L'incubo terrorismo a Palermo | Fermata donna, contatti con la Jihad - Live Sicilia

L’incubo terrorismo a Palermo | Fermata donna, contatti con la Jihad

L'arrivo in questura di Khadgia Shabbi

Si tratta di Khadgia Shabbi, ricercatrice universitaria libica a cui è stato imposto l'obbligo di dimora. Viveva a Palermo grazie ad una borsa di studio. La donna (nella foto al suo arrivo in questura) inneggiava alla guerra santa, aveva rapporti con alcuni foreign fighters e con gruppi che hanno organizzato attentati nel paese nordafricano. Nei video l'odio verso l'occidente (Guarda). Il procuratore Lo Voi: "L'obbligo di dimora è una misura inadeguata, la impugneremo".

lotta al terrore
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PALERMO – Libica, 45enne, ricercatrice in Economia all’Università di Palermo, dove vive da anni in virtù di uno scambio interculturale con una borsa di studio pagata dal governo del paese africano. Ecco il profilo di Khadgia Shabbi che porta in casa nostra l’incubo della Jihad e di Al Qaeda.

La donna è stata fermata dai poliziotti della Digos su richiesta del procuratore aggiunto Leonardo Agueci e dei sostituti Calogero Ferrara ed Emanuele Ravaglioli. Il giudice per le indagini preliminari Fernando Sestito non ha convalidato il fermo e ha rigettato la richiesta di custodia cautelare in carcere. La donna ha solo l’obbligo di dimora in città. L’indagata abitava in un appartamento non lontano dal Palazzo di giustizia che era diventato la base operativa per la sua propaganda anticristiana. I video da lei preparati e lanciati in rete (guarda) avrebbero inneggiato alla guerra santa. Voleva convincere quante più persone possibile a entrare nell’esercito del terrore. Le immagini sono quelle a cui, purtroppo, l’Occidente si è dovuto abituare in questi anni.

Fin qui l’aspetto legato alla propaganda, ma ce n’è un altro ancora più inquietante. E cioè quello dei contatti fra la donna e due foreign fighters – gli stranieri che si uniscono allo Stato Islamico o alle altre milizie jihadiste attive tra Siria e Iraq – localizzati in Belgio e Gran Bretegna. Addirittura risulterebbero i suoi rapporti con alcuni terroristi dell’organizzazione “Ansar Al Sharia Lubia” colpevole di attentati messi a segno in Libia. Uno di loro, nipote della donna e ricercato dal governo del paese africano, è stato ucciso nel corso di un bombardamento su Bengasi. Era in procinto di mettersi in viaggio verso l’Italia. Il nostro paese rappresentava la sua destinazione finale, voleva solo scappare alle autorità libiche, l’Italia era solo una terra di passaggio verso altri stati europei?

Non sono gli unici interrogativi. Resta da capire, infatti, perché la donna abbia scelto di vivere a Palermo. Se la sua sia una presenza isolata in città o se esista una rete più ampia. Così come bisogna verificare a che titolo ricevesse un assegno mensile di circa duemila euro per pagarsi la permanenza in Sicilia e studiare all’Università.

*Aggiornamento ore 11.50
“La misura è del tutto inadeguata alle esigenze cautelari e all’intensissima rete di rapporti intrattenuti dall’indagata, oltre che contraddittoria e contraria alla più recente giurisprudenza. Pertanto la impugneremo”. Così il procuratore di Palermo, Francesco Lo Voi, ha commentato la decisione del gip di imporre alla ricercatrice universitaria libica, fermata con l’accusa di istigazione a commettere reati di terrorismo, l’obbligo di dimora e non la custodia cautelare in carcere come chiesto dalla Procura. Peraltro nel provvedimento del gip non si impone alcun divieto di comunicazione all’indagata, accusata, tra l’altro, di fare propaganda per Al Qaeda tramite i social.


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