Trasformisti, magistrati e veleni| Il lato oscuro della politica - Live Sicilia

Trasformisti, magistrati e veleni| Il lato oscuro della politica

Nelle intercettazioni di Arnone si fa riferimento anche alla campagna contro il magistrato catanese Gennaro, che indagò su Lombardo. E alle interferenze romane sulle questioni locali. E ancora, all'arruolamento di fuoriusciti da altri partiti. Uno spaccato significativo del dietro le quinte di una certa politica siciliana

Le intercettazioni di Arnone
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PALERMO – “Questa minchia di lista Crocetta o gli dai un profilo che dici abbiamo candidato personalità, l’avvocato Arnone leader ambientalista, o dici che hai preso il rituffo del centrodestra e l’hai messo lì? E la differenza tra te e Lombardo quale minchia è?”. Parlava così Giuseppe Arnone il 22 settembre 2012, conversando al telefono con un collega a proposito delle difficoltà che incontrava la sua candidatura a trovare posto nella lista del futuro presidente della Regione. E anticipava, in effetti, un tema politico che sarebbe diventato da lì a poco centrale, alcune settimane dopo il voto, con l’ulteriore transumanza di esponenti del centrodestra verso i lidi crocettiani.

C’è uno spaccato significativo di politica siciliana nell’inchiesta dei magistrati della procura di Agrigento che indagano il politico agrigentino Beppe Arnone per tentata estorsione. Tentativo di reato consumato, secondo l’ipotesi dei pm, ai danni di Beppe Lumia e Rosario Crocetta sui quali Arnone avrebbe esercitato indebite pressioni per ottenere una candidatura alle regionali. Accuse “amene” secondo Arnone, battagliero avvocato e ambientalista da anni in prima linea nella politica agrigentina, che ha presentato un esposto al procuratore generale di Palermo contro l’operato dei pubblici ministeri agrigentini”.

Arnone, intercettato per un’altra indagine su un presunto caso di corruzione in atti giudiziari, parlava al telefono con diversi esponenti politici a proposito degli ostacoli alla sua candidatura nella lista del Megafono di Rosario Crocetta. E parlando con Beppe Lumia si diceva pronto a un attacco frontale tappezzando Agrigento di manifesti che accusavano il futuro presidente della Regione e lo stesso Lumia di voler boicottare la sua corsa per non scontentare i notabili Mirello Crisafulli e Angelo Capodicasa bersaglio delle sue battaglie. “Caro Saro io la mia faccia la ritiro ma che rivoluzione è? Crisafulli e Capodicasa che mettono i veti contro Arnone?”, sintetizzava Arnone parlando con un’altra persona. Arnone, nelle sue conversazioni intercettate, insisteva nel criticare l’arruolamento nella lista del Megafono ad Agrigento di personaggi politici provenienti dal centrodestra. “Un fuoriuscito vario”, diceva un suo collaboratore parlando di uno dei candidati con più chance di elezione, proveniente dall’Mpa.

Il tema del trasformismo politico, che ha accompagnato i primi mesi di legislatura dell’Ars per via dei ripetuti cambi di casacca e dell’arruolamento di fuoriusciti del centrodestra nella sfera crocettiana, ha insomma radici che affondano già in campagna elettorale e nella formazione delle liste. Così come la crisi del Partito democratico e le difficoltà nei rapporti tra il territorio e la segreteria romana. Emblematico uno scambio di sms tra Arnone e Davide Zoggia, responsabile enti locali della segreteria nazionale del Pd guidata all’epoca da Pierluigi Bersani. Quando l’ipotesi della candidatura sembrava tramontare, Arnone investiva Zoggia della questione, suggerendogli di interessare lo stesso Bersani (a cui ha scritto una lettera). Arnone sosteneva che la sua esclusione dalla lista, che lui attribuiva ai veti di Crisafulli e Capodicasa, avrebbe danneggiato l’immagine del centrosinistra vista la sua storia antimafia. E quando Zoggia allargava le braccia alle sue richieste, rispondendo di aver “deciso secondo coscienza”, Arnone lo raccontava ai suoi interlocutori, tra i quali l’allora deputato regionale Pino Apprendi, in questi termini: “La Lista Crocetta la fa Davide Zoggia… che smentisce la decisione di Crocetta e lo ridicolizza”. Arnone a quel punto tentava un’ultima mossa, scrivendo direttamente a Bersani: “Se invece di scrivere questa lettera riservata, facessi scoppiare il caso chiamando Gian Antonio Stella o Marco Travaglio… mi candiderei a essere il re dell’antimafia”, dice tra l’altro nella missiva.

A proposito di antimafia, le conversazioni intercettate nell’inchiesta agrigentina, al di là degli aspetti penali offrono uno spaccato imbarazzante di una certa antimafia politica, nella quale manifesti e pubbliche denunce si utilizzano a mo’ di clava in una gara a sfoggiare il pedigree antimafia più pesante. Così come qualche ombra si allunga sui rapporti tra l’antimafia politica e quella togata, ossia tra politici e magistrati. In particolare, Arnone fa riferimento agli strali lanciati contro il magistrato catanese Giuseppe Gennaro. Che fu bersaglio proprio di un attacco pubblico di Arnone che giudicava  “inopportuna” la sua candidatura all’incarico di procuratore capo di Catania. Che Gennaro, il pm che inguaiò Raffaele Lombardo proprio mentre il Pd si era alleato con l’ex governatore, non avesse fatto giovato ai democratici non è un segreto. Ma Arnone in una conversazione, lascerebbe intendere che la sua sia stata una campagna contro il magistrato in qualche modo pilotata dai suoi referenti nelle alte sfere del Pd. “Se tu a me mi hai utilizzato per incu… Gennaro. Sei stato con me per rompere…”. Arnone dal canto suo non ha mai fatto mistero di credere che Gennaro e il procuratore aggiunto di Agrigento Ignazio Fonzo siano stati gli artefici della fuga di notizie sull’inchiesta ai danni dell’ex governatore Lombardo.


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