Tutti i soldi di Lapis - Live Sicilia

Tutti i soldi di Lapis

Gli intrighi di un affare internazionale
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Un affare internazionale con mille misteri da chiarire. Si parte da una certezza: gli indagati non hanno redditi da giustificare la montagna di soldi che volevano riciclare. Sessanta milioni di dollari. Sono parte del tesoro di don Vito Ciancimino? Non c’è ancora risposta all’interrogativo principale. Questi i fatti: Il gruppo composto da Gianni Lapis, Francesco Terranova, Gianni Lizza, Salvatore Amormino e Nino Zangari ha a disposizione circa 60 milioni di dollari americani in contanti. Probabilmente custoditi in una cassetta di sicurezza di una banca di Roma.

In realtà i soldi sono di un tale Mario non ancora identificato. L’obiettivo è cambiarli in euro di pari controvalore ridotto, però, del 15-20 per cento della quotazione ufficiale. L’occasione si presenta con un gruppo che entra in contatto con loro. E’ una trappola. A condurre la trattativa sono un ausiliario di polizia giudiziaria e un finanziere della Valutaria infiltrati. Ad ottobre scorsi i due gruppi si incontrano nella Capitale. Il 19 ottobre in Piazza Mazzini ci sono Lapis, Zangari, Amormino, Lizza e gli infiltrati e l’ausiliario di p.g., unitamente all’agente sotto copertura.

Durante l’incontro il Lizza sostanzialmente conferma di avere la disponibilità, in un istituto di credito controllato da un direttore connivente, di 60 milioni di dollari e stabilisce le fasi dell’affare. Lizza pretende che la prima tranche dell’operazione avvenga con il controllo e lo scambio di un piccolo quantitativo di banconote, circa 500.000. Alla fine si accordano per due milioni di dollari. Cosa è accaduto dopo? Altro interrogativo. Non l’ultimo visto che gli investigatori hanno il sospetto che dietro tutta questa faccenda ci sia una storia di tangenti pagate a politici. Di più non trapela.

Non solo dollari, ma anche oro. A tonnellate. Il 4 ottobre Lapis informa Terranova che il problema relativo all’operazione dell’oro è risolto e lo prenderanno da Hong Hong, ma devono avere solo la conferma. Conferma che deve arrivare da tale Giancarlo. Da dove arriva loro si capisce daghe parole di Amormino a Lapis: “Il nr. 3 del gruppo Yamamoto Finanziario è venuto da noi, io ho fatto la verifica, lui ha comprato per un miliardo di euro, lui, proprietà, una miniera nelle filippine, abbiamo chiamato l’ambasciata abbiamo visto il certificato di proprietà, una miniera d’oro eh professore”. Lapis: “A me mi servono lingotti d’oro!! lingotti”. Amormino: “… allora lui ha il certificato per portarlo dalla miniera in Italia, li fa fare qui in Italia a Vicenza, e poi diventano lingotto con il marchio con la punzonatura, adesso non so come diavolo si chiama, e dopo di che fa la vendita, però abbiamo la persona diretta, il proprietario della miniera!”.

Lapis sembra inoltre avere la disponibilità di ingenti capitali, lo stesso si avvale della collaborazione di Giuseppe Peditto, un messinese che opera per conto del tributarista in Francia e Svizzera. Oltre a Peditto, con Lapis collaborano Antonio Gaudio, suo socio di studio, e Vincenzo Barresi. Tutti coinvolti nell’affare dell’oro. Il gruppo del Lapis si avvale, in qualità di mediatore, di un soggetto arabo utilizzatore di un’utenza straniera di nome Bakir, in corso d’identificazione che opererebbe in Spagna. Ce n’è abbastanza per concludere che siamo di fronte ad un intrigo internazionale tutto da chiarire.


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