Montante, ecco la sentenza d'appello: riduzione di pena - Live Sicilia

Montante, ecco la sentenza d’appello: riduzione di pena

Cosa hanno deciso i giudici
LA DECISIONE
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CALTANISSETTA – La corte d’appello di Caltanissetta ha condannato l’ex presidente di Sicindustria, Antonello Montante, a 8 anni per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e accesso abusivo al sistema informatico. In primo grado aveva avuto 14 anni.

Condannati anche alcuni componenti del suo “cerchio magico”, accusati a vario titolo di corruzione, rivelazione di notizie coperte dal segreto d’ufficio e favoreggiamento. A 5 anni è stato condannato il capo della security di Confindustria Diego Di Simone (il gup gli aveva dato 6 anni e 4 mesi), a 3 anni e 3 mesi il sostituto commissario Marco De Angelis, (4 in primo grado). Assolti il colonnello Gianfranco Ardizzone, ex comandante provinciale della Guardia di Finanza di Caltanissetta, che in primo grado aveva avuto 3 anni, e Andrea Grassi, dirigente della prima divisione dello Sco che aveva avuto un anno e 4 mesi.

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Le accuse e il primo grado

Montante, secondo l’accusa, avrebbe anche compiuto una attività di dossieraggio per colpire gli avversari e avrebbe condizionato la politica regionale. In primo grado era stato condannato a 14 anni di reclusione per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e accesso abusivo al sistema informatico.

Montante, come gli altri quattro imputati, aveva scelto il rito abbreviato. L’accusa in giudizio è stata sostenuta dal sostituto pg di Catania Giuseppe Lombardo perchè la ex procuratrice generale di Caltanissetta Lia Sava si è dovuta astenere.

Non si è ancora concluso invece in primo grado il processo in ordinario che riguarda altri 17 imputati. Si tratta dell’ex presidente del Senato Renato Schifani, l’ex direttore dell’Aisi Arturo Esposito, il caporeparto dell’Aisi Andrea Cavacece, Massimo Romano, Massimo Cuva, il colonnello dei carabinieri Giuseppe D’Agata, il sindacalista Maurizio Bernava, gli imprenditori del settore sicurezza Andrea e Salvatore Calì, Rosetta Cangialosi, Carmela Giardina e Vincenzo Mistretta (tre dipendenti di Montante), il poliziotto Salvatore Graceffa; il dirigente di Confindustria Carlo La Rotonda; il maggiore della Guardia di Finanza Ettore Orfanello; il luogotenente Mario Sanfilippo e il colonnello dei carabinieri Letterio Romeo.

Nell’ambito della stessa inchiesta ha preso il via, nei confronti di 10 imputati, il cosiddetto processo “Montante bis”. Dieci gli indagati a vario titolo per associazione a delinquere, corruzione, abuso d’ufficio e finanziamento illecito ai partiti, compreso l’ex governatore siciliano Rosario Crocetta e gli ex assessori regionali alle Attività produttive Linda Vancheri e Mariella Lo Bello.

Interviene il presidente dell’Antimafia

“Sono convinto che la forza delle mafie debba essere individuata nella debolezza con cui le istituzioni preposte a combattere le stesse affrontano tale problema. Purtroppo il Sistema Montante, attraverso infiltrazioni nell’ambito delle forze di polizia, del giornalismo e della magistratura, ha dimostrato di potere indebolire questa azione di contrasto”. Lo ha detto il presidente della commissione parlamentare Antimafia Nicola Morra, oggi a Caltanissetta prima della sentenza in Corte d’Appello sul sistema Montante. “Adesso – ha continuato Morra – verificheremo che cosa succede qui in secondo grado. La mia convinzione è che comunque il sistema Montante sia stato un sistema perverso di relazionalità che hanno anteposto l’interesse particolare all’interesse generale. La mia convinzione è che questo sistema debba diventare un casus per capire come l’azione di contrasto alle mafie debba essere condotta senza concedere nulla a favori, a interessi personali, a rating di legalità inesistenti che poi di fatto hanno prodotto espulsioni zero dal mondo di Confindustria”. “Noi dobbiamo fare prevenzione – ha concluso Morra – attraverso incontri pubblici, seminari, manifestazioni, ma tutto questo non deve minimamente servire a creare finti miti che poi fanno l’ascesa al potere e da Roma addirittura influenzano le nomine di prefetti come è stato rivelato da alcune intercettazioni telefoniche che hanno visto Montante relazionarsi all’allora ministro Alfano”.


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