Le elezioni... embè? - Live Sicilia

Le elezioni… embè?

La Sicilia affonda nella sua crisi. E il prossimo presidente sarà comunque sotto ricatto. Potrà fare ben poco per salvare la rotta.

Voi chiamatele, se proprio restate contenti, elezioni. Io penso di aver capito una cosa. Il giro di valzer siciliano, che si ballerà nei seggi d’inizio autunno, è la prova generale di quella che sarà la nuova legge elettorale a livello nazionale. Voi votate tranquilli e poi pensiamo noi a fare le alleanze nelle assemblee rappresentative. Mani libere e cuore leggero. Gente a cui, evidentemente, piacere vincere facile. Pensate un po’ cosa ne sarà della Sicilia e dei siciliani nella prossima assemblea regionale siciliana. Quello che abbiamo visto in passato sarà ricordato con struggente tenerezza. All’indomani del voto, visto che nessuno dei contendenti si aggiudicherà la maggioranza, considerato lo spezzatino di candidature in campo, si aprirà il mercato e tutti, proprio tutti, nessuno escluso, cercheranno di portare a casa qualcosa. Alcuni tacciano di gossippari coloro che fanno balenare ipotesi di accordi già stabiliti sottobanco tra alcuni degli attuali contendenti. Hanno perfettamente ragione.

Ma quali gossip e gossip! La realtà, come sempre in Sicilia, è più frizzante e incredibile di qualsiasi pettegolezzo da corridoio o chiacchiera da bar. Dicono che la polverizzazione di facce e le alleanze variabili come il tempo, siano la conseguenza logica di un bipolarismo malato cronico da tempo. E siccome uno sta male, meglio prendere bene la mira, sparargli un colpo alla tempia e farla finita subito. Per risparmiare nella spesa sanitaria potrebbe essere un ottimo metodo. L’eredità che lascia il morituro, del resto, è consistente. Direi regale. Seppellito l’osso della logica bipolare, sulla quale si sta andando al voto negli Stati Uniti, ma noi siamo, inutile dirlo, più avanti anni luce, rimarrà nelle mani dei partiti, degli eletti, dei forti gruppi di pressione, tutta la polpa. Volete che non ci venga fuori una succulenta pietanza?

In questo scenario, secondo voi, che cosa possono dire i candidati alla presidenza di chiaro e definito sulle quattro cose da fare subito affinché la Sicilia non affondi? Niente di significativo e percettibile. Solo balbettii. Se le alleanze si fanno dopo le elezioni, come si fa a pronunciare parole chiare? Vi immaginate cosa significherà comporre un governo sotto il fuoco di fila dei tanti pretendenti ai vari troni della politica regionale che spunteranno come funghi da lunedì 29 ottobre? Allora forse è meglio, almeno per questo giro, evitare di prenderci in giro e non chiamarla elezione diretta del governatore della Sicilia. La legge elettorale, infatti, promuovendo la balcanizzazione del consenso politico, viene assolutamente svilita e annullata. I siciliani e le siciliane, che lo sappiano o no, ma sarebbe onesto recapitargli il messaggio, non eleggeranno un bel nulla. Solo una faccia, più o meno sorridente, più o meno affidabile, che salverà la forma della democrazia. Il resto, la sostanza, a cutra, come dicono a Berlino e dintorni, se la contenderanno quelli che contano, non molti, in Sicilia.

Si poteva fare diversamente? Certamente. Bastava che i quattro candidati più accreditati facessero, visto che dicono tutti di amare la Sicilia, che perciò sta morendo di questo troppo asfissiante trasporto affettivo, un gesto di responsabilità. Presentando due coalizioni all’elettorato siciliano e proponendo tre o quattro cose da fare per non continuare a bere l’acqua di una crisi finanziaria molto seria. E magari indicando due squadre di assessori. Non è un obbligo, quest’ultimo. Ma certamente gli elettori avrebbero apprezzato e si sarebbero potuti orientare meglio. Ma figuriamoci. Siamo a pane e acqua e voi chiedete il salmone. Ma dove vivete? In realtà stiamo tornando, a Roma come a Palermo, ma in Sicilia si anticipa sempre perché siamo i più furbi del suolo italico, all’età della pietra della democrazia rappresentativa. Tu mi dai il voto e poi non rompere che ci penso io che ne so più di te. Dal 28 ottobre sera, non pensateci più. La messa (in scena) della partecipazione sarà finita e potrete andare in pace.


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