"Contrasti con i vertici del clan Brancaccio"| Una pista per l'omicidio Nangano - Live Sicilia

“Contrasti con i vertici del clan Brancaccio”| Una pista per l’omicidio Nangano

Dopo l'uccisione in pieno stile mafioso di Francesco Nangano, membro vicino in passato al clan di Brancaccio, sono molti gli interrogativi che si sollevano. Secondo il procuratore aggiunto Leonardo Agueci, raggiunto da Livesicilia, quello di via Messina Marine ha le sembianze di "un episodio da inquadrare nella ricerca di nuovi equilibri".

PALERMO – Ad analizzarlo ora ci sono pochi dubbi. Era stato un segnale. Un avviso in tipico stile mafioso. Il primo ad averlo capito deve essere stato proprio Francesco Nangano. L’anno scorso gli avevano bruciato l’autosalone di via Messina Marine, poco distante dal luogo in cui ieri sera lo hanno ucciso a colpi di pistola. Nangano si era guardato bene dal denunciare l’attentato. Aveva deciso di risolvere da solo la faccenda.

Restavano, però, alcune auto danneggiate e un chiaro segnale. Gli investigatori non escludono che a firmarlo potrebbe essere stato qualcuno dal carcere. I sospetti si concentrano, in particolare, su Nino Sacco, finito in cella nel settembre 2011. Sacco, secondo gli investigatori della sezione Criminalità organizzata della Squadra mobile, faceva parte del triunvirato che comandava e, forse, comanda ancora nel feudo dei Graviano. Con lui, in passato Nangano potrebbe avere avuto degli screzi.

Antonino Sacco, Giuseppe Faraone e Cesare Lupo: un terzetto di boss alle dipendenze del presunto capomafia, Giuseppe Arduino. Un insospettabile capomafia, impiegato da una vita come fattorino in un albergo e indicato come l’uomo incaricato di gestire il patrimonio dei fratelli Graviano.

Il triunvirato di Brancaccio e’ stato fotografato nel più importante summit di mafia degli ultimi anni. C’erano anche Lupo, Sacco e Faraone, infatti, a Villa Pensabene, il maneggio dello Zen dove nel febbraio 2011 si diedero appuntamento i mafiosi di mezza città convocati da Giulio Caporrimo, uomo forte a Tommaso Natale e San Lorenzo. E c’era pure Giuseppe Calascibetta. Che si presentò all’appuntamento a braccetto con Cosimo Michele Sciarabba rimasto per alcuni mesi mister x e poi arrestato. A Villa Pensabene si sono ridiscussi gli equilibri della mafia palermitana. Forse in quel contesto e’ maturato l’omicidio di Peppuccio Calascibetta, assassinato pochi mesi dopo, e perché no – ipotesi in ballo – anche quello di Nangano.

A Brancaccio come in altri mandamenti della città la mafia attraversa una stagione di riequilibrio. Che neppure gli arresti del 2011 avrebbero fermato. E così a Nangano sarebbe stato fatto pagare un conto aperto chissà quando. Quale sia l’episodio che abbia fatto scatenare la furia omicida è ancora tutto da chiarire. O forse, più semplicemente, l’uomo crivellato di colpi ieri sera all’uscita da una macelleria avrebbe cercato di prendere il posto di qualcuno che conta. Un tentativo di scalzare il vertice del clan che non poteva essere tollerato. Nangano è stato ucciso in via Messina Marine, a pochi passi dal luogo dove si trova il suo autosalone. Chi ha inviato i due killer a bordo di una motocicletta ha voluto lanciare un messaggio chiaro: c’è qualcuno che comanda a Brancaccio e non ha alcuna intenzione di cedere lo scettro. I colpi sparati contro la vittima, che si trovava al volante della sua Hyundai, sono stati un segnale di forza rivolto a chi, come Nangano, sarebbe considerato una testa calda.

Adesso si guarda al presente della vittima e al suo passato. Scagionato dalle accuse di mafia e omicidio, uscito indenne da diversi processi, e addirittura risarcito per ingiusta detenzione con 270 mila euro, Nangano si era lasciato alle spalle l’accusa di essere un uomo del clan di Brancaccio. Un clan dove, invece, sarebbe tornato ad operare e dove è stata decisa la sua condanna a morte.

Ce n’è abbastanza per aprire interrogativi inquietanti. Siamo di fronte ad una nuova guerra di mafia, alla prosecuzione di quella inaugurata con l’omicidio di Giuseppe Calascibetta? È presto per dirlo. Il procuratore aggiunto Leonardo Agueci, che coordina le indagini antimafia anche nel territorio dove è avvenuto il delitto, a Livesicilia dichiara che si tratta di “un episodio da inquadrare nella ricerca da parte dei clan di ridisegnare i nuovi equilibri. A Brancaccio, come in altre zone della città, è in corso un tentativo di ricompattare le cosche. E non mancano i segnali di contrasti. Certo non si poteva immaginare che si arrivasse a tanto, ma la situazione non va sottovalutata. Il timore che potesse sfociare in violenza era ed è reale. La mafia, segnata dagli arresti, si sta riorganizzando facendo leva su vecchi e nuovi boss. Probabilmente, anche se le indagini sono davvero nella fase iniziale, Nangano in qualche modo avrebbe pagato con la vita il suo tentativo di riposizionarsi”.


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