Provini ai burocrati e cerchi magici| La Regione al tempo di Montante - Live Sicilia

Provini ai burocrati e cerchi magici| La Regione al tempo di Montante

Nella relazione dell'Antimafia il ruolo di Lumia e Crocetta e l'assessorato alle Attività produttive

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Un cerchio magico di potere che avrebbe svolto un ruolo di supplenza nei confronti della politica. È questo, in estrema sintesi, il racconto contenuto nelle carte della relazione conclusiva della commissione Antimafia sul così detto “sistema Montante”. Un’indagine che correttamente non si sofferma sugli aspetti penali della vicenda, da vagliare in altra sede, ma sul contesto politico della stessa. Tra i vari spunti offerti dalla relazione finale presentata ieri dal presidente dell’Antimafia Claudio Fava, il cuore della vicenda analizzata dai commissari dell’Ars sembra proprio risiedere nella delega da parte della politica ad altri centri decisionali in merito a scelte legate alla gestione della Regione. La relazione parla al riguardo di “una sorta di costituzione materiale della Regione Siciliana capace di resistere per una lunghissima stagione e di interferire sull’indirizzo politico, amministrativo e di spesa delle istituzioni regionali determinando coalizioni e assetti di governo”. Le dinamiche emerse dalle audizioni, infatti, sembrano andare oltre il più o meno fisiologico rapporto di lobby. Al riguardo la relazione parla di “forzature delle procedure, sistematica violazione delle prassi istituzionali, asservimento della funzione pubblica al privilegio privato”.

A lungo ci si sofferma sull’assessorato alle Attività produttive, epicentro del potere confindustriale negli anni di Lombardo prima e di Crocetta poi. I commissari hanno sentito i dirigenti che si sono susseguiti in quegli anni. “Nel corso delle audizioni – si legge nella relazione – sono emerse molte circostanze singolari e in alcuni casi – avuto riguardo alla cornice istituzionale in cui esse maturano – certamente imbarazzanti. Ci riferiamo alle modalità con le quali si è arrivati ad alcune nomine; al ricorso a “clausole di gradimento”; a contratti preliminari e spregiudicati quid pro quo (il posto in cambio di alcune teste, come accade ad esempio ai danni del dirigente Salvatore Lanzetta); o, ancora, alla tenace attività di ostruzionismo che taluni dei direttori generali subirono”.

Sullo sfondo la nascita dell’Irsap e la conseguente gestione liquidatoria delle Asi, ma anche gli affari che ruotavano attorno all’Ast. In questo secondo ambito si sarebbe consumata l’agghiacciante vicenda di Giulio Cusumano. La storia del burocrate era già emersa nelle carte dell’inchiesta. È stato lui stesso a raccontarne i dettagli ai commissari, riferendo di essere stato convocato dall’allora governatore Raffaele Lombardo che gli avrebbe parlato di un dossier sulla sua vita sessuale e su certe sue parentele che sarebbe finito nelle mani di un settimanale. Lombardo però ai commissari nega di aver parlato della sfera sessuale del burocrate in quella circostanza ma solo di alcune presunte “parentele imbarazzanti”. E altri burocrati hanno raccontato di avere sperimentato la “lettera scarlatta” del “mascariamento” antimafioso.

Le audizioni raccontano anche, in alcuni casi, di una sorta di “provino”. Marco Romano ha riferito: “Incontrai, sempre a casa del dottor Montante, il dottor Venturi che, per la prima volta, conosceva questo candidato Dirigente generale. Fu una chiacchierata abbastanza serena; l’unica cosa che mi lasciò un po’ l’amaro in bocca fu il fatto che, ad un tratto, mi fu chiesto di stilare un elenco di impegni che andavo a sottoscrivere”. Un passaggio irrituale per insediarsi ai vertici della burocrazia da passare per ottenere il placet dei vertici confindustriali, benedetti all’epoca da tutte le istituzioni repubblicane. Riferisce l’allora prefetto di Caltanissetta Carmine Valente ai commissari che gli domandano di pranzi e cene con Montante: “Stiamo parlando di un personaggio che in quel momento, a meno che uno non deve immaginare che c’è una doppia personalità, è effettivamente il paladino dell’antimafia. (…) Che poi c’è stato anche un rapporto quando si andava in questi pranzi. Qualche volta sono stato anche da solo ma c’è stato Lari con me, c’è stato il presidente della Corte d’Appello Cardinale, c’è stata la Sava e quando è arrivato una volta a Caltanissetta, in visita, il vicepresidente del Csm, a casa sua (del Montante, ndr) c’è stata una cena con tutti i vertici della Magistratura siciliana, erano quindici persone tra cui c’ero io”.

Il convitato di pietra resta la politica. Grande assente? Non proprio, in alcune letture della vicenda. Come quella offerta ai commissari da Nello Musumeci. “Il ‘sistema Lumia’, non il ‘sistema Montante’ – dice il governatore -. Se volete, posso far finta di essere d’accordo con il sistema Montante ma secondo me il regista non era Montante. Montante era funzionale al sistema di potere ma non era lui il regista”. Sul ruolo centrale di Beppe Lumia nella stagione di Rosario Crocetta ci si sofferma a lungo nella relazione. Dando anche conto delle dichiarazioni rese ai commissari dall’ex senatore, che non si è sottratto all’audizione come invece ha fatto Crocetta. Dice Musumeci: “Questo è il “cerchio magico” che opera al di fuori da questo Palazzo e che, da un decennio, decide le maggioranze di Governo, i componenti della Giunta regionale, persino la durata in carica di un assessore mentre mantiene una complessa rete di relazioni interpersonali con esponenti di rilievo del mondo imprenditoriale e non solo del mondo imprenditoriale. In buona sostanza Crocetta aveva il ruolo di esecutore, il mandante era Lumia e del “cerchio magico” faceva certamente parte il presidente di Riscossione Sicilia, l’avvocato Antonio Fiumefreddo, ne faceva parte il dottore Montante, ne faceva parte la dottoressa Monterosso, per quanto riguarda i rapporti interni con la burocrazia”. E ancora Gaetano Armao: “Non c’era questione che avesse una rilevanza finanziaria sulla quale l’onorevole Lumia non tentava di mettere il becco”. Conferma l’influenza di Lumia anche l’ex assessore Nicolò Marino, mentre Patrizia Monterosso riferisce che sì, l’esponente del Pd era spesso a Palazzo d’Orleans il lunedì e il venerdì.

Lumia dal canto suo ha negato ai commissari di essere intervenuto per perorare questo o quell’affare (in particolare quello legato all’insediamento di DR a Termini) e ha sostenuto di avere avuto solo un ruolo politico in quella stagione. “Escludo nel modo più totale – dice l’ex senatore di Termini parlando di sé in terza persona – che la presenza di Lumia nel Governo della Regione fosse giocata sul piano gestionale. Il mio compito era politico, esclusivamente politico e sa, purtroppo… quando in Sicilia si ha qualche abilità politica è chiaro che le leggende metropolitane fioccano”.

E Crocetta? Nella ricostruzione della commissione il governatore appare relegato quasi a un ruolo di comparsa. “Quando c’era qualcosa che dal suo punto di vista era meglio non discutere – racconta Marino -, Crocetta faceva finta di non sentire anche se tu gli parlavi un’ora e un minuto dopo o appena ti interrompevi, cambiava discorso”.


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