Palermo, c'è chi chiude e chi si reinventa: l'uragano Dpcm sui locali

Chi chiude e chi si reinventa: l’uragano Dpcm sui locali

Foto d'archivio
Sulle nuove regole i titolari hanno visioni divergenti. Tutti, però, dovranno ripartire da zero

PALERMO – Il Covid aveva già trasformato il modo di lavorare dei locali, e ora l’uragano Dpcm si abbatte come una furia su quello che ne resta. A Palermo c’è chi cerca di reinventarsi, chi riduce drasticamente gli orari di lavoro e chi, parlando di “game over”, chiude del tutto fino alla scadenza del decreto prevista il 24 novembre. D’altronde in città si respira un’aria pesante e la frustrazione non risparmia nessun settore lavorativo. Non è da meno quello del food&beverage, coi suoi protagonisti sempre più convinti che le nuove norme siano in controtendenza rispetto ai loro sforzi per contenere il virus. Così, per i titolari, i social diventano ‘luoghi’ di sfogo e considerazioni a cuore aperto.

“Stanca, ma sarò sorridente”

Cinzia Orabona, fondatrice dell’enoteca letteraria Prospero in via Marche, si dice “molto stanca. Dall’8 marzo non ho fatto che rispettare le regole imposte… Ionizzatore per purificare l’aria, mascherine, termometro digitale, quintali di igienizzante. Trascorro il tempo a fare il controllore: ‘Non spostare la sedia’, ‘Entra con la mascherina’, ‘Igienizza le mani’. E non conosco nessuno che sia stato contagiato dopo essere stato da Prospero”.

L’idea è di stravolgere tutto ancora una volta: “Aprirò alle 9,30 e chiuderò alle 18, poi alle 18,30 mi organizzerò con i domicili fino alle 22,30. Niente in bustine di plastica: salirò sulla mia Punto dell’87 e farò consegne. Non voglio chiudere, la mia enoteca è un posto che amo e sul quale continuo e continuerò a investire. Sarò operativa e sorridente”. Poi l’appello accorato ai palermitani: “Sostenete le attività delle vostre città, non comprate online quello che vende il ‘putiaro’ sotto casa: dalle batterie alle lampade, dal vino al primo piatto, dal libro al giocattolo. Noi ci organizzeremo per sopravvivere, ma serve l’aiuto di tutti”.

Cinzia Orabona in ‘versione anti-Covid’

“È arrivato il nostro game over”

Il Lizard Pub, in via Lattarini, su Facebook scrive parole pesanti: “È davvero arrivato il nostro game over. Il Dpcm è chiaro e il Lizard è costretto a rimanere chiuso per un mese. Speriamo di usare questo tempo per studiare nuovi modi di sopravVivere… Sì! Vivere… Sempre! Chissà se #andràtuttobene”, si legge sulla pagina del locale, che conclude con l’hashtag “#mortedeipub”.

Il titolare Gabriele Maniscalco non fa giri di parole: “Siamo disarmati. L’obbligo di chiudere alle 18 non dà spazio a molte alternative per locali come il nostro che aprono alle 18,30”. Danni economici ma anche umani: “È stato difficilissimo comunicare la decisione al mio collaboratore, che ha un contratto part time già ridotto a quindici ore settimanali. Mi sento addosso tutta la sua responsabilità – ammette -. E sulla mia condizione economica stendo un velo pietoso: questo ennesimo provvedimento mi mette in difficoltà coi fornitori e col pagamento dell’affitto per il locale, ma anche le utenze e soprattutto le tasse saranno spese insostenibili”. Maniscalco cerca di sfoggiare un po’ di ottimismo: “Avrò un mese di tempo libero per preparami adeguatamente alla riapertura di fine novembre, salvo proroghe, e per reinventarmi. Speriamo bene”.

“Non apriremo di mattina o a pranzo”

Brutte notizie anche per i clienti del Dandy, alla Magione: domenica il titolare Vincenzo ha annunciato uno stravolgimento delle abitudini del locale.”Non apriremo di mattina o a pranzo. Non abbiamo scelto di aprire un bar e non abbiamo le competenze per farvi caffè, cappuccini o altro… Lasciamo ai professionisti del settore farvi la colazione o il pranzo come è secondo noi giusto che sia. Avevamo scelto di farvi da bere – ribadisce – ed è per questo che se ne avrete voglia mi troverete dalle 16 alle 18. Vi preparerò da bere in barattoli da portare a casa, come il Dpcm prevede, per poi bere insieme in un brindisi virtuale. Vi voglio bene”.

“Lo Stato ci dica che dobbiamo restare chiusi”

Apertura a pranzo e cene da asporto per Ezio e Giuseppe Giacalone, titolari del music bar Qvivi e della pizzeria-hamburgeria Grillo, in piazza Rivoluzione. Su Facebook i fratelli hanno annunciato che ce la metteranno tutta per “salvare il salvabile”. “Ci dicono di chiudere all’orario in cui le nostre attività dovrebbero aprire”, commentano, e si chiedono: “Ci dobbiamo reinventare in cosa? Quanti caffè da fare per arrivare a pagare le bollette? In più non abbiamo le attrezzature né le competenze per attività mai fatte prima. Ma c’è un altro problema: ‘reinventandoci’ faremmo concorrenza a un settore che già esiste – osservano – e che certamente non sta meglio del nostro. A questo punto lo Stato ci dica chiaro che dobbiamo restare chiusi, invece di continuare a far soffrire attività che hanno centinaia di euro di spese fisse già solo aprendo la saracinesca”.

“Musumeci si faccia valere”

Chiude pure Il Siciliano, in via dell’Orologio, che tramite social annuncia una riapertura puntuale una volta scaduto il Dpcm. “Il mio post è molto sintetico, ma c’è un grosso problema – dice il titolare Fabio Ciulla –. Se il locale è strutturato e concepito come wine bar che conta dieci dipendenti, quindi prevalentemente serale, è ovvio che non ci siano le competenze per trasformarsi in un’altra attività. I clienti mi incitano perché io lo faccia, ma analizzando la cosa tecnicamente mi mancherebbe un indotto enorme: il dipendente pubblico, quello degli uffici, tutte le persone che al momento sono in smart working”.

Ciulla ha una grande paura: “Che il 24 novembre non si raggiunga nessun risultato. La chiusura ci starebbe anche, se almeno si comprendesse il disegno generale”. Dal suo punto di vista “l’unico che può salvarci è il presidente della Regione Musumeci. Sabato era arrivata la sua ordinanza, dopo poche ore Conte l’ha spazzata col Dpcm: una mezza sconfitta, ma ora il governatore deve lottare per rifare un passo avanti”.


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