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L’ingorgo

Una decina di candidati, più o meno ufficiali, sono già in campo per le prossime regionali. Per le quali si potrebbe profilare uno scenario frammentato analogo a quello delle amministrative palermitane. Ecco chi potrebbe giovarsene

 

Verso le regionali
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Mancano poco meno di quattro mesi al voto anticipato, sempre che a fine ottobre davvero si voti, ma la lista dei candidati alla Presidenza della Regione è già lunga. E anche se nel Palazzo in tanti ritengano che quanto visto fin qui si possa rubricare alla fase della schermaglia e che la partita vera debba ancora iniziare, il rischio di una campagna elettorale “balcanizzata” analoga a quella delle amministrative palermitane esiste eccome.

A sinistra hanno già annunciato di essere della partita Claudio Fava, dirigente di Sel, e Rosario Crocetta, che rischia di interpretare il ruolo di guastafeste, rovinando i piani del Pd di un’alleanza con l’Udc di Gianpiero D’Alia. Con Crocetta si è schierato il dirigente democratico più vicino al governo Lombardo, Beppe Lumia. E anche il capogruppo dei lombardiani all’Ars Nicola D’Agostino ha detto di guardare con interesse alla corsa dell’ex sindaco di Gela. Eppure, proprio dalle parti dell’Mpa, Raffaele Lombardo ha investito come papabile per Palazzo d’Orleans l’assessore Massimo Russo. Ipotesi che, a quanto pare, non finisce di convincere pezzi importanti del Nuovo Polo. A partire dai finiani, che hanno lanciato invece la candidatura di Fabio Granata. E siamo così a quattro nomi già in corsa. Ai quali si aggiungono outsider come Gaspare Sturzo, pronipote di don Luigi, pioniere del popolarismo europeo. E c’è ancora la variegata galassia del centrodestra. Dove spicca la candidatura di Gianfranco Miccichè, annunciata con anni di anticipo. E poi quella di Innocenzo Leontini, capogruppo e ribelle del Pdl, che rivendica le primarie, come l’altro papabile Giuseppe Castiglione. Ma l’elenco di aspiranti pidiellini è ancora lungo e conta Francesco Cascio (disponibile, se glielo chiedono, come si usa dire), magari Enrico La Loggia e domani chissà. Se Raffaele Stancanelli ha escluso di voler correre, un altro esponente storico della destra siciliana, Nello Musumeci, è stato lanciato nella corsa da Adolfo Urso. Pure Cateno De Luca ha detto di voler candidarsi. E a completare l’elenco c’è Gianpiero D’Alia, leader dei casiniani di Sicilia, che ci tiene a far sapere di non essere candidato, ma che sarebbe il papabile numero uno se si concretizzasse l’intesa tra Pd (ah, tra i democratici c’è anche la candidatura annunciata di Mirello Crisafulli) e Udc. In mezzo a tanta folla, poi, bisognerà capire su chi punteranno i grillini del 5 Stelle e se anche il neonato movimento di Zamparini vorrà esprimere il proprio candidato.

Un quadro confuso, un vero e proprio ingorgo, che però potrebbe semplificarsi e parecchio man mano che ci si avvicina al voto. E che potrebbe invogliare qualcuno, memore del clamoroso risultato palermitano, a tirar fuori dal cilindro una candidatura autorevole ma fuori dagli schemi per sparigliare. L’identikit porterebbe a Piero Grasso, tirato per la giacca da più parti, ma a quanto pare, restio a scendere in campo. Così come Ivan Lo Bello, corteggiatissimo ma vincolato dal divieto di candidatura fatto inserire da lui stesso nello statuto confindustriale.

Uno dei passaggi cruciali si avrà nei prossimi giorni, quando si dovrebbe definire con maggiore chiarezza il perimetro della coalizione di centrosinistra. Se Italia dei valori e Sel sdoganeranno il patto con l’Udc voluto dal Pd, nascerà una grande coalizione che porbabilmente spingerà i partiti a destra di Casini a coalizzarsi. Viceversa, una rottura tra Idv e gli alleati, spingerebbe ulteriormente nella direzione della balcanizzazione.

Quel che è certo, è che un’eventuale frammentazione con tre o più candidati in grado di raggiungere (o sfiorare) la doppia cifra, in un sistema elettorale a turno unico come quello in vigore per le Regionali, potrebbe portare a risultati clamorosi, abbassando di molto la percentuale necessaria per vincere. Ecco perché in un contesto di questo tipo, i partiti o le coalizioni che sapranno fare quadrato e restare compatti avranno una marcia in più. E se a sinistra le bizze degli alleati e la candidatura di Crocetta agitano le acque nei piani del Pd, a destra si è ben lontani dalla scelta di un unico nome, con mezzo Pdl orientato a ricorrere alle primarie e un altro mezzo che non fa mistero di non volerne sapere. Raffaele Lombardo, abile come nessuno a beneficiare delle spaccature in casa d’altri, ha capito bene, forse meglio d’altri, le potenzialità di uno scenario frammentato. E lavora con pervicacia per rafforzare il Nuovo polo, distribuendo con cencelliana precisione incarichi tra tutti gli alleati, senza trascurare i minori. Se riuscirà a mantenerlo unito da qui a ottobre – evitando che le sirene romane attraggano i finiani verso l’asse Pd-Udc, ipotesi tutt’altro che improbabile -, potrà contare su un tesoretto di voti che nel frammentato mercato della campagna elettorale assumerà un valore ancora più elevato e decisivo, da spendere, senza fretta, al momento opportuno.


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