Centrodestra: il caso Sicilia, la maggioranza alla prova dell'aula - Live Sicilia

Centrodestra: il caso Sicilia, la maggioranza alla prova dell’aula

La crisi si consuma tra Roma e Palermo in attesa che la manovra arrivi in aula.
VERSO IL VOTO
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PALERMO – Centrodestra: caos calmo. L’attesa della risoluzione delle vicende della coalizione siciliana ricorda il romanzo “il deserto dei Tartari”. La fase magmatica tra alti e bassi, vertici annunciati e poi disertati, porta la (non più) gioiosa macchina da guerra (epiteto mutuato con evidenza da un’altra storia) a uno stallo senza precedenti a pochi giorni della battaglia decisiva in aula per dare il via libera all’ultima finanziaria della stagione targata Musumeci (ma a livello carsico i malumori non sono pochi soprattutto tra meloniani e salviniani).  

Una manovra “light” (ancora priva del parere dei revisori dei conti) che dovrebbe arrivare a sala d’Ercole senza emendamenti aggiuntivi per volere di Miccichè. Vedremo nei prossimi giorni il ruolo che giocherà il presidente dell’Ars, nonostante la terzietà del ruolo, in una partita che già alla vigilia si preannuncia parecchia complicata. 

Ma per mettere insieme i tasselli del puzzle bisogna riavvolgere il nastro e spostare indietro le lancette dell’orologio a 24 ore fa. Gli occhi sono puntati sulle dichiarazioni rilasciate da vari big del centrodestra nazionale all’indomani del pasticcio del mancato vertice a tre. Ad aprire le danze è una dichiarazione belligerante di Francesco Lollobrigida, braccio destro di Giorgia Meloni e capogruppo di FdI a Montecitorio.  “Abbiamo accettato la proposta di un tavolo della coalizione, ma se non ci sarà ognuno andrà per conto suo”, minaccia il meloniano. Poco dopo gli fa eco Ignazio La Russa che rincara la dose e, come tattica vuole, lancia un messaggio agli alleati capricciosi lasciando intendere che a Palermo i meloniani correranno da soli o con Lagalla (ipotesi al momento più robusta come confermano svariate gole profonde della truppa meloniana). La partita sotterranea è sempre la stessa: valutare separatamente o in blocco il pacchetto regionali-amministrative. 

In Sicilia. A livello nazionale il match si fa ancora più complesso con due fronti abbastanza netti che si fronteggiano ormai dall’elezione del presidente Mattarella: Lega e Forza Italia da una parte e FdI dall’altra. 

Nel frattempo Gianfranco Miccichè non cannoneggia sul quartiere generale di Musumeci (che in mattinata incassa il doppio endorsement del presidente della regione Liguria Toti e quello del segretario dell’Udc Cesa). Secondo qualcuno perché richiamato direttamente da Licia Ronzulli che, per in nome dell’unità del partito, gli avrebbe intimato di non andare avanti con l’azzeramento delle commissioni all’Ars. Qualcun altro fa notare che con il candidato sindaco a Palermo in quota azzurra la cautela è d’obbligo anche per un outsider del calibro del presidente dell’Ars che comunque di certo non sarà rimosso dal proprio ruolo, con buona pace dei ribelli-ortodossi, in piena campagna elettorale. I malumori persistono in casa azzurra, ma al momento non trapelano all’esterno.

Di tutt’ altro tenore il clima dentro Prima l’Italia. La nota al vetriolo contro la Finanziaria del governo firmata dai deputati Caroni e Pullara ha il sapore di un antipasto di Vietnam d’aula che non promette bene per la maggioranza. Al netto della nota che nel tardo pomeriggio arriva dal quartiere generale nazionale leghista. “Per la Lega l’unità del centrodestra è un valore importante, in Italia e in Europa: un incontro si può fare anche domani per superare divisioni che aiutano la sinistra”. Eppure, fonti romane assicurano che il tavolo non riguarderà la Sicilia e che “Matteo sul no al Musumeci bis è inamovibile e non ha cambiato idea: in Sicilia decidono i siciliani”. E allora, non resta che aspettare. Domani è un altro giorno. 


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