"Un tampone due mesi dopo | E per il test code di 300 metri" - Live Sicilia

“Un tampone due mesi dopo | E per il test code di 300 metri”

La lunga coda di auto per il tampone alla Casa del Sole di Palermo (Foto: Girolamo Brusca)

La testimonianza di un palermitano rientrato a casa il 26 febbraio e fino a ieri mai convocato

CORONAVIRUS
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PALERMO – “Sono qui da un’ora, sto cominciando solo adesso a intravedere il cancello della Casa del Sole”. Girolamo è in auto per fare il tampone, dopo quasi due mesi di attesa. Dietro di lui, altri automobilisti nella sua situazione formano una coda “che a occhio sarà almeno di trecento metri”. Come si evince dalle foto che lui stesso ha scattato ieri, l’impressione è che a tutti i convocati per essere sottoposti all’esame sia stato richiesto di presentarsi allo stesso orario. La storia di Brusca si aggiunge alle altre che vedono protagonisti i siciliani rientrati nell’Isola molti giorni fa ma non ancora ufficialmente ‘salvi’ dal pericolo di essere positivi al Covid-19.

La coda di auto alla Casa del Sole

La coda di auto fuori dalla Casa del Sole, foto di Girolamo Brusca (clicca per ingrandire)

“Il 26 febbraio sono tornato a Palermo da Stoccolma, con mia moglie, facendo scalo a Milano Malpensa – racconta l’uomo –. A Milano non sono mai uscito dall’aeroporto, ma ho comunque seguito la normativa regionale che allora era in vigore da pochi giorni e al rientro mi sono autodenunciato. Il via libera per registrarmi al portale ‘Sicilia Sicura’ però è arrivato dopo circa un mese, quindi ho avuto modo di aggiornare quotidianamente il mio stato di salute molto in ritardo. Faccio questo da almeno un mese. Finalmente – prosegue – sono stato chiamato per il tampone e domani (oggi per chi legge, ndr) toccherà a mia moglie. Benissimo, ma sono passati ormai quasi due mesi. Come si può pensare di lasciare la gente chiusa in casa per così tanto tempo, isolata, mentre aspetta di fare un tampone?”, si chiede Brusca.

“A chi mi ha convocato al telefono, ho fatto presente che è passato tanto anzi troppo tempo – puntualizza – e che intanto molte persone di mia conoscenza, anche medici, non hanno fatto l’esame e sembra che al momento non siano minimamente considerate. Non capisco il senso del tampone proprio a me: quando io sono rientrato in Sicilia le direttive dicevano che la quarantena sarebbe dovuta durare 14 giorni, e io dopo 14 giorni ho iniziato a fare il volontario alla Caritas e uscire per fare la spesa. Ormai se ho veramente il Covid-19 è molto più probabile aver preso il virus a Palermo e non durante il viaggio”.

Intanto la fila di auto scorre, seppur lentamente. Le domande senza risposta di Brusca sono sempre di più: “Questo non rischia di diventare un assembramento? Tanti provvedimenti per limitare il traffico, i podisti… E ora c’è una fila infinita di macchine proprio davanti alla struttura che fa i tamponi. Se dobbiamo cominciare la fase 2 ma poi sono le autorità le prime a non sapersi organizzare, siamo fritti”.

La storia di Brusca si è conclusa alle 17,10 di ieri, dopo oltre due ore tra fila in auto e procedure per il tampone. Nei prossimi giorni conoscerà l’esito, ma non è possibile fornire una data precisa. I dubbi lo hanno accompagnato fino alla fine: “C’è un’ultima cosa che voglio segnalare: in coda ho visto auto con dentro quattro o cinque persone – conclude – nonostante da due mesi ci impongano di uscire uno alla volta, pena il pagamento di oltre 500 euro. Però poi per andare a fare il tampone si può… La mia impressione, dopo questa esperienza, è che stiamo subendo senza ragionare”.


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