Le case dei poliziotti contese| "Siamo assegnatari, non abusivi" - Live Sicilia

Le case dei poliziotti contese| “Siamo assegnatari, non abusivi”

"Siamo rientrati regolarmente nella prima graduatoria, è stato l'elenco stilato successivamente a creare il caos. Ci hanno dato i documenti e le chiavi". A parlare è un gruppo di agenti della polizia che vive negli alloggi di via MT 37 e 39, gli stessi contro i quali hanno puntato il dito altri sei poliziotti, rivendicandone il diritto di assegnazione.

PALERMO – “Noi avremmo fatto armi e bagagli per occupare abusivamente quelle case? No, le abitiamo legittimamente e ci sono state regolarmente assegnate”. Esordiscono così i poliziotti che vivono nei palazzi di via MT 37 e 39, nella zona della Riserva Reale, dove si trovano le abitazioni riservate alla polizia di Stato nell’ambito di un concorso indetto nel 1995 dalla Prefettura. La scorsa settimana, tramite LiveSicilia, era stato un gruppo di sei agenti a rivendicare “il diritto di vivere in quelle case perché rientrati in graduatoria”. Si tratta di un secondo elenco, dopo il quale la situazione è stata travolta dal caos.

Da un lato, infatti, ci sono i sei poliziotti che chiedono al Comune di far diventare esecutiva la sentenza del Tar che ha dato loro ragione, dall’altro, coloro che abitano negli appartamenti ormai da diciotto anni. “E ne abbiamo tutto i diritto”, precisano. “Sì, perché ci troviamo in questa situazione nostro malgrado. Non abbiamo fatto niente che non sia in regola, anzi, è stato il ricorso che ha portato alla realizzazione di una seconda graduatoria e a bloccare tutto. Un ulteriore elenco che è stato stilato dalla Prefettura – spiegano – su disposizione del Tar, al quale i colleghi esclusi si erano rivolti contestando i parametri di assegnazione del punteggio in base ai vani, previsti dal bando.

Quando la nuova graduatoria è stata redatta, nel 2003, noi abitavamo negli appartamenti già da otto anni e mai nessuno, nel frattempo, ci aveva comunicato nulla. Non abbiamo mai ricevuto alcuna ingiunzione di sfratto, né lettere che ci abbiano intimato di lasciare gli alloggi. Siamo in possesso del verbale di assegnazione da parte della Prefettura – continuano i poliziotti mostrando i documenti -, contrariamente a quanto affermano i colleghi che ci hanno puntato il dito contro. Quando ci è stato consegnato siamo stati contattati qualche gioro dopo dall’Istituto Autonomo Case Popolari, l’ente che all’epoca gestiva il complesso abitativo, che previa sottoscrizione del contratto di custodia dell’alloggia prescelto, ha provveduto a consegnarci le chiavi.

Si trattava di “custodia” perché si attendevano, giustamente, i contratti di locazione, che alla fine non ci sono mai stati consegnati perché il primo ricorso, la seconda graduatoria e l’attuale successione di vicende complesse, hanno condotto ad una situazione di stasi. Noi paghiamo ancora un affitto di 208 euro, come se avessimo regolare contratto, ma in realtà è tutto fermo, non abbiamo mai potuto comprare le abitazioni, come invece hanno fatto i carabinieri e i finanzieri. Al punto che nel luglio del 2011 è stata una legge regionale a tentare di superare le difficoltà – continuano gli agenti – sanando di fatto la nostra condizione. Ciò nonostante, il Tar, l’anno scorso, in seguito al ricorso dei colleghi, ha imposto al Comune (diventato nel 2006 proprietario degli immobili) di assegnare a loro gli alloggi. In  caso di inottemperanza da parte dell’Amministrazione, sarebbe stato nominato un commissario ad acta e così il Comune ha ritirato le determine di assegnazione che ci aveva precedentemente consegnato, in linea con la legge regionale.

Anche noi abbiamo presentato due ricorsi – precisano -. Uno al Tar, che è stato rigettato, l’altro al CGA. Il Consiglio della Giustizia Amministrativa l’ha accolto e lo scorso marzo ha concesso la sospensiva, rimanando ogni provvedimento da parte del Comune all’11 dicembre di quest’anno. Fino a quel momento, non ci sarà nient’altro da fare”.

Insomma, trovare il bandolo della matassa, sia da un lato, che dall’altro, sembra essere un’utopia: “Noi non abbiamo nulla contro i nostri colleghi, ma di certo non possono dire che siamo “abusivi” – afferma il gruppo di poliziotti -. La realtà è che entrambi le parti, in questo caso, sono vittime di un meccanismo che ha fatto acqua da tutte le parti. Noi siamo d’accordo sul fatto che loro debbano avere delle case, perché la seconda graduatoria ha riconosciuto i loro requisiti, anche se diversi da quelli richiesti dal concorso a cui originariamente abbiamo partecipato noi. Per questo il Comune dovrebbe trovare altri alloggi per loro. Solo così la questione potrà arrivare ad un punto. Di certo noi non possiamo andare via dalle nostre case, dove abitiamo ormai da anni e in cui sono nati e cresciuti i nostri figli”.


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