Covid, morto l'infermiere Totò: era una colonna della Samot

Covid, morto l’infermiere Totò: era una colonna della Samot

Totò Lo Coco era una figura storica per chi si prende cura dei malati terminali.

Giorgio Trizzino, medico e fondatore della Samot, ha scritto sul suo profilo Facebook: “Abbiamo tacitamente stabilito di darci del lei perché…… Non so il perché ma così è stato. Il primo giorno in cui ci siamo conosciuti 35 anni fa eravamo di guardia di notte in ospedale. ‘’Lei’… Totò infermiere nel reparto di Pneumologia ed io al piano di sopra giovane chirurgo toracico. Le ho accennato in fretta di una idea che mi frullava in mente da tempo e quasi con il timore di essere preso per visionario le parlai della morte. Le dissi che forse si poteva ridurre la sofferenza di chi si trovava alla fine della vita e che avevo assistito impotente alla morte di mio padre senza essere riuscito ad alleviare il suo dolore. Le raccontai che a Milano si erano organizzati dei gruppi di volontari che facevano capo all’Istituto Tumori e che si occupavano di accompagnare i malati terminali nel loro ultimo tratto di vita. La sua risposta Totò la ricordo bene perché mi disse: ‘Se lo fanno a Milano perché non dobbiamo provare a farlo anche a Palermo?’. E fu così che iniziò l’avventura della SAMOT. Un virus l’ha fatta morire, caro Totò, un virus con uno strano nome e che ha ucciso milioni di donne e uomini. Un virus che non perdona. Tanti anni sono passati e questa sera voglio immaginare di scendere di nuovo quelle scale della Chirurgia Toracica per andare a trovare il mio Amico. Totò buon riposo, lo ‘hai’ meritato”.

Totò Lo Coco era un infermiere in eterno, uno che non si sottrae al compito della cura e del conforto dei corpi e delle anime, era una delle colonne della Samot, cioè di quella comunità che, anni fa, cominciò a occuparsi di un problema che nessuno voleva: la sofferenza che non può guarire. E così – come ha ricordato il dottore Trizzino – nacque un miracolo per portare leggerezza in una zona, fino a quel momento, abbandonata. E c’era lui, con gli altri, con i ragazzi che si sarebbero fatti strada, ad accendere la candela del sollievo nella notte del dolore; a dare un senso alla vita che se ne va, tenendola per mano nel suo passaggio stretto.

Sulla pagina della Samot campeggia il ricordo: “Ci ha lasciati un amico una persona importante per noi.. questo virus maledetto ce lo ha portato via. È stato uno dei primi operatori che nel 1987 ha creduto nella Samot Onlus e negli anni è diventato il punto di riferimento di operatori e dipendenti. Da anni era uno dei componenti del Consiglio di Amministrazione della nostra associazione ma aveva mantenuto un rapporto costante con operatori e soprattutto con i volontari di cui si occupava con dedizione. Persona sempre sorridente e mai sopra le righe…umile e disposto all’ascolto. Il nostro pensiero va alla sua famiglia…Tutti noi oggi unitamente ai volontari dell’Avamot ti piangiamo…. e rimaniamo increduli….. CI MANCHERAI CARO TOTÒ”. Il dottore Roberto Garofalo dell’Asp, anche lui un compagno di strada di quella speranza nata in condizioni non semplici, ricorda: “Ci siamo conosciuti ai piedi di una montagna. Cominciammo a salire, e salire insieme è stato meno faticoso. Anzi bellissimo. Adesso hai raggiunto la cima e l’hai superata”.

Totò Lo Coco aveva 76 anni, dopo una esistenza in trincea era rimasto dalla parte giusta come consigliere d’amministrazione alla Samot e presidente dell’Avamot che raccoglie il volontariato domiciliare. Anche lui è una foglia che si è staccata dal ramo, mentre all’ospedale Cervello tentavano l’impossibile, in questo tremendo e lunghissimo inverno. Buona salita Totò. Anzi, buona ‘acchianata’. E, appena arrivi, mandaci un po’ di Paradiso quaggiù, va bene pure intramuscolo. Ne abbiamo urgentemente bisogno.


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