Lo spreco di Villa Curia |In 13 anni mai aperta - Live Sicilia

Lo spreco di Villa Curia |In 13 anni mai aperta

Costata 3 miliardi di lire nel 2003, oggi è tra i beni da dismettere. LE FOTO

patrimonio pubblico
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CATANIA – A sentirla raccontata si stenterebbe a crederla vera. Eppure, le carte riportano nero su bianco e confermano tristemente che le cose, a Catania, negli ultimi venti anni sono andate così. Soldi pubblici investiti in acquisti di immobili che, per volontà o per ignavia, sono rimasti inutilizzati in tutti questi anni e oggi, con le casse comunali vuote e i creditori alla porta, sono stati messi in vendita. Non tutti. Alcuni, come l’ex raffineria di zolfo, sono stati distrutti completamente. Tra quelli oggi inseriti nell’elenco dei beni da dismettere, oltre il Palazzo Bernini, le cui vicende sono note, il comune di Catania ha inserito Villa Curia, un prestigioso immobile ottocentesco sul corso Indipendenza, al centro di un parco di due ettari, acquistato da Palazzo degli Elefanti.

L’atto di compravendita è del 2003, anche se la volontà di acquisirlo al patrimonio comunale è della precedente amministrazione, targata Enzo Bianco, che nel 1997 vi fa apporre un vincolo architettonico, su richiesta dell’allora assessore alla Cultura, Antonio Di Grado, dal momento che lì, dove si trova la villa, avrebbe dovuto passare l’asse attrezzato. Si compra perché vi si vuole portare la sede dell’ottava municipalità. L’atto, come detto, è del dicembre 2003: l’immobile viene acquistato alla cifra di 1.659.107 euro, corrispondenti allora a 3.212.480.000 lire, per le quali l’amministrazione comunale accende un mutuo. L’edificio, cui l’anno successivo viene posto anche il vincolo archeologico per la presenza, nell’immenso parco, di una porzione dell’acquedotto benedettino, è del Comune.

Passano gli anni ma il bene non viene mai utilizzato, anzi, è ripetutamente vandalizzato, come testimoniano i verbali dei sopralluoghi effettuati nel 2006 e quello dei carabinieri relativo a scassi e danneggiamenti. Fino al dossier realizzato dalla sovrintendenza ai Beni culturali che, nel 2013, dopo aver visitato i luoghi insieme ai dirigenti comunali dell’Ecologia e della polizia municipale, e dopo aver constatato che “le qualità architettoniche dell’edificio sono state gravemente trasformate e manomesse e lo stato del manufatto e, in talune parti, definitivamente compromesso”, con il giardino “in grave stato di abbandono” e con l’edificio dove “la situazione è ancora peggiore”, ha intimato all’ente proprietario, quindi l’amministrazione comunale, di presentare entro trenta giorni, un progetto finalizzato al ripristino dell’originario stato del bene.

Azione mai posta in essere, come conferma il consigliere della quinta municipalità, Michele Neri che, proprio da allora, chiede all’amministrazione conto e ragione non solo dello stato di abbandono in cui versa il luogo pubblico, che presenta due vincoli, uno architettonico e l’altro archeologico, ma anche delle intenzioni future, dato che l’edificio è inserito tra i beni comunali da dismettere. L’esponente della circoscrizione evidenzia come, invece di presentare il progetto di recupero, la Villa sia stata data – tra autorizzazioni poco chiare e polemiche – a due associazioni che si occupano di accudire i gatti – Le Aristogatte e Gli altri – la cui presenza all’interno dei locali dell’edificio comprometterebbe ulteriormente lo stato già sufficientemente degradato del bene. Come confermano gli uffici della Sovrintendenza per cui i felini potrebbero stare, ma solo nel parco.

“Abbiamo un patrimonio di questo genere, che è costato soldi pubblici e che rappresenta un gioiello e un polmone per il quartiere, che potrebbe dare tanto al quartiere e alla città. Come si fa a metterlo in vendita, a un prezzo sicuramente inferiore di quello d’acquisto dato il degrado e la presenza di due vincoli? Sarebbe opportuno mantenerlo pubblico – continua – e come già suggerito dal consiglio di quartiere, recuperarlo attingendo alla nuova programmazione europea”.

Da un lato, il comune, come conferma l’assessore al Bilancio Giuseppe Girlando, non avrebbe proprio modo di recuperarlo, dall’altro, prima della vendita – che verrà stabilita comunque dal Consiglio comunale – occorre un parere della sovrintendenza. Neri entra nel merito anche della colonia felina, parte della quale oggi stanzia dentro una delle sale della villa vincolata. “Si potrebbero utilizzare i terreni confiscati alla mafia – sottolinea – come quello di via Tito Speri, in modo da liberare la Villa e permettere alle volontarie di continuare a svolgere l’importante opera a favore degli animali”.

 


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