Stavolta, Mondello ha il viso e le nuvole di un ragazzino imbronciato, costretto a tornare sui banchi, dopo una lunga estate. L’unica luce è un tremolio sulle onde del mare.
La casa dello scrittore Roberto Alajmo è, comunque, luminosa. Come se da qualche parte ci fosse un magnete capace di attirare e riflettere ogni vibrazione del sole. In cucina è pronta la colazione per il figlio, toast e marmellata. Incombe la partita da tennis della domenica mattina. Nell’attesa si chiacchiera. Di politica, di cultura, di cronaca. Di tutto ciò che riempie i sonni inquieti di uno scrittore siciliano, di un lucido testimone degli eventi che ha anche messo su un elegante blog (www.robertoalajmo.it) per discutere con altri viaggiatori circa i segni e la rotta dei tempi.
Alajmo, per spiegare un’epoca che a molti appare oscura, di solito si dice: è colpa della mancanza di cultura. E si allargano le braccia come davanti alla pioggia che cade per imperizia dei governi ladri.
È così?
“Bisognerebbe intendersi sull’uso e sul significato del termine ‘cultura’. Personalmente, tanto per fare un esempio, ritengo che Palermo stia attraversando un periodo di fertilissimi fermenti culturali”.
Davvero?
“Sì. Solo che la cultura prodotta a Palermo la esportiamo. Se la godono a Treviso, a Firenze… Dappertutto, ma non nel luogo in cui è nata”.
Disdoro delle istituzioni?
“La cultura non è più finanziata dalla mano pubblica. Questo, da un lato ha creato evidenti problemi. Dall’altro ha messo a punto un meccanismo di feroce selezione. Sopravvive chi ha qualcosa da dire”.
Chi sono i siciliani che sono riusciti a venire fuori dalla giungla?
“Davide Enia, Emma Dante. Non li scopro io”.
Che fanno faville, generalmente, in terre assai lontane
“Già, perché il pubblico non fa nemmeno il poco che potrebbe. Concedere spazi gratis ai suoi artisti migliori”.
A Palermo il sindaco si chiama Diego Cammarata
“Il peggiore di tutti”.
Di tutti tutti? Non le sembra di esagerare?
“Bè, certo non peggio di Lima e Ciancimino. Ma io non me li ricordo, li ho rimossi. Da quando sono un cittadino consapevole, in fondo alla classifica c’è lui”.
E la sinistra?
“Legata a piccole satrapie locali che raccolgono voti in forza di un consenso personale, destinato ad esaurirsi”.
Uno scenario apocalittico
“Non ancora, il big bang della crisi non è arrivato. E poi a Palermo siamo bravissimi a scavare, una volta toccato il fondo”.
Ottimista…
“A lungo periodo sì. A breve, no. Il collasso complessivo è evidente, a Palermo, in Sicilia e non solo”.
Che ci vuole per tornare a respirare?
“Qualcuno che abbia le idee chiare. Un politico giovane e aperto che non si faccia intimidire da una sconfinata fila di mummie e che sappia dove andare”.
Cosa dovrà fare costui?
“Semplicemente eccellere in un’altra disciplina che vede i palermitani primi al mondo”.
Cioè?
“Saltare la fila”