L'omicidio di Nicola Ingarao | Definitivi cinque ergastoli - Live Sicilia

L’omicidio di Nicola Ingarao | Definitivi cinque ergastoli

La Cassazione chiude il caso. Furono i boss di San Lorenzo, Salvatore e Sandro Lo Piccolo, a volere la morte del reggente del mandamento di Porta Nuova, assassinato nel 2007.

PALERMO – Gli ergastoli diventano definitivi. Furono Salvatore e Sandro Lo Piccolo a volere la morte di Nicola Ingarao. Carcere a vita per i boss di San Lorenzo, ma anche per Andrea Adamo, Francesco Paolo Di Piazza e Vito Mario Palazzolo. Vollero, organizzarono ed eseguirono l’omicidio del reggente del mandamento di Porta Nuova, “colpevole” di avere contrastato la scalata dei Lo Piccolo al vertice della Cosa nostra palermitana.

Ingarao fu assassinato in via Pietro Geremia, una stradina del rione Noce, il 13 giugno del 2007.Un commando di killer lo attese all’uscita dal commissariato dove, come ogni giorno, era andato a firmare il registro della polizia. Scarcerato mesi prima aveva preso in mano lo scettro del comando entrando in conflitto con i boss di San Lorenzo. Per il delitto sono stati processati e condannati separatamente anche i pentiti Gaspare Pulizzi e Andrea Bonaccorso che raccontarono movente e dinamiche dell’omicidio. Pulizzi e Bonaccorso affiancarono Ingarao in moto e fecero fuoco. La vittima tentò la fuga, ma gli spararono il colpo di grazia alla nuca. Doveva essere e fu un’eclatante lezione per Nino Rotolo, boss di Pagliarelli, di cui Ingarao era fedele alleato.

“Dovevamo intervenire in macchina e poi sparare con i fucili a pompa o dei kalashnikov – raccontò Bonaccorso ai magistrati -. Doveva essere una lezione in grande stile. Poi, considerata anche la zona, i Lo Piccolo preferirono le moto e le pistole”. Bonaccorso riferì anche dei “festeggiamenti” dopo l’omicidio. “Ci siamo visti a casa di Di Piazza dove abbiamo posato le armi – disse -. Eravamo tutti molto contenti. C’erano anche Sandro Lo Piccolo, Vito Palazzolo, Andrea Adamo. Ci siamo abbracciati e complimentati a vicenda perché era andato tutto bene. In particolare Adamo era felice di come mi ero comportato, perché avevo avuto sangue freddo. Per me era la prima volta”.

Ingarao iniziò a morire due mesi prima che lo crivellassero di colpi, quando nel box di lamiera piazzato davanti alla villa di Rotolo, all’Uditore, discutendo con il capomafia e Gianni Nicchi, manifestò la sua collera contro Totuccio Lo Piccolo. Il barone di San Lorenzo, a suo dire, si era “allargato”, E Ingarao pretendeva rispetto, specie quando si parlava di lavori e appalti pubblici all’interno del porto di Palermo.“E invece sai che fa Totuccio?”, protestava Ingarao, “mi manda 2000 euro e un bigliettino dicendo: ‘riguardo il discorso del lavoro del porto che te ne ha parlato Cosimo, questi sono… va bene? Man mano che me li danno, glieli vado girando’.

Ingarao commise l’errore di sottovalutare l’avanzata, ormai inarrestabile, dei Lo Piccolo che si erano pure messi in testa di fare rientrare in Sicilia dall’America gli scappati della guerra di mafia, gli Inzerillo. Rotolo si oppose e divenne il grande nemico dei Lo Piccolo. Nel giugno 2006, però, finì in manette. Il blitz Gotha azzerò la mafia di Palermo. Finirono tutti in carcere. Tutti tranne i Lo Piccolo, i quali scoprirono che Rotolo aveva dato mandato di ammazzarli. La reazione dei Lo Piccolo fu immediata. Dovevano morire Nicchi e Ingarao. Il giovane boss scappò a Milano. Ingarao morì alla Noce. E fu segnale inequivocabile per tutte le altre famiglie mafiose della città.


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