La morte lontana: "Apriamo gli ospedali ai vaccinati"

La morte lontana: “Apriamo gli ospedali ai vaccinati”

Ospedali chiusi ai parenti per le norme Covid. Siamo sicuri che non si possa fare di più?

E’ bastato sollevare appena la pietra del silenzio per sentire quanto rumore fa il dolore. E’ stato sufficiente raccontare la storia di Adalgisa – una storia pudica d’amore – e dell’impossibilità di dirsi addio, per ricevere, ovunque, commenti di lettori con vicende simili che si sono riconosciuti in quella madre e in quella figlia separate da una terapia intensiva e dalle necessarie restrizioni Covid. Ecco alcuni commenti sulla nostra pagina Facebook: “Un commiato che molti di noi non hanno potuto avere solo la fortuna di incontrare personale medico empatico e caritatevole che ti permette un saluto tramite videochiamata Che in questo periodo diventa l’ultimo triste saluto”. “Mi porterò questo macigno fino alla morte anche la mia mamma è morta da sola in ospedale e non di Covid quanta tristezza”. “Faccio l’infermiera a Zurigo, i nostri pazienti positivi Covid hanno avuto la possibilità di avere un solo familiare vicino, logicamente con tutti i sistemi di sicurezza”. C’è una strada diversa? Non lo sappiamo.

Sappiamo però, lo sappiamo ancora di più adesso dopo averlo ascoltato, quanto rumore faccia questo dolore. E sappiamo che l’argomento non può essere sotterrato nella buca dell’indifferenza. Viviamo un momento che mostra slarghi di sole che sembrano allontanarci dal tempo spaventoso che stiamo attraversando. I vaccini funzionano, le terapie migliorano. La zona gialla sarà una prova importante per tutti, soprattutto sulla nostra capacità di tornare alla normalità con prudenza.

Ma resta la ferita della lontananza. I reparti ospedalieri sono sigillati, non soltanto quelli Covid, come insegna la vicenda di Adalgisa e della sua mamma, per – lo ripetiamo – restrizioni opportune e necessarie. Eppure non vogliamo rassegnarci a un ultimo passaggio consumato nella distanza, con l’unico contatto di una chat o di una videochiamata. Qualcuno sta cominciando a pensarci. L’ospedale di Partinico, per esempio, ha presentato un progetto al vaglio dell’Asp per permettere ingressi controllati.

“Dobbiamo assolutamente proteggere le persone – dice con la giusta prudenza don Alessandro Sacco, cappellano dell’ospedale ‘Cervello‘ -. Magari, dopo l’estate, se ci saranno le condizioni, si potrà vedere con i vaccinati di concedere qualcosa”. Don Alessandro è un sacerdote-staffetta che collega i malati ai parenti. Un prete instancabile. Nemmeno il Covid, che ha subito in prima persona, lo ha fermato. “La solitudine è grande – dice -. Ci sono persone che nemmeno riescono a parlare, chi ha parenti lontani, chi si affida alla video-chiamata. Noi facciamo il possibile”. Non è vero, fanno anche l’impossibile.

“Dobbiamo porci il problema, considerando prioritario il mantenimento della sicurezza – dice Roberto Garofalo, medico e penna di LiveSicilia.it -. Quello di aprire parzialmente i reparti non Covid, magari con pazienti negativi, a visitatori vaccinati e con il tampone negativo, potrebbe essere un inizio. Mi pare un argomento che ha il carattere della priorità assoluta perché, senza che nessuno abbia colpa, si è arrivati alla disumanizzazione. Le vecchie relazioni nei nosocomi, tra parenti e pazienti, devono essere a poco a poco riprese e affidate a protocolli rigorosi”.

Adalgisa, raccontando la sua storia, ha detto: “Mia mamma si è spenta in un letto di ospedale, senza nessuno dei suoi familiari. Abbiamo potuto vederla per un solo minuto prima che venisse trasportata all’obitorio. Era una donna innamorata della sua famiglia, sempre presente con tutti noi. Nel momento più difficile della sua vita non ha avuto neppure una carezza da un familiare. Questo distacco è stato crudele per lei e per noi. Nessuno merita di morire così”.


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