ACIREALE – Agata Scuto, comparsa nel nulla dieci anni fa, è stata uccisa. Ne sono convinti gli investigatori della procura di Catania che hanno chiesto e ottenuto dal gip un’ordinanza di custodia in carcere nei confronti di Rosario Palermo, 61 anni ad aprile, che è accusato di omicidio aggravato e occultamento di cadavere. Il cadavere della 22enne non è stato mai ritrovato. La scomparsa di Agata fu denunciata dai familiari nel giugno del 2012.
Quella che si è conclusa è stata un’indagine molto articolata. L’indagato, con l’aiuto di conoscenti, ha provato a inquinare le prove e ha fornito agli inquirenti un falso alibi (anche confermato da altri). In questo terreno di omertà e falsità si sono mossi i carabinieri di Acireale che sono riusciti a raccogliere diversi elementi che hanno portato a indirizzare l’attenzione verso l’uomo. Il 60enne, convivente della madre della vittima, avrebbe instaurato nell’ultimo periodo di vita della ragazza – che non usciva mai da sola e non poteva avere contatti con altri – un rapporto particolare. L’indagato avrebbe anche mentito ai militari sui suoi spostamenti il giorno della scomparsa di Agata.
A dare avvio alle indagini è stata la trasmissione televisiva Chi l’ha visto? di Rai Tre nel 2020. Una persona – all’epoca rimasta anonima – ha raccontato che il corpo di Agata Scuto – affetta da epilessia e di una menomazione a un braccio e alla gamba – era nascosto nella cantina della madre.
Grazia a nuovi strumenti tecnologici però i carabinieri hanno accertato che non c’era alcun cadavere, ma comunque hanno cominciato a raccogliere diverse testimonianze e hanno verificato gli spostamenti anche di Rosario Palermo, convivente all’epoca della madre di Agata. I sospetti si sono concentrati subito sull’indagato per l’emergere di quel rapporto particolare che si sarebbe instaurato tra i due. I carabinieri hanno scoperto che il 61enne non era mai stato a raccogliere origano sull’Etna e nemmeno lumache come ha sempre sostenuto nei vari interrogatori.
Un tassello chiave dell’indagine – che comunque è nella fase embrionale e non vi è stato ancora contraddittorio tra le parti – è una conversazione intercettata dai carabinieri. Palermo all’interno dell’auto ha manifestato il proprio timore di essere arrestato. In quello sfogo pieno di paura ha anche indicato come possibile teatro dell’omicidio un casolare a Pachino dove la giovane donna sarebbe stata strangolata e bruciata. L’indagato avrebbe anche riflettuto sulla necessità di andare a vedere cosa fosse rimasto del corpo.
A questo si aggiungono tutti i tentativi di crearsi un alibi, con la complicità di diversi conoscenti. Palermo avrebbe predisposto una vera e propria sceneggiatura da film: avrebbe creato delle tracce per simulare che il giorno della scomparsa di Agata si sarebbe ferito gravemente a una gamba a causa – a suo dire – di una caduta in montagna. Durante la pandemia, nonostante il lockdown, Palermo ha cercato di nascondere un tondino di ferro intriso del suo sangue sull’Etna. Questo al fine di dimostrare, quando lo avrebbero arrestato, il suo alibi e la sua innocenza.