Pogliese in panchina, ecco perché non si dimetterà - Live Sicilia

Pogliese in panchina, ecco perché non si dimetterà

Il sindaco di Catania avrebbe avuto delle rassicurazioni circa la soluzione politica della sospensione.

CATANIA – Pare che il viaggio a Roma sia stato davvero ristoratore, perché Salvo Pogliese è rientrato a Catania assai meno scuro in volto rispetto a quando è partito. Tanto da voler soprassedere, almeno in questo fase, all’ipotesi delle dimissioni. Sebbene rimanendo in panchina. A margine del vertice di FdI di ieri nella Capitale, convocato per decidere futuro dell’esperienza di Nello Musumeci a capo della Regione siciliana, s’è discusso anche d’altro. Cioè della riattivazione della sospensione dell’inquilino di Palazzo degli Elefanti, sulla scorta della legge Severino.

Uno stop che durerà ancora 13 mesi, mentre il coro unanime delle opposizioni vuole che Pogliese rimetta quanto prima il mandato. A quanto risulta al nostro giornale, sarebbe stata addirittura Giorgia Meloni a rassicurare il segretario regionale di FdI sull’impegno del partito affinché la legge che porta il nome della ministra della Giustizia del governo guidato da Mario Monti sia ridimensionata. Una promessa da incorniciare guardando il calendario romano.

Una legge controversa

Si tratta di una legge controversa finita nel mirino di due iniziative che intendono riscriverla. Il 15 febbraio prossimo, la Corte Costituzionale si pronuncerà sui sei referendum sulla Giustizia promossi da Radicali e Lega sulla scorta del caso Palamara. Uno dei quesiti riguarda proprio la cosiddetta Severino. E si chiede di abolire la parte che prevede l’incandidabilità o il divieto di ricoprire cariche di governo per quanti hanno subìto una condanna definitiva. Una casistica che però non riguarda la vicenda connessa al primo cittadino etneo. 

L’attenzione di Pogliese è invece da un’altra parte. Il 23 novembre scorso, i senatori dem Dario Parrini (presidente della Commissione Affari Costituzionali), Anna Rossomando (vice presidente) e Franco Mirabelli hanno sottoscritto un disegno di legge che intende rivedere “un testo – si legge – le cui disposizione sono ritenute tra le disomogenee”. L’iniziativa del Partito democratico affronta nello specifico la sospensione dalla carica elettiva di chi non ha ancora subìto il giudizio fino al terzo grado.  

Il disegno

“Sulla base della casistica degli ultimi anni – si legge nella premessa al disegno di legge – è emerso un problema oggettivo di bilanciamento tra lotta alla corruzione da una parte ed efficienza e stabilità delle amministrazioni, in particolare appaiono problematiche le disposizioni che dispongono la sospensione di amministratori regionali e locali a seguito di sentenze non definitive e dunque suscettibili di cambiamento nel corso dell’iter processuale. In tali casi – continua – un nuovo bilanciamento che rispetti da un lato il principio di garanzia costituzionale di cui all’articolo 27 della Costituzione e le esigenze di  legalità dall’altro appare oggi opportuno”. 

Gli scenari

Nei due rami del Parlamento pare esserci una convergenza bipartisan sulla questione. Il punto vero è capire i tempi. Perché la lancetta della sospensione di Pogliese farà comunque il suo corso e la politica pure. Il disegno è attualmente fermo al Senato e poi dovrà essere esaminato dei membri della Camera. Se dopo il voto per il presidente della Repubblica l’attuale maggioranza dovesse ancora reggere, sarebbe ipotizzabile una promulgazione rapida. Altrimenti a Pogliese non resterà che mettere in campo un altro tipo di iniziativa. Il centrodestra, a partire da Nello Musumeci, gli ha chiesto ufficialmente di non lasciare e pazientare. Le opposizione di Pd e M5s non sono però affatto tenute a questa indicazione, anzi. 


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