"Ma quale mafia e rispetto... " | Il boss che risponde ai giudici - Live Sicilia

“Ma quale mafia e rispetto… ” | Il boss che risponde ai giudici

Massimo Mulè

Ancora una volta Massimo Mulè, considerato un capomafia, non sceglie il silenzio

PALERMO – Si difende, sminuisce le accuse, le contesta, se altri mostrano rispetto nei suoi confronti è solo per le tante cose che si scrivono sul suo conto. Niente di vero, naturalmente.

Non è la prima volta che Massimo Mulè risponde alle domande del giudice. Dietro la scelta dei mafiosi di avvalersi della facoltà di restare in silenzio spesso non c’è solo una legittima strategia processuale, ma il desiderio di rimarcare la distanza con il giudice che lo interroga e che rappresenta la legge.

Massimo Mulè, invece, risponde. Lo aveva fatto quando era stato arrestato, nei mesi scorsi, nel blitz che azzerò il tentativo di riorganizzare la mafia palermitana e lo rifà adesso che lo accusano di avere imposto il cognato, Vincenzo Di Grazia, come buttafuori in alcuni locali di Palermo.

È vero, Andrea Catalano, un altro degli arrestati, assoldava Di Grazia per il servizio di sicurezza, ma il loro rapporto era precedente al matrimonio con sua sorella. Lui, Mulè, giura di non essersi speso, mai, per il cognato. Non c’era alcun bisogno che intervenisse visto il rapporto che legava Di Grazia a Catalano. E in ogni caso il cognato non ha ricevuto alcun trattamento di favore. È rimasto fuori dai locali, al freddo e sotto la pioggia, come tutti gli altri.

Eppure alcuni buttafuori intercettati protestavano perché nonostante Di Grazia non meritasse il lavoro – “non è cosa sua” – doveva essere “garantito perché è parente di…”. “E io che c’entro?”, si chiede l’indagato. La gente legge i giornali e si convince che Mulè è uno che comanda.

In realtà ad esserne convinti sono i pubblici ministeri della Dda di Palermo che lo piazzano al vertice della famiglia mafiosa di Ballarò. Su Mulè hanno reso dichiarazioni tutti i nuovi collaboratori di giustizia. Dicono che il posto di comando, una volta finiti di scontare i sei anni di carcere per una precedente condanna, gli spettava di diritto. “Falsità”, dice Mulè, lui ha sempre e solo lavorato e da quando è tornato libero, nei mesi scorsi, ha fatto “il mammo”.

È stato il Riesame, adeguandosi a quanto stabilito dalla Cassazione, a scarcerarlo perché non c’erano fatti nuovi rispetto a quelli per i quali Mulè è già stato condannato. Senza attualità non si poteva emettere una nuova ordinanza di custodia cautelare in carcere. Che il sia lui il capo, però, la Procura continua a sostenerlo con convinzione.

Nell’indagine sui buttafuori viene ricostruita una vicenda che dimostrebbe il rispetto di cui gode Mulè e la soggezione che suscita. Una sera chiamò Catalano: “Mi sono scordato a prendere l’acqua… non ho una bottiglia di acqua a casa… ho detto forse Andrea ha qualche salumeria lì sotto casa”. Risposta: “… e vuoi una cassa d acqua?… ci penso io… te la sto andando a prendere subito…”.

L’accusa inquadra il dialogo come “atteggiamento servile”. Per Mulè è solo un gesto di amicizia, una cortesia. Come cortese fu sempre Catalano quando assecondò un’altra richiesta. “In questo locale aperitivo ne fa?”, diceva Mulè, chiedendo informazioni sul “Tina Pica”. “Se ti vuoi fare l’aperitivo me la sbrigo io… tu mi devi dire a che ora e trovi tutte cose…”, rispondeva Catalano che nel pub-discoteca gestiva la sicurezza. “Dicci che apre alle sei”, concluse Mulè, il quale al gip che lo interroga spiega che non ci fu alcuna pressione per fare aprire il locale prima del previsto. Catalano andò semplicemente incontro alle esigenze di un amico, obbligato a rientrare a casa all’orario fissato dal giudice. Era un giorno importante, il giorno in cui Mulè conobbe i parenti del suo nuovo cognato. Gli serviva solo un po’ di privacy.

Il suo interrogatorio non ha convinto il gip, secondo cui Mulè deve restare in carcere. Il suo legale, l’avvocato Giovanni Castronovo, farà ricorso al Riesame dove presenterà la vecchia ordinanza, quella sull’attualità, che gli è valsa la precedente scarcerazione. E se sarà necessario Mulè parlerà di nuovo con i giudici per spiegare la sua vita tutta casa e lavoro.

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