Quando c'era Diego... - Live Sicilia

Quando c’era Diego…

Quando c’era Diego, si sapeva di chi era la colpa. Era colpa di Diego. Munnizza e fetenzie per le strade? Colpa di Diego. Il Palermo perdeva? Colpa di Diego. Il punteruolo rosso? Colpa di Diego. Il morbillo delle papere di Villa Niscemi? Colpa di Diego. La pertosse del criceto domestico? Colpa di Diego. Il terremoto? Colpa grave di Diego e conseguente punizione divina. Colpa di Diego? Embè, è colpa di Diego, no? Palermo faceva schifo esattamente come oggi. Almeno uno sapeva con chi prendersela ed era una consolazione, un prio, un sollievo. Se, per esempio, un piccione svolazzante con poco senso critico decideva di scambiare il paraurti della tua macchina per una toilette volatile pubblica, il danno restava con la macchia; tuttavia, potevi alzare le braccia al cielo, prorompendo: “Maledetto Diego Cammarata!”. E dopo ti sentivi un po’ meglio.

Poi sono piombati sulla scena i liberatori, i cavalieri dello Zodiaco, il settimo cavalleggeri, l’esercito della salvezza, gli amici di Bim Bum Bam. Sono arrivati coloro che rimettono i peccati e accarezzano con uno scappellotto comprensivo la nuca impenitente dei peccatori: vai, ragazzaccio e non sbagliare più. Eccoli in azione. Hanno detto subito: “Dobbiamo liberare la città impestata da un decennio di Cammarata”. E’ il ritornello usuale, tanto che ormai non esiste altro. Gli chiedi l’orario dei treni e rispondono: “Dobbiamo liberare Palermo da Cammarata”. Scusi, per la stazione? “Dobbiamo liberar…” Un refrain che spaventa perché, oltretutto, insinua qualcosa sulle virtù spiritiche dell’ex sindaco che non governa più, ma continua, evidentemente, a guastare l’aria con la scia della sua mefitica ombra.

Percossi da tanta ansia liberatrice, i liberatori hanno fatto leggermente casino. A sinistra hanno organizzato le primarie, dette appunto “della liberazione”, come una sorta di lavacro spirituale. Bisognava passare dai gazebo e baciare Maurizio Migliavacca per purificarsi dalla peste.  Era richiesto – o magnanimità –  appena l’obolo di un euro per tornare in pace con la grande costellazione orlandiana che da lassù vigila sui destini dei palermitani. Purtroppo, il lavacro è stato ribaltato, anzi catafottuto, da accuse, veleni, dossier, trasmissioni televisive, testate (metaforiche) nelle gengive con rincorse dallo Zen. E gli elettori del centrosinistra (quelli senza i baffi finti) sono usciti dai suddetti gazebo con un’espressione più disgustata che lieta e una promessa solenne: non mi fregherete un’altra volta.

Dall’altro lato del palco, lo spettacolo non ha mica deluso le aspettative. Protagonista, il candidato della discontinuità che ha finito la sua corsa tra le braccia amorevoli della continuità. I suoi ex aficionados, per ripicca, inventano crudelissimi fotomontaggi a suo scorno su internet. Lo rimproverano. Lo insultano. Gli dicono che è Cascio, ops, tascio.
I discontinui, per non restare appiedati, hanno candidato un ex assessore dell’odiatissimo Cammy. La differenza? Porta gli occhiali. Perfetto.
Almeno finchè c’era Diego si sapeva di chi era la colpa. E si sapeva con certezza. Ora no, hanno tutti ragione. Ha ragione pure Diego che da quando non è più sindaco si propone alla grande, visto che coglie l’occasione di infilzare i suoi critici con l’arma dell’ironia, secondo le ultime dichiarazioni. Sì, sì, da quando non sta più a Villa Niscemi, Diego Cammarata è un ragazzo felice. E la munnizza sorride.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI