Cibali, vent'anni per costruire un palazzo sull'antico acquedotto - Live Sicilia

Cibali, vent’anni per costruire un palazzo sull’antico acquedotto

Un vincolo etnoantropologico della Soprintendenza, pareri dati e poi annullati e, infine, il Tar che dirime una questione cominciata nel 2003.

CATANIA – Ci hanno messo vent’anni per ottenere il permesso di costruire e, adesso, sembra che debbano fare i conti anche con le obiezioni degli altri residenti della zona. Perché il posto in cui la società vuole edificare una palazzina nel 2005 era finito al centro dell’attenzione della Soprintendenza per i beni culturali visto che esattamente sopra alle sorgenti dell’antico acquedotto di Cibali. Siamo in via Dilg, nel cuore del quartiere dello stadio, a pochi metri dalla fermata della metropolitana aperta con anni di ritardo proprio per via della difficoltà di fare i conti con le falde acquifere della zona. E il progetto della società Afedil costruzioni si concentra proprio lì.

Le vie dell’acqua

Il lavatoio di Cibali, tra piazza Bonadies e via Valdisavoia, è la traccia visibile più rilevante delle origini del quartiere: costruito tra sorgenti profonde e corsi d’acqua, con una vita sotterranea vivacissima fatta di gallerie e torrenti. Lo racconta la toponomastica: da via della Sorgiva a via Torrente, passando per via dello Stagno e via Canale. È tutta quest’acqua ad avere causato non pochi problemi alle gallerie della metropolitana del quartiere: l’apertura della stazione è stata rinviata anno dopo anno per la difficoltà di evitare le infiltrazioni. In pratica, dentro alla galleria pioveva. Anche quando fuori c’era il sole. Per questo costruire in quella zona è un affare delicato: perché scavi e lavori sono sempre un’incognita, quando il sottosuolo ha una geologia antica e complessa come quella di via Dilg e vicine.

Il vincolo etnoantropologico

Anche per questo la storia del permesso di costruire, adesso concesso, è così risalente nel tempo. Nel 2003 l’area tra via Dilg e via Pomona, dove dovrebbe sorgere la palazzina è stata dichiarata edificabile. Un paio di anni dopo, però, la Soprintendenza per i Beni culturali decide che quell’area sia da vincolare per motivi storici e antropologici, legati “all’antico condotto sotterraneo con annesse camere di captazione e pozzo facente parte dell’antico acquedotto di Cibali”. Sorgenti e fiumi sotterranei, insomma, dovuti allo scioglimento delle nevi sull’Etna, che transitano in questa zona della città e l’attraversano per arrivare fino al centro storico. Il progetto di costruzione si ferma per dieci anni, almeno dal punto di vista della burocrazia, e ricompare nel 2015, quando l’azienda propone una variante, con l’obiettivo di aggirare il vincolo etnoantropologico della Soprintendenza.

Gli uffici di regionali prima si lasciano convincere e definiscono il progetto “compatibile” con il vincolo, per via dell’esistenza di una “fascia di rispetto” di sei metri di distanza dal canale dell’acquedotto, ma poi annullano il proprio stesso parere e così, nel 2018, il Comune fa lo stesso rispetto al permesso di costruire precedentemente rilasciato. La palazzina non s’ha da fare, non in quel terreno. La questione, naturalmente, finisce di fronte al Tribunale amministrativo regionale di Catania. È al Tar che si rivolge la società Afedil, raccontando che “l’antico condotto, con il tempo è stato sicuramente danneggiato e per la maggior parte distrutto” non solo da altri cantieri, ma soprattutto da quello della Circumetnea. E spiegando altresì che la Soprintendenza non avrebbe fatto alcuna verifica, oltre a quella documentale, per verificare le distanze dal condotto in cui transita l’acqua e l’eventuale dissesto idrogeologico della zona.

La sentenza del Tar

Per il Tar ha ragione la società: i giudici amministrativi sostengono l’esistenza di una evidente “lacuna istruttoria” nel provvedimenti con i quali la Soprintendenza annulla il proprio parere di compatibilità. Dice il tribunale, insomma, che gli uffici della Regione non hanno fatto tutte le verifiche che avrebbero dovuto fare per sostenere che il progetto di costruzione non fosse compatibile con il vincolo etnoantropologico sull’acquedotto di Cibali. E che, quindi, quel parere non avrebbe dovuto essere rilasciato. In questo gioco di lanci di dadi tra uffici, privati e geomorfologia dei terreni, la sentenza del Tar è datata 2020. E riporta tutti indietro alla casella del 2015, cioè alla variante di Afedil costruzioni che, a questo punto, torna in partita. E per la quale viene richiesto un titolo edilizio.

Il permesso di costruire

È la fine di novembre 2022 quando il Comune di Catania rilascia il permesso di costruire, a distanza di vent’anni da quando la costruzione dell’edificio in via Dilg è finita per la prima volta sui tavoli del municipio. L’elenco delle prescrizioni imposte ai costruttori, però, è lungo diverse pagine. E prevede anche che “l’attuale imboccatura del pozzo venga protetta e valorizzata con apposita recinzione, al fine di renderla accessibile e fruibile da chi ne faccia espressa richiesta”, oltre che l'”obbligo per la ditta proprietaria di tutela del bene vincolato e responsabilità diretta per eventuali danni al manufatto sottoposto a tutela”. La costruzione, insomma, può iniziare. Ma, stando a quanto risulta a LiveSicilia, i battaglieri residenti della zona sono intenzionati a non restare a guardare, preoccupati per la stabilità delle proprie abitazioni, oltre che della presa d’acqua che scorre sotto ai loro piedi.


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