"Gli diceva ti spacco il cuore"| L'usuraio e i 'metodi mafiosi' - Live Sicilia

“Gli diceva ti spacco il cuore”| L’usuraio e i ‘metodi mafiosi’

Il Palazzo di giustizia di Palermo

L'anziana madre della vittima scoppia in lacrime in aula.

PALERMO – “Non ho mai hai visto una persona così crudele, picchiava mio figlio… lo pregavo di allontanarsi… mi ha distrutto la famiglia”. L’anziana madre in aula scoppia in lacrime mentre racconta la scena che avrebbe visto con i suoi occhi.

È una brutta storia di usura e sopraffazione quella che i parenti della vittima ricostruiscono in aula. Sotto processo c’è Roberto Bruno, macellaio di Altofonte, in provincia di Palermo. È in carcere da un anno, da quando è stato denunciato dalla persona a cui avrebbe prestato alcune migliaia di euro. Il debito sarebbe poi schizzato a quota quarantamila. Tutta colpa, sostiene il pubblico ministero Gaspare Spedale, di interessi pari al 15 per cento mensile.

C’è una storia nella storia perché secondo i parenti che hanno testimoniato in aula, le difficoltà economiche della vittima sarebbero legate ad un difficile momento della sua vita, segnata dalla morte del padre e dalla coraggiosa, ma impegnativa, scelta di donare parte del suo fegato alla sorella.

Ed è proprio prima di eseguire un controllo all’Ismett, all’esterno della struttura sanitaria per i trapianti, che sarebbe avvenuta l’aggressione. A ricordarla in aula è la sorella della vittima: “Bruno è andato fino all’Ismett. Voleva i soldi degli assegni, mi ha chiamato mia madre… calci, pugni… mia madre lo supplicava di lasciarlo stare… gli ha strappato la camicia… gli ha detto ti spacco il cuore”.

La vittima, che oggi ha cambiato città e lavoro, si è costituita parte civile con l’assistenza dell’avvocato Salvatore Gambino. Nel contro esame tocca al legale della difesa, l’avvocato Gaspare Affatigato, cercare di smontare la ricostruzione dei testimoni. Dalle domande si intuisce la volontà di fare emergere che i problemi economici della vittima, di professione assicuratore, erano causati dal vizio del gioco. Un vizio che lo avrebbe spinto anche ad utilizzare i soldi dei clienti.

Al processo si parla anche di un fratello di Domenico Raccuglia, boss di Altofonte. Il giorno che andarono ad arrestare Bruno, squillò il telefono della vittima: “Salvatore Raccuglia ha chiamato mio figlio… gli dice: ‘Puoi venire a casa mia’”. Perché quell’invito a cui non fu dato seguito? Secondo l’accusa, Bruno avrebbe speso il nome di Raccuglia per convincere la vittima a pagare, dopo che alcuni assegni firmati dai parenti a garanzia del debito erano andati insoluti.


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