamo qui, perché le vogliamo bene. E non abbiamo mai smesso di accarezzare tutti quei volti dal luglio del ’92. Noi siamo la maggioranza assoluta, testimone di un amore inesauribile, consapevole.

Nell’amore ci sono gli abbracci che non ha potuto dare. Le papere sottratte al Dottore Giovanni Falcone. Lo sgomento davanti alla sua bara. I nipoti che non ha visto. I figli che non ha più accompagnato con una mano sulla spalla. La compagna di viaggio che non ha potuto consolare, nemmeno per prometterle: noi ci rivedremo.

Torniamo e torneremo da lei, da voi, Dottore Paolo Borsellino. In questo giorno che non finirà mai.

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