"Cercate Mister X" - Live Sicilia

“Cercate Mister X”

Gaspare Spatuzza

Chi è Mister X? E chi dovrebbe cercarlo? Dietro la domanda, anni di stragi e dolore.

Spatuzza
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3 min di lettura

PALERMO- “La persona che era nel garage in cui portammo la 126 usata per la strage non era di Cosa nostra. Ne sono convinto. Siccome si presume che appartenesse alla forze dell’ordine e la mia vita la gestiscono loro, sono io la prima persona ad avere interesse a vederla in carcere”. Torna sul misterioso signor X visto insieme agli uomini della cosca di Brancaccio nel garage in cui fu portata la macchina poi usata per la strage costata la vita a Paolo Borsellino e agli agenti della scorta, Gaspare Spatuzza. Il pentito sta deponendo al processo per l’eccidio, in corso nell’aula bunker di Rebibbia , davanti alla corte d’assise di Caltanissetta.

Questo Paese ha tanti misteri – gli dice il pm Nico Gozzo – E non può tollerarne altri, quindi questo è il momento di fare chiarezza”. Ma Spatuzza sull’identità del personaggio che avrebbe preso parte alla fase preparatoria della strage non sa essere più preciso. “Ho fatto una descrizione – dice – ma il ricordo è sfocato”. Un dato che convince ulteriormente il pentito che il signor X non fosse di Cosa nostra e di non averlo mai visto prima. “Spero che chi sa più di me parli – aggiunge -. Abbiamo assistito a tante istituzioni che hanno trovato la memoria dopo 20 anni, mentre a me, perché tutelavo la mia sicurezza è stata revocata la protezione”.

Il riferimento del pentito è alla decisione della commissione del Viminale che, nel 2010, gli revocò la protezione sostenendo che alcune sue rivelazioni, in particolare quelle relative alle confidenze ricevute dal boss Graviano sull’ex premier Silvio Berlusconi, fossero arrivate oltre i 180 giorni, termine entro il quale per legge, i pentiti devono rivelare quanto a loro conoscenza. La decisione venne poi bocciata dal Tar e la commissione tornò sui suoi passi. Spatuzza sta ora raccontando tutte le fasi preparatorie della strage relative al prelievo dell’esplosivo usato per l’eccidio da alcuni ordigni ripescati dal mare di Porticello e la sua macinatura.

Fin dal 1998 Spatuzza, che comincera’ a collaborare con la giustizia solo dieci anni dopo riscrivendo la storia delle stragi del ’92, in un colloquio investigativo con l’ex capo della Dna Pierluigi Vigna e il suo sostituto Piero Grasso svela alcuni particolari sulla strategia stragista di Cosa nostra: dalle indicazioni sul furto della 126 usata come autobomba per l’eccidio di via D’Amelio, agli attentati nel Continente. Il verbale con le dichiarazioni, mai entrate in alcun processo in quanto inutilizzabili, è contenuto nel fascicolo del pm del dibattimento sull’eccidio costato la vita a Borsellino. La corte che celebra il processo ha rigettato la richiesta dei legali degli imputati di acquisirlo agli atti. “Dovevamo uccidere più carabinieri possibile – racconta Spatuzza ai due magistrati – E in quel periodo già c’erano stati delitti contro i carabinieri in Calabria”.

L’allora braccio destro dei boss Graviano, che afferma di avere già preso le distanze da Cosa nostra, usa mezze frasi ma risponde ai due pm. “A Milano- dice riferendosi all’attentato del ’93 – l’obiettivo doveva essere 100 metri più avanti”. Importanti anche le sue dichiarazioni sull’esplosivo usato per le stragi: “sono ordigni bellici presi dal mare – dice nel ’98 -. Ce ne e’ per fare saltare l’Italia”. Solo qualche mese fa i pm di Caltanissetta hanno potuto ricostruire le fasi del recupero in mare dell’esplosivo usato per la strage di Capaci arrestando tra gli altri il pescatore Cosimo D’Amato. Ma Spatuzza ne aveva già parlato nel 1998. E, sul furto della 126 usata per uccidere Borsellino, Spatuzza dice: “la macchina era di un signore. L’hanno posteggiata questi ragazzi della Guadagna. L’hanno rubata loro e poi questi l’hanno rirubata”. Parole confuse che avrebbero già dovuto destare l’attenzione degli investigatori, che per il furto avevano arrestato una serie di persone.

(Fonte ANSA)


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