"Condotte opache, ma niente prove"| I motivi della prima assoluzione - Live Sicilia

“Condotte opache, ma niente prove”| I motivi della prima assoluzione

Il generale Mario Mori

I giudici della quarta sezione del tribunale di Palermo scrissero 1322 pagine.

Il processo Mori
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PALERMO – “Condotte opache” e “scelte operative discutibili”, ma nessuna prova “al di là di ogni ragionevole dubbio” dell’esistenza di un accordo per favorire la latitanza di Bernardo Provenzano. I giudici della quarta sezione del tribunale di Palermo scrissero 1322 pagine per motivare l’assoluzione in primo grado del generale Mario Mori e del colonnello Mauro Obinu.

Di fatto smontavano l’ipotesi dei pm che vedeva nei due ufficiali gli intermediari fra Cosa nostra ed esponenti delle istituzioni. Il mancato blitz del 1995 nelle campagna di Mezzojuso veniva considerato un passaggio della Trattativa che sarebbe stato oggetto di un successivo processo tuttora in corso.

“Non può che ritenersi priva di ogni riscontro – si leggeva nella motivazione – e perfino contraddetta da inoppugnabili dati di fatto l’affermazione secondo cui, grazie all’accordo concluso con esponenti delle istituzioni, Provenzano era sicuro da ogni ricerca”. I carabinieri e lo Stato non avevano ceduto di fronte a Cosa nostra. Non lo avevano fatto con Provenzano e prima ancora con Totò Riina. “La cattura di Riina – si leggeva ancora – ha costituito una svolta che ha ridato fiducia e slancio all’azione di contrasto all’associazione mafiosa, che da lì in poi ha conosciuto una ragguardevole continuità. E se anche nell’autunno del 1993 si scelse di lanciare a Cosa Nostra un segnale di distensione, non rinnovando, per alcune centinaia di detenuti, il regime differenziato previsto dall’articolo 41 bis, dovrebbe, comunque, ritenersi che tale momentaneo cedimento, che, per quanto rilevante, sembra essere stato eccessivamente enfatizzato dall’accusa (non vennero concessi particolari benefici ai mafiosi, ma si applicò a parecchi esponenti della criminalità organizzata – di cui solo limitata parte appartenenti a Cosa Nostra – un regime restrittivo meno rigoroso), sia avvenuto anche per cercare di evitare i colpi di un terrorismo mafioso che sembrava, in quel momento, incontrollabile”.

Secondo i giudici “resta senza riscontro la eventualità che Paolo Borsellino abbia in qualche modo manifestato la sua opposizione ad una trattativa in corso fra esponenti delle Istituzioni statali e associati a Cosa Nostra”. Per il collegio non c’erano le prove le prove che il magistrato fosse stato ucciso perché aveva scoperto l’esistenza della Trattativa. Anzi, “da ultimo, si deve rilevare che alcuni dati sembrano indicare che la strage di via D’Amelio fosse già programmata da tempo e non sia stata frutto di una decisione estemporanea, dettata da contingenze del momento”.

Arrivarono, però, delle critiche a Mori e Obinu per le “scelte operative discutibili adottate nel tempo, astrattamente idonee a compromettere il buon esito di una operazione che avrebbe potuto procurare la cattura di Provenzano”. In ogni caso “le peculiari circostanze che caratterizzarono l’episodio del 31 ottobre e la stessa, personale esperienza investigativa del colonnello Michele Riccio (l’investigatore che aveva dato le indicazioni sulla cattura Provenzano, ndr) non consentono di nutrire alcuna certezza in ordine all’esito fausto che l’operazione avrebbe potuto avere se fossero state prescelte linee di azione diverse”.

Non si escludeva che “il fallimento della pregressa attività investigativa può aver consigliato di puntare esclusivamente sull’auspicato, nuovo incontro del boss” con il confidente Luigi Ilardo. Un incontro annunciato come imminente per parecchi mesi. Ecco perché secondo i giudici “benché non manchino aspetti che sono rimasti opachi, la compiuta disamina delle risultanze processuali non ha consentito di ritenere adeguatamente provato – aldilà di ogni ragionevole dubbio – che le scelte operative in questione, giuste o errate, siano state dettate dalla deliberata volontà degli imputati di salvaguardare la latitanza di Bernardo Provenzano o di ostacolarne la cattura. Ne consegue che i medesimi devono essere mandati assolti”.


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