Disorientata, silente e sotto choc: Trapani e la maledizione di Maltese - Live Sicilia

Disorientata, silente e sotto choc: Trapani e la maledizione di Maltese

Viaggio nella città scossa dal ciclone politico-giudiziario nato dai casi D'Alì e Fazio.

TRAPANI – Il termometro della situazione lo danno le parole che Vito Damiano esprime in uno dei pomeriggi più neri per Trapani: “La politica non mi interessa, quindi non ne parlo”, dice il sindaco uscente. Frase pronunciata “non in veste di primo cittadino – precisa – ma di rappresentante dell’Ente Luglio musicale trapanese”, e che nulla aggiunge a quel messaggio sibillino postato sul proprio profilo Facebook nel giorno in cui l’amico di un tempo, Mimmo Fazio, finiva ai domiciliari con l’accusa di corruzione: “Adesso mi è ancora più chiaro perché tanto smodato accanimento contro di me”, scriveva venerdì mattina l’ex generale dei carabinieri ‘prestato’ alla politica. In seguito, a margine di un incontro pomeridiano, non scioglieva i dubbi sul significato di quelle parole: “Libera interpretazione…”. Eccola la Trapani ‘alla finestra’, che in 24 ore è uscita due volte dal cono d’ombra della provincia per finire nei titoli dei tg nazionali: prima la richiesta di soggiorno obbligato formulata dalla Procura di Palermo nei confronti del senatore di Forza Italia Antonio D’Alì, poi l’arresto di Fazio e del potente armatore di Liberty Lines Ettore Morace, figlio di Vittorio ‘il comandante’, patron di un Trapani Calcio che per ironia della sorte nelle stesse ore finiva spedito verso l’inferno della Lega Pro.

C’è una campagna elettorale di mezzo, con D’Alì e Fazio, i due principali competitor per il Comune, colpiti ma ancora in corsa, eppure da queste parti non si respira aria da redde rationem tra giustizialismo e e innocentismo. Via Giovan Battista Fardella spacca in due la città: da un lato la litoranea nord, che attende il completo recupero, dall’altro il lungomare nobile, quello che i trapanesi chiamano ‘La Marina’, da dove gli aliscafi di Morace salpano e fanno rotta verso le Egadi. Una distinzione netta che non trova un riscontro speculare nella cupa atmosfera politico-giudiziaria creatasi da giovedì mattina: Trapani da allora è scossa e turbata dalla “maledizione del Commissario Maltese”. E’ così che i trapanesi hanno ribattezzato quanto avvenuto nelle ultime ore: autoironia (amara) su una fiction che ha raccontato sul piccolo schermo una città dell’affarismo e degli intrecci datata anni Settanta. Trapani “sotto choc” e “disorientata”, tra i caffè di una ordinatissima via Garibaldi come a Torre di Ligny che da 350 anni assiste all’unione tra il Mediterraneo e il Tirreno dalla lingua di terra su cui sorge: città sbigottita davanti alla rottura della sua placida routine ma pressoché silente. Non è omertà ma prudente continenza verbale, in linea con lo stile sobrio del vescovo, monsignor Pietro Maria Fragnelli. Nessuna dichiarazione ufficiale dal più alto rappresentante della chiesa trapanese, anche se dalla curia di corso Vittorio Emanuele non si nasconde “la preoccupazione” per quanto accaduto. Eventi che richiedono “una attenta riflessione” con il mondo ecclesiale della città, prima di una eventuale presa di posizione. 

Cautele e prudenze che si respiravano anche tra gli ospiti del salone vescovile dove i giovani di ‘Trapani per il futuro’ avevano invitato i candidati alla carica di sindaco per un confronto ridottosi infine a un duello Pd-M5s. “E’ un brutto momento per Trapani”, sussurrava con un profondo respiro Piero Savona, l’uomo su cui il Pd ha puntato le sue fiches. Concetto espresso anche nella nota di poche ore prima in cui il candidato dem sottolineava il “bisogno di normalità e di pacificazione” da parte della città. E ancora: “Prendiamo atto delle attività delle forze dell’ordine e della magistratura, convinti sempre che l’affermazione della legalità sia priorità. Andiamo avanti con il nostro programma”. Toni contenuti anche in casa Cinquestelle, dove l’architetto Marcello Maltese guida il primo assalto pentastellato a Palazzo D’Alì nella storia di Trapani. “Non sono cose che fanno piacere per la città ma per noi non cambia nulla – le sue parole -. Abbiamo incentrato la campagna elettorale sulle nostre proposte e non sugli attacchi personali. Andiamo avanti con le passeggiate fra i cittadini e con il porta a porta per convincere ogni singolo trapanese a voltare pagina”. Nel comitato elettorale di corso Piersanti Mattarella, di fronte alla caserma Giannettino che ospita il Sesto Reggimento bersaglieri, c’è anche il senatore Maurizio Santangelo, che un anno fa aveva presentato una interrogazione proprio sul monopolio di Liberty Lines nei collegamenti marittimi e sulla acquisizione di Siremar da parte della compagnia di Morace. Santangelo prova ad alzare l’asticella: “Ciò che è accaduto non è nulla di nuovo per la gente di Trapani – è il pensiero – che conosce bene certi sistemi che hanno fatto del male a questa città. L’iniziale comprensibile disorientamento deve lasciare spazio alla voglia di reagire che tanti trapanesi hanno. Bisogna recidere certi legami”.

Da Palermo e dalla stessa Trapani, intanto, rimbalzano richieste di un rinvio delle elezioni dovuto al caos di questi giorni: “Non avrebbe senso – rispondono Maltese e Santangelo -, i fatti contestati non riguardano l’attuale amministrazione. La campagna elettorale deve andare avanti”. Secco no al rinvio anche da parte di Giuseppe Marascia, outsider in corsa con il movimento Città a misura d’uomo: “Sarebbe un colpo di Stato”, dice senza mezzi termini l’avvocato civilista che alle Regionali del 2012 andò in lista con Rivoluzione Siciliana di Cateno De Luca (“erano gli unici a parlare di moneta siciliana”) raccogliendo 264 voti. Le cause del terremoto giudiziario che ha scosso Trapani sarebbero da ricercare “nelle politiche neoliberiste che prevedono business con soldi pubblici”, mentre “la ricetta giusta è quella dell’internalizzazione dei servizi”. Marascia intende parlare di legalità al confronto fra sindaci ma viene stoppato e abbandona il campo anzitempo in polemica. La proposta choc della sua campagna elettorale? Costruire un vero teatro per Trapani: un sogno che può costare “tra i sette e gli undici milioni di euro ma che sarebbe perfettamente realizzabile – spiega – attraverso una tassa di scopo”.

In attesa del teatro i trapanesi vivono il loro venerdì di passione, nonostante la settimana santa e la processione dei Misteri siano state archiviate da oltre un mese. C’è anche una retrocessione da digerire, insieme con un giro di campo che appena una settimana fa vide protagonisti i Morace e l’amico Fazio alla vigilia della sconfitta interna col Cesena. Ci prova Vito Pizzardi, vicepresidente del Trapani Club Guarrato, il più antico covo del tifo granata: “Quella passerella andava evitata”, sentenzia. “La retrocessione? Troppi errori di valutazione da parte di una dirigenza che ha avuto comunque il merito di aver tentato di correre ai ripari. Gli interventi, però, sono stati tardivi”. Saggezza e competenza che derivano da 46 anni di tifo granata e che ora mettono in guardia: “Temo per il Trapani, che è un fiore all’occhiello per questa città in termini sportivi e sociali”. Una conferenza stampa fissata per oggi dovrebbe chiarire il futuro del tecnico Alessandro Calori: per il resto servirà del tempo e Trapani sarà ancora lì, alla finestra, con la speranza nascosta di schivare le maledizioni.


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