Processo alla mafia di Bagheria| In appello otto condanne in più - Live Sicilia

Processo alla mafia di Bagheria| In appello otto condanne in più

Ci sono soltanto tre assolti. Il dibattimento nasceva dal blitz dei carabinieri denominato "Reset".

PALERMO – Otto condanne in più rispetto alla sentenza di primo grado. Alla fine gli assolti sono soltanto tre al processo nato dal blitz dei carabinieri “Reset2” che nel 2015 azzerò la mafia di Bagheria e dintorni. La sentenza è della quarta sezione della Corte di appello, presieduta da Mario Fontana.

Questi i condannati: Gino Mineo (8 anni dopo che era stato assolto), Giacinto Di Salvo (11 anni in continuazione con una precedente condanna), Nicolò Eucaliptus (8 anni, era stato assolto in primo grado), Giuseppe Scaduto (10 anni, assolto in primo grado), Onofrio Morreale (8 anni e sei mesi, era stato assolto), Giovanni Trapani (8 anni, ribaltata l’assoluzione del Tribunale), Pietro Liga (11 anni e mezzo in continuazione con un’altra condanna), Giacinto Tutino (4 anni, anche lui era stato assolto), Francesco Lombardo (4 anni e 8 mesi, era stato assolto), Paolo Liga (8 anni), Andrea Fortunato carbone (8 anni, era stato assolto).

Confermate le condanne di Francesco Mineo (7 anni), Silvestre Girgenti e Francesco Centineo (6 anni e 8 mesi ciascuno).

Confermate soltanto le assoluzioni di Giovanni Mezzatesta, Salvatore Lauricella e Umberto Guagliardo, difesi dagli avvocati Salvo Priola, Antonio Turrisi, Raffaele Bonsignore e Angelo Barone.

Confermati i risarcimenti alle parti civili: gli imprenditori taglieggiati, associazione “La verità vive”, Addiopizzo, Confindustria Palermo, Centro Pio La Torre, Confcommercio e Confersercenti Palermo, Coordinamento vittime dell’estorsione, Fai, Libero Futuro, Solidaria, Sos Impresa.

Tra le partici civili c’erano anche i parenti di Giuseppe Sciortino, assistiti dagli avvocati Valerio D’Antoni e Ugo Forello. Storia tragica quella di Sciortino: il costruttore bagherese collaborò alle indagini e si tolse la vita dopo che gli estorsori lo avevano ridotto sul lastrico. In primo grado il giudice non lo ritenne attendibile. DI avviso opposto la Corte di appello che ha riconosciuto una provvisionale ai parenti per il danno subito. Provvisionale pure i parenti di Domenico Toia, anche lui deceduto. Si era ribellato al pizzo, ma non era riuscito a scrollarsi di dosso le pressioni degli anni vissuti sotto il giogo mafioso.

 


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