PALERMO – “Cerchiamo ancora una volta di mettere al centro questioni culturali e valorizzare i nostri tesori”. A dirlo è il presidente della Fondazione Federico II, Gaetano Galvagno, durante la presentazione della mostra ‘Thesaurus’ a Palazzo Reale: una rassegna di 56 beni preziosi e ‘nascosti’ della Cappella Palatina, risalenti anche a più di 800 anni fa, che raccontano una parte della storia siciliana grazie a reperti bizantini, greci, latini ed anche ebrei. “La Fondazione ha voluto fortemente questa mostra – ha spiegato Galvagno – speriamo di poter registrare ancora quegli accessi che stanno consentendo di auto-sostenerci e di avere dei bilanci positivi. Questo, tra l’altro, dimostra il fatto che la cultura, se valorizzata nella giusta maniera, rappresenta assolutamente un bene”.
Già mille visitatori il primo giorno
E in effetti, la risposta è stata subito positiva: i prenotati per il primo giorno di visita al Palazzo – con apertura prevista per domani, mercoledì 13 dicembre – sono più di mille. Ma anche per gli altri cittadini e turisti ci sarà tempo: la mostra sarà aperta fino al 30 settembre del 2024.
Monterosso: “Grazie al ministero degli Interni”
Per la nascita della mostra è stata fondamentale la collaborazione del Fondo edifici di culto del ministero degli Interni, che il direttore generale della Fondazione, Patrizia Monterosso, ha voluto ringraziare: “L’idea progettuale nasce anche con loro e permette di avere una mostra che non sia commerciale”. I reperti devono essere accessibili a tutti: “Il senso del termine ‘tesori’ fa riferimento anche al fatto che sono noti a pochi, e noi in questi anni abbiamo voluto rendere sempre più fruibile il Palazzo”.
“Questa mostra è per Palermo”
“Questa mostra è quindi per Palermo, i siciliani ma anche per i turisti, che potranno fruire di una pagina di storia importantissima – ha spiegato Monterosso – una mostra che è l’emblema di una civiltà e di una storia che hanno fatto grande non solo la Sicilia, ma anche l’Italia. Il valore è inestimabile. Abbiamo voluto mettere insieme degli elementi dialoganti che testimoniano il rapporto fra bizantiini, latini, greci e anche ebrei”. Ed è un progetto che coinvolge anche il presente: “Bisogna capire se l’arte è ancora attenta alle idee generative, e allora a fine percorso abbiamo inserito due opere della transavanguardia”, ha concluso.