PALERMO – La pena più alta, 10 anni e 10 mesi, è stata inflitta a Giuseppe Bevilacqua. Era lui il personaggio principale del processo che vedeva ventidue persone imputate a vario titolo di corruzione elettorale, malversazione, millantato credito e peculato.
L’inchiesta, che ha portato al processo denominato Agorà, coinvolse anche l’ex deputato regionale Nino Dina e l’ex parlamentare di Grande Sud Franco Mineo. Entrambi sono stati condannati a 8 mesi ciascuno di carcere contro i due chiesti dal pubblico ministero. Bevilacqua fallì per una manciata di voti l’elezione al consiglio comunale di Palermo ma, secondo l’accusa, avrebbe cercato di far fruttare il ‘tesoretto’ nella successiva campagna elettorale per le regionali.
Il metodo Bevilacqua non era molto dispendioso: “150 euro per trenta voti”, spiegava in un’intercettazione. Praticamente 5 euro a voto. Secondo il pubblico ministero Amelia Luise, l’imputato avrebbe utilizzato per la sua campagna elettorale alle comunali 2012 anche i generi alimentari del “Banco opere di carità” all’insaputa dei volontari. Regalava pacchi di pasta, oppure li vendeva a prezzi stracciati agli stessi poveri che ne avrebbero dovuto usufruire. Il parmigiano, invece, lo teneva per se’.
Bevilacqua avrebbe avuto anche i voti dei mafiosi vicini al clan di Tommaso Natale, che gli avrebbero procurato 770 preferenze nel 2007. Alle Regionali del 2012 Bevilacqua avrebbe girato il suo pacchetto di voti a Roberto Clemente (poi eletto all’Ars e già condannato separatamente a sei mesi) dietro la promessa di lasciare a Bevilacqua, primo dei non eletti, il posto in consiglio comunale. Promessa mai mantenuta.
Più concrete le offerte, secondo l’accusa, di Dina e Mineo, il primo eletto tra le file dell’Udc, l’altro invece non riuscì a ottenere il seggio a Sala d’Ercole. In un’intercettazione telefonica del 27 luglio del 2012, Bevilacqua raccontava alla sorella Teresa (condannata a 4 anni e mezzo) che Dina gli avrebbe garantito un “incarico di 15 mila euro a qualcuno della famiglia” con un diploma o una laurea. Ma Bevilacqua preferì trattare anche con Mineo. Quest’ultimo, in cambio dell’appoggio avrebbe promesso incarichi alla Regione. “Io mi aspetto da te una grande mano, e il tuo impegno per me sarà premiato con uno dei due incarichi che ti ho detto”, diceva Mineo a Bevilacqua non sapendo di essere intercettato.
Queste le pene inflitte dalla quinta sezione del Tribunale, presieduta da Donatella Puleo: Giuseppe Bevilacqua (10 anni e 10 mesi), Teresa Bevilacqua (4 anni e 6 mesi), Anna Brigida Ragusa (4 anni e 5 mesi), Pietra Romano (4 anni e 3 mesi), Giusto Chiaracane (4 anni e 2 mesi), Domenico Noto, Giuseppa Genna e Salvatore Ragusa (2 anni e mezzo ciascuno), Natale Giuseppe Gambino (un anno e 4 mesi), Giuseppe Antonio Enea (un anno), Carmelo Carramusa, Salvatore Cavallaro, Onofrio Donzelli, Antonino Dina, Vincenzo Di Trapani e Franco Mineo (8 mesi ciascuno).
Assolti Pietro Cosenza, Enzo Fantauzzo, Salvatore Machì, Ferdinando Vitale, Salvatore Zagone e Agostino Melodia (difesi dagli avvocati Nino Giallombardo, Luigi Miceli, Elisa Rezzola, Salvatore Modica, Rosa Angelone e Giuseppe Gerbino).