PALERMO – Una deroga alla “Delrio” e un ricorso contro il decreto di Delrio. I problemi più recenti, per il governatore Crocetta, hanno la sagoma dell’attuale ministro alle Infrastrutture. Ieri, ad esempio, una delegazione siciliana si è recata a Roma. L’obiettivo era quello di “strappare” al governo nazionale un “lasciapassare” in vista delle nuove modifiche a una riforma, quella dei Liberi Consorzi, che appare davvero infinita. Il via libera chiesto al ministro degli Affari regionali Enrico Costa riguarda proprio una “deroga” alla legge nazionale Delrio, che consenta il ritorno alle elezioni dirette.
Una scelta che, a dire il vero, la Sicilia potrebbe compiere da sola, visto che la potestà legislativa in questo caso spetta proprio al parlamento dell’Isola. Ma non è così semplice. Perché nel frattempo, il presidente della Regione, con l’accordo che ha previsto la rinuncia ai contenziosi con lo Stato in materia contabile e la rivisitazione dei decreti attuativi dello Statuto, si è anche impegnato a recepire interamente la legge Delrio. Gettando nel cestino una riforma annunciata in tivù, mai completata, e ridotta a un semplice, lunghissimo commissariamento degli enti.
Ma i deputati “in missione” a Roma, con tanto di capogruppo del Pd Alice Anselmo al seguito, hanno provato a evitare l’altro guaio: quello di una possibile impugnativa che possa costringere l’Ars a fare tutto da capo. Per un’altra volta. Ma tutto passa da lì: la Delrio si piegherà alle esigenze dell’Assemblea regionale che vuole tornare alle elezioni “classiche”?
Intanto, il governatore si prepara a fare la voce grossa su un altro tema caldissimo. Quello dei porti. Domani a Messina, si legge in una nota di Palazzo d’Orleans, “il presidente mostrerà le carte che faranno finalmente chiarezza sulla vicenda delle Autorità portuali in Sicilia e le distribuirà alla stampa”. Una operazione verità al culmine di polemiche che sfiorano ormai il vero e proprio scontro istituzionale. Ma in questo caso, il “caso” di Augusta e Catania sembra entrarci poco e niente. Il pensiero di Crocetta è altrove: “Qualcuno – ha detto oggi – potrebbe impugnare qualche atto del governo nazionale davanti alla Corte costituzionale e quel qualcuno potrei essere io: per esempio riguardo all’ipotesi di fusione di Messina nell’autorità portuale di Gioia Tauro. Io sono assolutamente contrario”.
Come mai il pensiero di Crocetta è più concentrato su Messina che su Augusta? Per spiegarlo forse serve una piccola ricostruzione: il piano di Delrio prevede infatti la creazione dell’Autorità di sistema portuale dello Stretto che individua Gioia Tauro come sede dell’ente che comprende anche i porti di Crotone (porto vecchio e nuovo), Corigliano Calabro, Taureana di Palmi, Villa San Giovanni, Vibo Valentia, Reggio Calabria, Messina, Milazzo, Tremestieri.
Una scelta che, a dire il vero, non era piaciuta a Crocetta già un anno fa: secondo il governatore Messina in questo modo perderebbe la sua centralità, mentre l’accorpamento con Gioia Tauro rischierebbe di far giungere in Sicilia persino le influenze della ‘ndrangheta. Parole che non piacquero, alla fine del 2015, alle autorità calabresi che hanno giudicato l’uscita di Crocetta “offensiva”. Mentre alcuni politici messinesi, come l’ex ministro D’Alia hanno fatto intendere che dietro le dichiarazioni del governatore ci potesse essere la volontà di tutelare qualche gruppo imprenditoriale amico. In questo caso, quello della famiglia Franza, che da cinquant’anni svolge il servizio di traghettamento sullo Stretto, e che potrebbe indebolirsi in seguito alla fusione del porto messinese nell’ente con sede in Calabria.
Lo stesso Crocetta, del resto, più di un anno fa, aveva ammesso al giornale Tempostretto.it: ““Perché non dovrei supportare gli imprenditori siciliani? O messinesi? Abbiamo garanzie che l’imprenditoria siciliana potrà avere spazi oppure accadrà solo il contrario?”. E domani si parlerà anche di questo, nella conferenza stampa in cui Crocetta porterà avanti la sua operazione-verità. In difesa dell’Autorità portuale messinese. Mentre infuriano ancora le polemiche e restano fitte le ombre sul caso del trasferimento dell’Autorità di Augusta a Catania. Ma questa è un’altra storia.
A poco a poco sta venendo fuori che Crocetta non era quel mostro che si è voluto dipingere. Inserito nella macchina del fango per via delle sue frequentazioni in Confindustria Sicilia (che all’epoca era icona antimafia peraltro) e infamato quotidianamente dalle lobby cui dava evidentemente fastidio.
Con tutti i suoi limiti, forse è stato il Presidente della Regione più dignitoso di sempre. Dopo di lui uno ancora più limitato è stato premiato ed è stato fatto Ministro.
Se la stampa e la Magistratura avessero avuto con crocetta lo stesso atteggiamento benevolo che hanno tenuto con musumeci, probabilmente Crocetta avrebbe fatto il presidente fino a un mese fa.