Ustica, sappiamo quasi tutto|Ma non conosciamo la verità - Live Sicilia

Ustica, sappiamo quasi tutto|Ma non conosciamo la verità

Il riassunto delle sentenze più importanti.
L'ANNIVERSARIO
di
4 min di lettura

Con una battuta che suonerebbe efficace, se il contesto non fosse una immane tragedia, potremmo dire che sulla strage di Ustica sappiamo tutto, o almeno molto, ma non la verità, a quarant’anni di distanza. Grande è la mole di dati che tuttavia non hanno mai risposto a due domande essenziali: chi e perché?

Nessuno è stato condannato come responsabile della strage. E, con diverse gradazioni di probabilità che corrispondono ad angolazioni diverse e a diverse sentenze, anche le spiegazioni differiscono, tra la teoria del missile che provocò la caduta del DC9, che a molti pare quella più logica, in seguito a una battaglia nei cieli, e quella della bomba piazzata nella toilette. L’agenzia Adnkronos, in occasione del quarantesimo anniversario, ha raccolto in una scheda, con un lavoro certosino, le sentenze di cui riportiamo le principali.

Le sentenze penali

Sulla strage di Ustica – scrive l’agenzia – si è svolto un processo penale conclusosi in Cassazione il 10 gennaio 2007. Un processo che aveva come scopo la ricerca della verità sul presunto depistaggio di cui erano accusati 4 generali dell’aeronautica (Lamberto Bartolucci, Franco Ferri, Zeno Tascio e Corrado Melillo), ma che inevitabilmente ha indagato anche le cause di quella strage.

Il lavoro del giudice Priore

Il giudice istruttore Rosario Priore, nell’agosto del 1999, firmò la sua “sentenza-ordinanza” di rinvio a giudizio concludendo che si trattò di “un atto di guerra” e che l’unica ipotesi “che resta in piedi, anche se non con la massima fermezza”, per spiegare la caduta del Dc9, era una “quasi-collisione” (near collision) che – hanno sostenuto le difese dei generali al processo – non ha precedenti nella storia dell’incidentistica aeronautica. Secondo Priore, un velivolo probabilmente militare si nascose vicino al Dc9, quando ad un certo punto il pilota intuì che era sotto attacco, forse di un aereo, forse di un missile, e così accelerò avvicinandosi ancora più all’aereo, fino a superarlo; sorpasso che causò la rottura dell’ala del velivolo civile e quindi una serie di eventi che ne provocò, la successiva caduta.

La sentenza della Corte d’Assise

La prima sentenza, datata 30 aprile 2004, fu emessa dalla Corte d’Assise di Roma che, a fronte delle richieste di condanna dei pm Erminio Amelio, Maria Monteleone e Vincenzo Roselli (6 anni e 9 mesi, di cui 4 anni condonati, per Bartolucci e Ferri, assoluzione per non aver commesso il fatto per Tascio e Melillo), assolse tutti gli imputati accusati di alto tradimento in relazione al depistaggio. Per un capo d’imputazione, quello attinente l’informazione alle autorità politiche della presenza di altri aerei la sera dell’incidente, il reato contestato a Ferri e Bartolucci venne dichiarato prescritto.

La sentenza di appello

Nonostante l’assoluzione e la prescrizione per un capo d’imputazione, anche i legali dei due generali presentarono ricorso in appello (lo stesso fece la procura per i soli Bartolucci e Ferri). Il 15 dicembre del 2005 ecco la sentenza d’appello, che assolse entrambi i generali con formula piena, il fatto non sussiste, anche per l’omessa comunicazione all’autorità politica.

La sentenza della Cassazione

Il 10 gennaio del 2007 a pronunciarsi definitivamente fu la prima sezione penale della Corte di Cassazione dichiarando inammissibile il ricorso della procura generale contro l’assoluzione di Bertolucci e Ferri e assolvendo i generali “perché il fatto non sussiste”. Nelle motivazioni, i giudici scrissero che la sentenza-ordinanza di Priore aveva acquisito “un’imponente massa di dati dai quali peraltro non è stato possibile ricavare elementi di prova a conforto della tesi di accusa”. La stessa Suprema Corte puntualizzò che “la sentenza d’appello, ben lungi da una valutazione perplessa, secondo quanto sostenuto dalle parti civili ricorrenti, ha ritenuto invece in modo chiaro ed esplicito che la prova dei fatti contestati sia del tutto mancata” e che l’assoluzione degli imputati era la conseguenza della “mancanza di prova” e non era dovuta “all’insufficienza o alla contraddittorietà della stessa”.

Sentenze civili e risarcimenti


I risarcimenti decretati dai giudici in sede civile ai familiari delle vittime e alla compagnia Itavia, si basano sull’ipotesi esclusa dal processo penale: ad abbattere il velivolo civile fu un missile. I ministeri della Difesa, dei Trasporti sono dunque responsabili per non aver garantito la sicurezza del volo.

Le condanne per i ministeri

Nel settembre del 2011 il Tribunale civile di Palermo presieduto da Paola Protopisani condannò i ministeri della Difesa e dei Trasporti a risarcire 81 parenti delle vittime con oltre 100 milioni di euro.

Il 28 gennaio 2013, a pronunciarsi sui risarcimenti chiesti per primi da tre familiari delle vittime (seguiti poi da quasi tutti gli altri), fu la Cassazione in sede civile con una sentenza che stabilì che ad abbattere il Dc9 fu un missile e che dunque lo Stato, responsabile per non aver garantito, attraverso il controllo dei radar civili e militari, la sicurezza dei cieli, era tenuto al pagamento dei risarcimenti.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI