CATANIA – II business delle altre famiglie decapitate dalle operazioni antimafia e gli intrecci con il Ragusano e con la ‘ndrangheta. Ecco i particolari della relazione semestrale della Dia, che a Catania opera sotto la guida di Carmine Mosca. LEGGI LA MAPPA DEI BOSS – TUTTI I NOMI
Le ramificazioni
Anche la famiglia Mazzei, radicata nel cuore del capoluogo etneo, secondo la Dia potrebbe contare su articolazioni operanti a Bronte, Maletto, Maniace e a Scicli, nel Ragusano, sul gruppo dei Mormina. “L’organizzazione appare allo stato depotenziata dalle indagini e dalle condanne irrogate ai maggiorenti nel corso degli ultimi anni. Alla stregua degli altri consessi criminali anche tale consorteria oltre ad essere attivamente inserita nel campo degli stupefacenti, delle estorsioni, delle scommesse illegali e dei rifiuti si sta affermando nel nuovo business riguardante il traffico di prodotti petroliferi. Nel semestre la famiglia non è stata interessata da significative operazioni di polizia”.
Per ciò che riguarda la famiglia La Rocca, la recente scomparsa di Ciccio La Rocca, che risale a due anni fa, avrebbe determinato il passaggio della reggenza per successione al figlio. “Tale circostanza – scrive la Dia – potrebbe indurre il sodalizio egemone nell’area calatina ad assumere nuovi contorni e assetti interni. Come in premessa cennato sul territorio insistono ulteriori sodalizi che si connotano per un livello meno evoluto rispetto a cosa nostra ma appaiono ugualmente temibili dal punto di vista degli effetti criminali. Si tratta in sostanza di alcuni clan organizzati e radicati nel territorio catanese sia cittadino sia provinciale dal quale tendono ad espandersi anche nelle province vicine. I clan Cappello-Bonaccorsi-Laudani risultano tra i più attivi nel panorama criminale etneo in virtù del numero degli affiliati e per l’organizzazione tipicamente militare che li caratterizza. Il sodalizio dei Cappello-Bonaccorsi, i cosiddetti Carateddi, ha mantenuto un rilevante spessore criminale anche fuori provincia in particolare a Siracusa e Ragusa con interessenze in alcuni Comuni dell’ennese e nell’intera fascia jonica, ove è rappresentato dal gruppo mafioso dei Cintorino, sorto nel centro di Calatabiano. Nel semestre il clan ha confermato la capacità di estendere i suoi interessi anche al di fuori dei contesti regionali stringendo patti e alleanze con mafie differenti. È quanto emerge dagli esiti dell’operazione “Crypto”, conclusa dalla Guardia di Finanza di Catanzaro il 14 settembre 2021, che ha svelato e disarticolato una complessa consorteria criminale composta da soggetti di vertice delle ‘ndrine operanti nei territori di Rosarno e Gioia Tauro dedita al narcotraffico internazionale declinato sulla nuova rotta Rosarno – Catania – Malta. L’organizzazione trans nazionale che pianificava importazioni di cocaina dall’Olanda, Germania, Belgio e Spagna riusciva ad approvvigionare le più importanti piazze di spaccio locali e Malta. Il collegamento Rosarno – Catania ha evidenziato come “…i legami tra i rosarnesi e gli esponenti del clan “Cappello” di Catania, avevano origini storiche, a voler significare che gli affari tra i due gruppi criminali andavano avanti da diversi anni e non si erano interrotti nemmeno dopo che la famiglia … era stata decimata”.
Le scommesse illegali
Il sodalizio attivo tra l’altro nel settore delle scommesse illegali e dei giochi online nel semestre ha confermato la sua vitalità nel traffico di stupefacenti. In particolare il 16 novembre 2021 nell’ambito dell’operazione “Alter Ego”, i Carabinieri hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 12 persone tra i quali figurano alcuni appartenenti al clan Cappello-Bonaccorsi e alla famiglia Santapaola – Ercolano che sono state ritenute responsabili di gestire un vasto traffico di droga proveniente dall’Albania, Olanda, Calabria e Puglia. L’indagine avrebbe permesso di delineare il ruolo rivestito da alcune figure di spicco di diverse famiglie mafiose all’interno dello scenario criminale etneo mettendone in luce relazioni, contatti e dinamiche riferiti al traffico di ingenti quantità di droga utili all’approvvigionamento anche oltre i confini regionali e nazionali”.
Emergerebbe ancora una volta la centralità del business che porterebbe organizzazioni criminali contrapposte e spesso rivali a convivere sullo stesso territorio rinunciando alla violenza e a conflitti cruenti in favore degli “affari”. Gli esiti investigativi evidenziano infatti come non si sia riscontrato “tra gli indagati il perseguimento di un programma criminoso condiviso attraverso un’organizzazione comune, ma piuttosto la dedizione di ciascuno al proprio commercio di sostanze stupefacenti”.
“Comune punto di riferimento sarebbe stato un soggetto la cui figura è da considerarsi cruciale nello scacchiere del traffico di droga – prosegue la relazione -. Si tratterebbe di un vero e proprio intermediario nella gestione del traffico illecito per la sua capacità di intrattenere simultanei contatti con affiliati a famiglie mafiose anche contrapposte. Lo stesso infatti operando con una certa autonomia e riconosciuta affidabilità si poneva quale broker riuscendo a garantire grosse forniture di cocaina, hashish, marijuana, a calmierare i prezzi, ad assicurare profitti e le richieste dei clienti. L’analisi degli atti d’indagine evidenzia nonché come egli sia “soggetto vicino o un affiliato all’associazione mafiosa Cappello-Bonaccorsi che, in tale ambito, era un grosso fornitore di stupefacenti, ma agiva con una certa autonomia tanto che … riforniva anche appartenenti ad altre associazioni mafiose”. Nel semestre uno dei vertici del sodalizio è stato colpito da un provvedimento di sequestro di beni, in virtù non solo del suo ruolo di responsabile del gruppo del clan Cappello operante in via della Concordia, “ma anche di trait d’union sia con il suo sodalizio operante nei territori di Catenanuova-Centuripe-Regalbuto (dedito a corrispondere parte dei proventi delle illecite attività al clan Cappello proprio per il suo tramite), sia con il capo dell’organizzazione e la sua compagna con i quali si rapportava allorquando dovevano essere assunte decisioni nel nome e nell’interesse del clan. Il provvedimento ha consentito di porre sotto sequestro circa 500 mila euro tra beni mobili, immobili e rapporti finanziari”.
Gli arresti
Le attività repressive condotte negli anni hanno determinato l’arresto dei vertici e creato dei vuoti nelle posizioni di comando determinando così uno stato d’instabilità fra le varie frange del clan. Sembrerebbe dunque plausibile, secondo la Dia, che i Cursoti, storici antagonisti dei Cappello, abbiano trovato proprio nell’assenza di capi dal carisma criminale riconosciuto anche da altre consorterie terreno fertile per il violento scontro a fuoco che nel mese di agosto 2020 ha portato all’omicidio di due affiliati ai Cappello nel quartiere di Librino. “Oltre alla conflittualità con il clan Cappello – prosegue la relazione – i Cursoti si affermano sul territorio per le estorsioni, rapine, gioco d’azzardo e traffico di droga. Particolarmente violenti e avvezzi all’uso delle armi sono divisi in due frange, quella dei Cursoti catanesi e quella dei Cursoti milanesi, questi ultimi sarebbero maggiormente attivi nel panorama criminale intrattenendo rapporti anche con sodalizi dell’ennese”.