L’esperto analizza i contagi: “Le differenze con la prima ondata” - Live Sicilia

L’esperto analizza i contagi: “Le differenze con la prima ondata”

Intervista al professore Bruno Cacopardo, direttore del reparto di Malattie Infettive del Garibaldi Nesima.

CATANIA – Sfatiamo un luogo comune. La carica virale del coronovirus è simile, se non uguale, alla prima ondata della pandemia. Le differenze principali invece sono la fonte di contagio e la fascia di popolazione colpita da Covid-19. Una fotografia precisa la offre il professore Bruno Cacopardo, direttore di Malattie Infettive del Garibaldi Nesima e uno dei massimi esperti catanesi nella lotta al virus.

Le differenze dalla prima ondata

“Nella prima ondata – spiega – i contagi avvenivano soprattutto nelle strutture sanitarie, nelle Rsa e nelle case di riposo e colpivano soprattutto i soggetti cosiddetti fragili. Oggi non è più così: i contagi sono stati animati dal mondo della movida, da chi vive socialità e assembramento, da chi ha viaggiato soprattutto in Paesi come Malta, Croazia, Grecia. Parliamo quindi di giovani che hanno portato il virus in casa e hanno contagiato i genitori e anche i nonni. I pazienti ricoverati per Covid-19 appartengono a fasce d’età diverse, dai 30 ai 60 anni. E poi c’è sempre lo zoccolo duro degli over 70-80”. 

Colpisce tutte le fasce d’età

Il Covid-19 è un virus insidioso. “Abbiamo alcuni casi al Garibaldi di pazienti di età relativamente giovane che presentano un quadro clinico grave”, spiega Cacopardo. E alcuni di loro non presentavano nemmeno commoborsità considerati come “fattori di rischio” che “possono peggiorare l’evoluzione della patologia”. Tra questi il diabete, l’ipertensione, il tumore. E purtroppo ci sono anche casi a Catania di “pazienti onocologici positivi”.

I sintomi

I sintomi sono del tutto simili a quelli dell’influenza. Per questo sottoporsi al vaccino influenzale rappresenta un modo per poter fare una “prima distinzione” e nei soggetti fragili “ridurre i fattori di rischio”. Il virus può non manifestarsi, nei casi dei positivi asintomatici, o manifestarsi in modo lieve, i cosiddetti paucisontomatici, e poi “c’è il 10% che presenta una polmonite interstiziale con un aspetto tromboembolico”. 

Le terapie: plasma e anticorpi monoclonali

Le terapie a disposizione non sono ancora moltissime. “Le terapie più frequenti a cui sottoponiamo i pazienti sono eparina, cortisone e l’antivirale remdesivir che fornisce un lieve contributo alla cura da coronavirus”. 

E il plasma iperimmune? “Abbiamo riscontrato una buona risposta nei pazienti a cui lo abbiamo somministrato – spiega Cacopardo – al momento abbiamo eseguito la somministrazione a due pazienti”. Chi può donare? “Tutti i soggetti che hanno avuto una guarigione clinica da Covid-19 e si sono negativizzati”. Prima di ogni trasfusione, il plasma – seguendo un preciso protocollo già validato dal comitato tecnico scientifico – deve essere analizzato da un laboratorio specializzato  (“In Sicilia purtroppo non ce ne sono”) che accerta la titolazione del tasso di anticorpi presenti. “Più è alto questo tasso più ha una buona probabilità che funzioni. Non è utilizzabile il plasma con bassa concentrazione di anticorpi”, chiarisce ancora Cacopardo.

Buoni risultati arrivano anche dagli anticorpi monoclonali. “Penso che arriveranno presto anche in Italia, visto che hanno avuto l’autorizzazione della Fda. Ma si tratta di terapie molto costose e quindi andrà fatta una selezione per l’utilizzo”. 

“Tra fine novembre e inizio dicembre il picco”

La prima arma per contrastare il vaccino resta comunque la prevenzione: “Rispettare le misure anti-contagio è fondamentale per allentare la diffusione”, dice il professore Cacopardo. Il medico ha analizzato, insieme al fisico Paolo Castorina, la curva dei contagi. “Abbiamo notato che la curva ha subito un rallentamento. Non ha più una crescita esponenziale, ma una crescita gompertziana”.  Secondo la Legge di Gompertz l’andamento, sempre in crescita, ha subito però un rallentamento per avvicinarsi a un punto di equilibrio. “Abbiamo previsto che il picco epidemiologico sarà raggiunto tra fine novembre e inizio dicembre. A quel punto avremo un periodo di plateau e poi lentamente inizierà la discesa della curva. E questa discesa – chiarisce Cacopardo – avverrà indipendentemente da un lockdown”. 

Sicuramente però un periodo di stretta e chiusura, come avvenuto nei mesi di marzo e aprile, porterebbe “un effetto cosmetico nella pandemia. E permetterebbe di dare ossigeno alla tenuta del sistema sanitario. Ma questa è la visione di un infettivologo. E capisco benissimo che un altro lockdown porterebbe sacrifici economici molto pesanti”. 

“Sistema in importante affanno”

Gli ospedali sono in affanno? “Siamo in importante affanno. Soprattutto nei pronto soccorso la situazione è in sofferenza. Il turnover nei reparti Covid è lento, perché per dimettere un paziente ci deve essere la totale negativizzazione o se è ancora positivo ma clinicamente guarito dobbiamo avere la certezza che può vivere in isolamento. I covid hotel sono un aiuto, così come alcune Rsa dove si prevedono i ricoveri a bassa intensità. Ma è tutto in divenire. Il sistema, anche se in sofferenza, però sta reggendo. Non siamo ancora ko”, afferma. Cacopardo poi invita a guardare ai grandi modelli di riferimento mondiale della sanità: come quello americano, inglese o svedese. “La forbice non è così distante. La Sicilia sta dimostrando di essere se non alla pari, ma in linea con questi sistemi. Le grandi epidemie, come quella che stiamo vivendo, sono il banco di prova della tenuta. E questa è stata l’ora della verità”. 

La fotografia al Garibaldi

Catania non si è trovata un po’ impreparata a questa ondata? “È mancata un po’ la percezione del rischio. Dopo il primo lockdown è come se avessimo archiviato. Invece le devo dire che al Garibaldi nei mesi estivi abbiamo lavorato nella consapevolezza che non era finita. E su questo va il mio plauso al direttore generale De Nicola che ha permesso di poter potenziare i reparti con 40 posti a Nesima, che dirigo io, i 60 al Garibaldi Centro, i 20 di rianimazione e il nuovissimo reparto d’emergenza con 24 nuovi posti letto”. 


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