TRAPANI – Decine di finanzieri sono impegnati questa mattina nell’esecuzione, in provincia di Trapani, di un sequestro di beni nei confronti di un noto imprenditore operante nel settore turistico-alberghiero. I particolari saranno resi noti nel corso di una conferenza stampa che si terrà alle 10 nella sede della Procura di Marsala.
Beni immobili, società e denaro liquido per un valore complessivo di circa 127 milioni di euro sono stati sequestrati dalla Guardia di finanza a Michele Angelo Licata, 52 anni, principale imprenditore del settore ristorazione-alberghiero di Marsala. Il maxi-sequestro è stato disposto dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Trapani su richiesta della Procura di Marsala. Si tratta – dicono gli inquirenti – della più imponente misura di prevenzione patrimoniale per “pericolosità fiscale” a livello nazionale. Nello specifico, sono state sequestrate 10 società, 3 ditte individuali e relative aziende (alberghi, lussuose sale ricevimento, resort con piscine e centro benessere, ristoranti , stabilimenti balneari e altre strutture ricettive a Marsala e a Pantelleria), 75 fabbricati, 257 terreni, 23 autoveicoli, 71 conti correnti bancari sui quali erano depositati circa 6 milioni di euro, sei polizze vita del valore di 4,6 milioni di euro e partecipazioni societarie.
Il patrimonio dell’imprenditore secondo la Procura di Marsala, diretta da Alberto Di Pisa, sarebbe stato illecitamente accumulato negli ultimi vent’anni “grazie ad una colossale e continuata frode fiscale, a numerose truffe ai Fondi comunitari e alla violazione di numerose altre norme in tema di edilizia e sanità pubblica”. In tal modo, sempre secondo l’accusa, Michele Angelo Licata si è “prepotentemente imposto nel settore turistico-alberghiero, sbaragliando la leale concorrenza, “drogando” l’economia locale”. Adesso, le indagini condotte dal Nucleo di Polizia Tributaria di Trapani e dalla sezione di pg della Guardia di Finanza della Procura di Marsala avrebbero consentito non solo di fare luce sulla “pericolosità fiscale” della famiglia Licata, ma anche di “ricostruire e mappare l’enorme patrimonio mobiliare e immobiliare riconducibile alla stessa, il cui possesso, per altro, non era assolutamente giustificabile con i redditi dichiarati dall’intero nucleo familiare”. Un primo sequestro di beni l’imprenditore l’aveva subìto lo scorso aprile, dopo il tentativo di svuotare i propri conti correnti con ingenti bonifici in favore di parenti fino a quel momento non coinvolti nelle indagini. (ANSA)