CATANIA – Fare il mafioso, detenuto o no, con il clan Santapaola assicurava agli appartenenti al clan uno stipendio. Lo ha rivelato il pentito Carmelo Aldo Navarria, che da anni è un punto di riferimento contro i clan Santapaola Ercolano e i loro alleati. Le dichiarazioni di Navarria sono tra i punti fondamentali in mano alla Dda, che hanno dato il via all’inchiesta “Old Horse”.
Ha raccontato Navarria: “Io durante tutta la mia detenzione durata circa 26 anni ho continuato a percepire lo stipendio dalla famiglia Santapaola-Ercolano e mi consideravano un punto di riferimento per Belpasso. Percepivo prima circa 3 milioni di lire e poi circa 2 mila euro che venivano dati a mia moglie”.
Le rivelazioni del pentito
Fino al 2014, ha poi proseguito, a dargli lo stipendio era il fratello del macellaio, Giuseppe detto “Pippo Scillicchia”, esponente del clan del Malpassotu. Poi Navarria ha puntato l’indice contro Orazio Giuseppe, il macellaio, che secondo lui a un certo punto sarebbe diventato il boss. La macelleria del boss sarebbe stata zona di riunioni e di convocazioni delle vittim eper il pizzo.
Orazio Giuseppe Santonocito ha al suo attivo una condanna a 27 anni, in passato; ed è stato scarcerato, dopo brevi periodi di libertà, il 1 agosto del 2018. Per gli inquirenti, avrebbe capeggiato due gruppi: a San Pietro Clarenza, spalleggiato dal 56enne Alfio Caruso; a Belpasso, spalleggiato da Daniele Licciardello e Barbaro Stimoli.
Le “partnership” con altri gruppi
Uno dei core business del clan sarebbe stato il pizzo. Ma il gruppo di Santonocito sarebbe sceso in campo, per così dire, operando come se fosse stato un’agenzia di recupero crediti, ma attraverso minacce. In certi casi anche in collaborazione con altri gruppi, tra cui anche alcuni uomini del clan Mazzei, meglio noti con il soprannome di Carcagnusi.
In un caso, la vittima di un recupero crediti “forzoso” sarebbe stata costretta a pagare in contanti un’auto da un concessionario con cui avrebbe – quantomeno così era secondo il venditore – maturato un debito, e anche con due agnelli, che Santonocito e Santo Laudani avrebbero diviso. Il tutto tra il marzo 2021 e gennaio 2022.
Le scarcerazioni
Intanto il Tribunale del Riesame di Catania, presieduto da Gabriella Larato, ha scarcerato Alessandro De Luca e Angelo Di Stefano. I due sono difesi entrambi dall’avvocato Fabio Presenti. E sono indagati, assieme a Santonocito e Caruso, per una tentata estorsione ai danni del proprietario di un immobile.
Al proprietario, in pratica, Cosa Nostra si sarebbe presentata per chiedere la restituzione di una caparra che gli era stata versata per un affare immobiliare. Affare poi non concretizzatosi. E il mancato acquirente si sarebbe rivolto al clan per chiedere che gli fossero ridati i soldi. Ma il proprietario non ha ceduto. Anzi ha disconosciuto quel debito. Ora per i due l’ordinanza è stata annullata.