'Cinque anni a rompere la M...', Miccichè e quella parola su tutte

‘Cinque anni a rompere la M…’, Miccichè e quella parola su tutte

L'invettiva rinnegata. Le polemiche. E quella espressione che spicca.
LA POLEMICA
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La suggestione espressiva, il dato che salta all’occhio, sta in quella parola di sette lettere che comincia con ‘Emme’. Un caposaldo che i siciliani conoscono e praticano con doviziosa confidenza. Talmente familiare e intima risuona quella parolina… Di suo rappresenterebbe l’organo riproduttivo maschile, ma assume una ridondanza di significati non biologicamente contenibile. Quel termine noto, come un pregiudicato in questura, è stato pubblicato, oggi, su ‘La Stampa’ e attribuito a Gianfranco Micciché: “Cinque anni a rompere la M…”. Il riferimento? A Nello Musumeci con cui è un eufemismo dire che non corra buon sangue.

Micciché ha smentito toni e contenuti dell’invettiva. Che, però, è stata riferita da un bravo giornalista nell’esercizio delle sue funzioni. E non pare superfluo aggiungere il commento di Giampiero Cannella (FdI): “Miccichè ha smentito tutto, bene. Ma mi chiedo, da giornalista professionista e non da soggetto politico, il collega della Stampa come può essersi inventato un virgolettato tanto fantasioso quanto ignominioso?”.

Lasciamo la questione alle verità che si intrecciano e cerchiamo di dirottare il senso sul piano del linguaggio. Non significa affermare certezze, ma alludere al lessico personale che rispecchia qualcosa degli uomini. Dunque, la famosissima M… seguita dalle sei sorelle ‘inchia’. E’ facilissimo immaginare un siciliano come Micciché mentre la convoca, per dare chiarezza esplicativa al suo discorso. Come quando si picchia un pugno sul tavolo pur di sottolineare un concetto. Magari si può obiettare che un palermitano doc avrebbe usato il verbo ‘scassare’, invece di ‘rompere’. Tuttavia, appunto, la suggestione espressiva rimane fortissima.

Tanto da ritenere che Gianfranco Micciché quella parolina deve verosimilmente, almeno, averla pensata, forse ad alta voce, ricadendo in un canone popolare-letterario che non lo abbandonerà più. E che, altrettanto verosimilmente, l’avranno almeno pensata quelli che hanno letto l’intervista da personaggi e interpreti della medesima. Non è, infatti, impossibile fantasticare di Ignazio La Russa nell’atto di prendere il caffè, di buon mattino, (U’ cafè, altra pietra miliare), mentre tira la tazzina bollente in aria, esclamando: ‘Min!”. Con la G al posto della C, per mero fatto territoriale.

Comunque vada, le vicende del centrodestra siciliano somigliano a una trama sgangherata di cui nessuno conosce il finale. Avevano trovato una rappezzata unità sul nome di Roberto Lagalla, candidato sindaco a Palermo, ed erano già pronte le foto matrimoniali di giubilo? Ora sono di nuovo ai ferri corti. Perché si sa che la storia che veramente interessa è quella di Palazzo d’Orleans e che, intervista o non intervista, continueranno verbalmente a darsele di santa ragione. Così, interpreti e personaggi rischiano di finire tutti in una spiacevole situazione che comincia sempre per ‘Emme’. Dicesi: ‘Malafiura’, brutta figura. Perché? Che pensavate?


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