Mannino assolto, appello dei pm| Riparte il processo infinito - Live Sicilia

Mannino assolto, appello dei pm| Riparte il processo infinito

L'imputato Calogero Mannino

Trattativa Stato-mafia. Sul ricorso dei pubblici ministeri c'è il visto del procuratore di Palermo.

PALERMO – “Faremo appello”, aveva detto il pubblico ministero Antonino Di Matteo subito dopo l’assoluzione di Calogero Mannino nella tranche del processo sulla Trattativa Stato-mafia. Posizione ribadita nel corso di un’intervista televisiva. Detto, fatto.

Il procuratore aggiunto Vittorio Teresi, assieme ai sostituti, oltre a Di Matteo ci sono anche Roberto Tartaglia e Francesco Del Bene, presentano il ricorso sul quale, e non è un dettaglio, c’è il visto del procuratore Francesco Lo Voi. È un gesto di compattezza della Procura palermitana. Non era e non è il processo di Lo Voi, nel senso che alla guida dei pm palermitani il magistrato è arrivato quando il dibattimento era già in corso. Avrebbe potuto defilarsi. Il suo visto non era formalmente necessario, visto che anche un singolo pubblico ministero avrebbe potuto appellare la sentenza. Ed invece il procuratore ha scelto la strada della compattezza.

Meno netta, ad esempio, era stata la posizione del suo predecessore, Francesco Messineo, che all’inizio non firmò l’avviso di conclusione delle indagini sulla Trattativa, ma poi scrisse in calce il suo nome sulla richiesta di rinvio a giudizio. Eppure, stavolta sì, era il processo di Messineo e di Antonio Ingroia che aveva coordinato le indagini da procuratore aggiunto.

Che la Procura si sarebbe mossa compatta si era intuito il giorno dell’assoluzione di fine novembre 2015. Mannino era stato durissimo: “I pm si sono dimostrati privi del senso comune, pensare che potessi condizionare tutti è ridicolo”. A chi gli faceva notare che Di Matteo aveva annunciato di impugnare la sentenza, l’ex ministro replicò: “Di Matteo è il pm che ha fatto condannare persone innocenti a Caltanissetta. E nessuno gli chiede conto e ragione di ciò, forse con la sua ostinazione voleva ripetere l’errore”.

“Sono fiero di aver contribuito ad accertare la responsabilità di più di venti soggetti definitivamente condannati per la strage di via d’Amelio – rispose il pm -. Sono ancora più fiero che da quel lavoro siano venuti spunti concreti per ritenere che quella strage non sia solo di mafia. Sono convinto che oggi chi continua a ritenere necessario indagare in questa direzione viene esposto e chiamato a pagare prezzi spesso troppo alti”.

In quel botta e risposta a distanza si inserì Lo Voi, al termine di una giornata convulsa: “Leggo solo ora le dichiarazioni rilasciate dall’onorevole Mannino. A tal proposito rilevo che aver conseguito un’assoluzione, peraltro in primo grado e non con formula piena, non può autorizzare a lanciare ingiuste accuse contro i pm che hanno rappresentato l’accusa. Credo che un po’ di moderazione non guasterebbe”.

Il processo infinito, dunque, riprende il suo corso. E dire che per scelta dell’imputato doveva essere abbreviato. È iniziato nel 2013. Due anni dopo l’assoluzione. Infine il giudice per l’udienza preliminare Marina Petruzzella si è presa un anno per scrivere le motivazioni con cui non ha risparmiato critiche all’impianto accusatorio. Demolito a partire dall’attendibilità dei collaboratori di giustizia Giova­nni Brusca e Massimo Ciancimino. Il giudice parlava di prove “inadeguate”, di “suggestiva circolarità probatoria”, di “interpretazioni indimostrate”.

Sempre Di Matteo, però, aveva anticipato di avere individuato delle contraddizioni nel ragionamento di Petruzzella. Per sapere quali bisognerà attendere qualche ora quando si conosceranno i motivi di appello.

 


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