È sempre utile e in qualche modo istruttivo lo spettacolo che puntualmente va in scena a Sala d’Ercole ogni anno quando si discute la finanziaria. Utile e istruttivo perché mai come in questi giorni, l’Assemblea regionale siciliana, quel gigante che costa 160 milioni di euro ogni anno (una cifra abnorme se comparata ai costi degli altri consigli regionali italiani), si svela nella sua più intima essenza. E mostra senza infingimenti e ipocrisie retoriche a quale funzione molto spesso si riduca l’obesa assise di Sala d’Ercole. E cioè a difendere interessi particolarissimi. E a salvaguardare un sistema di potere scellerato, impostato sulla profusione a fiumi di denaro pubblico per tenere in piedi posti di lavoro (elargiti ovviamente nella totale discrezionalità) che mascherano in realtà forme di assistenzialismo peloso, tradizionalmente redditizio quando c’è da andare all’incasso alle urne.
Il teatro che va in scena sulla vicenda dei forestali ha questo amarissimo sapore. Difficilmente questa testata può essere sospettata di simpatie per partito preso verso il governo. Ma davvero, in questa incredibile faccenda, è difficile ignorare le ragioni della giunta, che senza sfociare nella famosa (e abusata) macelleria sociale, si è posta il condivisibile obiettivo di mettere un po’ d’ordine nella gigantesca spesa destinata ai ventimila e passa forestali siciliani, un esercito che fa invidia al verde Canada. Il governo ha proposto un blocco dei turnover e delle promozioni e una stretta sui rimborsi benzina (a titolo d’esempio, ci sono forestali di Pioppo spediti a lavorare a Cefalù). Nel pieno di una crisi che sta lasciando senza lavoro e senza speranza migliaia di persone non tutelate, si tratta di “sacrifici” che sembrerebbero più che ragionevoli. Ma che hanno scatenato, come di consueto quando si toccano i forestali, la chiusura a riccio, bipartisan, dell’Assemblea, con il Pd in testa (e tutti gli altri, tutti sia chiaro, accodati) a condurre questa guerra santa di retroguardia. Ovviamente nel nome dei più alti e sacri principi, della tutela dei lavoratori, della concertazione – reclamata, come da copione, anche dagli indignati sindacati – e via dicendo. Il governo ha dovuto fare buon viso a cattivo gioco, accordando concessioni alle richieste dell’Assemblea. Che sa bene quanto in termini di voti i forestali rappresentino un sempiterno e abbondante granaio, da molti anni a questa parte. In particolare, la giunta ha dato seguito alle richieste più fondate dei deputati, ossia quelle relative all’applicazione dei contratti in essere. Principio rispettabile, certo, purché non si trasformi, come di consueto, in un inespugnabile baluardo di conservazione dello status quo.
E che concertazione sia, allora. Anche se, permettetecelo, ci pare molto flebile la speranza che sia quella la strada per “normalizzare” l’anomalia monstre partorita da trent’anni di assistenzialismo siculo. Senza criminalizzare intere categorie, e senza vagheggiare soluzioni drastiche e impraticabili, ci sembra che partire almeno da quei 20 milioni di rimborsi benzina sia il minimo che si deve a quanti in Sicilia finiscono ogni giorno per strada senza il paracadute di un’Assemblea regionale schierata a falange spartana in loro difesa.