Palermo 2022, candidati a sindaco e liste: via alle grandi manovre

Palermo 2022, candidati e liste: via alle grandi manovre

Partiti in fermento in vista delle Amministrative. Chi sale e chi scende

PALERMO – Le trattative vanno avanti ormai da mesi, ma è nelle prossime settimane che la partita delle Comunali di Palermo 2022 entrerà nel vivo aprendo una lunga stagione elettorale che proseguirà con le Regionali e le Politiche. Un appuntamento decisivo per partiti e movimenti che useranno il capoluogo siciliano come banco di prova per delineare coalizioni e alleanze.

Il ‘peso’ di Palermo sullo scacchiere nazionale

Nelle segreterie si fanno i conti con lo sbarramento, le liste e i candidati, sebbene ad oggi nessuno sembri avere le idee chiare. “Molto dipenderà dalle elezioni del 3 e 4 ottobre nelle grandi città italiane – dice un dirigente politico di lungo corso –. Poi ci sarà l’elezione del Capo dello Stato, il quadro nazionale cambierà e anche a livello locale ci saranno conseguenze”. Perché se è vero che Palermo sarà uno dei pochi grandi centri chiamati al voto il prossimo anno, insieme a Genova e Parma, è altrettanto vero che i risultati nella quinta città d’Italia avranno un peso per tutta la Penisola ed è scontato che le decisioni su nomi e alleanze verranno prese direttamente a Roma.

Centrodestra a caccia di unità

Lo schema più accreditato, fino a qualche mese fa, era quello di un “modello Draghi” in salsa palermitana che mettesse insieme Pd, M5s, centristi e Forza Italia tagliando fuori la sinistra e l’accoppiata Lega-Fratelli d’Italia. Un’ipotesi che al momento però pare tramontata non solo per l’ascesa nei sondaggi di Giorgia Meloni, oggi alla guida del primo partito italiano, ma anche per la campagna acquisti della Lega che ha reso la formazione di Salvini capace di ambire alla successione di Nello Musumeci. Uno scenario che rende di fatto impossibile escludere i due partiti, o anche soltanto uno, da un centrodestra allargato che a questo punto potrebbe presentarsi con una formazione più “classica” a cui aggiungere qualche pezzo moderato.

Il grande centro che non c’è

Più facile a dirsi, che a farsi. Il grande centro finora è rimasto solo un annuncio (anche grazie al passaggio di Luca Sammartino alla Lega) e le anime del centrodestra sono più litigiose che mai: una tensione dovuta agli equilibri regionali ma che inevitabilmente si riflette su Palermo. La Lega ambisce a Palazzo d’Orleans, i meloniani hanno già il sindaco di Catania e quindi tutto lascia supporre che Palazzo delle Aquile rimarrà appannaggio dei forzisti. Ieri, alle pendici dell’Etna, Gianfranco Micciché avrebbe avuto un incontro con alcuni esponenti di peso di Italia Viva e il passaggio in azzurro di un campione delle preferenze come Edy Tamajo non sembra così lontano: l’addio di Marianna Caronia e Giuseppe Milazzo ha infatti lasciato liberi ampi spazi che Tamajo, insieme ai suoi tre consiglieri comunali, sembra intenzionato a occupare stabilmente prima alle Comunali con una lista personale e poi alle Regionali con una candidatura di peso. Un passaggio che renderebbe ancor più credibile una vittoria del centrodestra al primo turno, coalizione già data per favorita ma a patto che resti unita.

Candidati, chi sale e chi scende

I partiti sono comunque al lavoro sulle liste, sia ufficiali che civiche, ma il vero rebus riguarda i nomi dei candidati a sindaco. In queste settimane, nel centrodestra, ne circolano tantissimi: dagli assessori regionali Roberto Lagalla e Gaetano Armao al forzista Giulio Tantillo, dall’ex azzurro Francesco Scoma (che si dice pronto a correre anche in solitaria) al capogruppo all’Ars di Db Alessandro Aricò (qualora Musumeci perdesse la ricandidatura), passando per la meloniana Carolina Varchi, due tecnici in rosa come Barbara Cittadini e Patriza Monterosso e perfino l’ex assessore Nino Caleca (ma solo in caso di coalizione allargata in stile Draghi). Gianfranco Micciché si è addirittura auto-proposto, più per tattica che per convinzione, e circola perfino il nome di Davide Faraone che però al momento è impegnato nel più prestigioso ruolo di capogruppo al Senato; Simona Vicari sembra invece in pole per correre a Cefalù.

Negli ultimi giorni però sarebbero in rialzo le quotazioni dell’ex presidente dell’Ars Francesco Cascio e dell’ex presidente dell’Ordine degli Avvocati Francesco Greco, entrambi di area forzista. Il primo gode dell’appoggio degli autonomisti di Raffaele Lombardo (che a Palermo sono rappresentati da Totò Lentini e Gaspare Vitrano), anche se potrebbe essere tentato dal restare nel mondo della sanità ambendo a posizioni di primo piano, mentre il secondo ha già sfiorato la candidatura nel 2017 e non disdegnerebbe di correre nel 2022, forte di una solida rete di relazioni nel centrodestra ma con lo svantaggio di non essere espressione di alcun partito che ne perorerebbe la causa a livello nazionale. Gli incontri si susseguono frenetici e non è un caso che il coordinatore provinciale della Lega, Vincenzo Figuccia, qualche giorno fa abbia indicato proprio in un medico e in un avvocato i papabili per una candidatura a primo cittadino.

Tutte le grane di Palazzo delle Aquile

Il vero problema è che fare il prossimo sindaco di Palermo non sarà una passeggiata: il Comune è al dissesto, servirebbe quasi un miliardo per evitare il fallimento e i margini di manovra della prossima amministrazione saranno risicatissimi. Una condizione oggettivamente difficile che scoraggia nomi altisonanti e politici di lungo corso, magari con future ambizioni che sarebbero azzoppate da una performance poco sfavillante a Palazzo delle Aquile. Ecco perché i partiti sono a caccia di un candidato di esperienza ma capace di tenere unita una coalizione larga, che conosca il Comune e ne sappia prendere le redini da subito per affrontare i problemi più urgenti, cimiteri e rifiuti su tutti.

E a sinistra?

A meno di stravolgimenti, a sinistra i giochi sembrano fatti: Pd e M5s andranno insieme anche a Palermo, allargando la squadra a Sinistra Comune nel nome di Leoluca Orlando. Uno schema su cui pesano però alcune incognite, visto che i grillini sono al momento divisi fra chi dialoga col Professore (come Adriano Varrica) e chi (come Giampiero Trizzino e alcuni deputati regionali) vuole porsi in discontinuità. Gli occhi sono puntati sulle scelte che farà Giuseppe Conte, a cui toccherà indicare un nome titolato a poter stringere alleanze e fare patti in modo ufficiale mettendo a tacere l’eventuale dissenso interno.

Un’attesa che sta creando qualche problema anche nel Pd, a sua volta spaccato fra chi non ha dubbi su una coalizione in versione classica e chi invece vorrebbe evitare di regalare i moderati alla destra, specie se dall’altra parte si dividessero. Uno scenario che però troverebbe le resistenze di quel mondo a sinistra del Pd che sta provando a compattarsi per raggiungere la doppia cifra e allontanare le sirene di una possibile apertura ai forzisti. “Coalizione sì ma non a tutti i costi, basta pasticci”, è il messaggio rivolto ai dem. Se non si troverà un candidato unitario si andrà alle primarie e a quel punto in tanti potrebbero tentare la corsa: Ninni Terminelli, Valentina Chinnici, un nome di Sinistra Comune e uno degli orlandiani, con Fabio Giambrone osservato speciale.

Il nodo delle liste

I partiti ragionano anche sulle liste: la soglia del 5% vale tra i 12 e i 13 mila voti, 14 mila per essere sicuri, e quindi è partita la caccia ai portatori d’acqua. La Lega conta su alcuni recordmen come la Caronia (che sembra fare asse con Igor Gelarda) e i Figuccia, Tamajo potrebbe fare una sua lista in cui ricandidare i tre uscenti, autonomisti e forzisti sono al lavoro mentre Fratelli d’Italia annuncia a breve nuovi acquisti per una lista che punta alla doppia cifra. Italia Viva dovrà riorganizzarsi, anche se il probabile addio di Tamajo potrebbe favorire l’arrivo di nuovi nomi.

Il mondo a sinistra del Pd sta lavorando a un listone che metta insieme ambientalisti, esprienze civiche, ex dem, Leu, Cento Passi, articolo 1 e Sinistra Comune che da sola quattro anni fa prese il 7%. Più complicati i giochi in casa Pd, dove non è ancora chiaro se il sindaco Leoluca Orlando si ricandiderà: i fedelissimi assicurano il massimo impegno del sindaco e la sua presenza potrebbe trainare i democratici, così come il simbolo di un partito che nei sondaggi nazionali sfiora il 20%, per una lista che avrà tra i suoi nomi anche i due uscenti a cui aggiungere Toni Sala e qualche dirigente di partito. Il rebus riguarda il centro: oltre al simbolo dell’Udc e all’annunciata lista di Totò Cuffaro, potrebbero esserci alcune formazioni civiche in cui far confluire un mondo frastagliato e in cerca d’autore.
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