“La cava è cosa nostra”. Un’estorsione che vale quasi due milioni di euro. I carabinieri di Paternò hanno arrestato un intero nucleo familiare (padre detenuto, due figli e la moglie) che aveva messo sotto scacco un imprenditore di Belpasso specializzato nella lavorazione ed estrazione della pietra lavica. Il timbro è la famiglia Santapaola-Ercolano.
I nomi
Al carcere di San Gimignano è arrivata la notifica dell’ordinanza del gip al boss Giovanni Rapisarda (alias Sansuneddu), esponente storico della famiglia Santapaola-Ercolano e condannato all’ergastolo per l’omicidio dell’imprenditore di Catania Giuseppe Scaringi nel 1993. Con il 64enne sono stati arrestati anche i figli Giuseppe (con precedenti per droga) e Valerio, rispettivamente di 36 e 30 anni, e la moglie Santa Carmela Corso, 61enne. Il provvedimento è frutto di un’indagine dei carabinieri di Paternò che si è svolta tra febbraio e maggio di quest’anno culminata con arresti in flagranza per estorsione aggravata dal metodo mafioso. Poi convalidati dal gip.
La lettera dal carcere
“Rapisarda, sebbene detenuto, impartiva direttive ai suoi familiari in particolare alla moglie e ai figli redigendo egli stesso in un’occasione una lettera dai toni intimidatori indirizzata alla vittima, alla quale è stata richiesta dal 2012 a oggi la cifra complessiva di un milione e settecento mila euro”, spiega il capitano Gianmauro Cipolletta, Comandante della Compagnia Carabinieri di Paternó.
L’inchiesta
Ma riavvolgiamo il nastro. L’inchiesta della Dda etnea è partita dopo il monitoraggio dei carabinieri che hanno notato le troppe visite dei fratelli Rapisarda nella sede della ditta. Le telecamere installate all’interno dell’azienda hanno permesso ai militari di comporre il puzzle. E così è stato scoperto che l’ergastolano, nonostante il carcere, avrebbe richiesto attraverso i figli e la moglie – con il ruolo di messaggeri – il versamento di diverse somme sin dal 2012. Denaro da pagare mediante soldi in contante, assegni, cambiali e l’acquisto di un escavatore. La vittima si trovata in una ciclone senza fine. Un ramo d’azienda è stato già acquisito da altri componenti della famiglia Rapisarda, precisamente fratelli e sorelle di Giovanni Rapisarda. L’imprenditore avrebbe già consegnato 700.000 euro negli ultimi 10 anni per crediti “illecitamente vantati di 1.000.000 di euro”. Ma questo non sarebbe bastato. Infatti avrebbe ricevuto un’altra richiesta estorsiva di 700.000 euro, che sarebbe stata dilazionata in 5 anni con il pagamento di 1.500 o 3.000 euro settimanali. In alternativa avrebbe potuto cedere l’intera azienda.
Gli arresti in flagranza
I Carabinieri di Paternò per fermare l’azione criminale hanno arrestato in flagranza Giuseppe Rapisarda e la mamma Santa Corso. Figlio e moglie dell’ergastolano si erano recati nei giorni scorsi nella ditta e sono stati trovati dai militari con una busta in mano. All’interno 2000 euro appena consegnati dall’imprenditore belpassese. Per gli investigatori si tratta della rata dell’estorsione. Nel corso di uno degli ultimi incontri, Rapisarda junior avrebbe chiarito che quei soldi gli erano dovuti in quanto la cava della vittima (“(..) era la nostra cosa, (..), perché oramai non è che è un giorno, dodici anni, tredici anni e dobbiamo chiudere sta partita…vedi tu cosa vuoi fare!”). L’indagato avrebbe insistito:“(..) che i o te lo avevo detto..mio padre il suo piacere è questo, perché qui era la cosa sua..”
I tre arrestati sono detenuti nelle carcere di Grosseto e Catania Bicocca.