Tetti agli stipendi, flop Crocetta| La Corte dei conti chiede i soldi - Live Sicilia

Tetti agli stipendi, flop Crocetta| La Corte dei conti chiede i soldi

Nell'ultima Finanziaria, una norma assicurerebbe ai dirigenti una indennità per gli incarichi aggiuntivi: nel resto d'Italia non è così. Da due anni e mezzo il governatore ha provato ad abbattere i limiti degli stipendi nelle partecipate. Mentre l'ultimo tetto fissato per legge (160 mila euro) per ill Cga rischia di essere incostituzionale.

I conti della Regione
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PALERMO – Una Regione cabriolet, la Sicilia. Dove i tetti, invece di abbassarsi, si alzano. O addirittura scompaiono. I tetti agli stipendi, per la precisione. Quelli che coprono la dorata permanenza alla Regione dei dirigenti regionali e sempre più spesso di esterni piazzati a capo di aziende pubbliche. Salgono gli stipendi, invece di scendere. Nonostante una norma voluta dallo stesso Crocetta: “Fisseremo il limite di 160 mila euro”, impose, sfidando l’Assemblea regionale. “Se siete capaci, fate lo stesso”. E invece, anche quella proposta si è rivelata un flop. Quella norma, secondo il Cga, rischia di essere incostituzionale.

Nel frattempo, nelle Finanziarie della rivoluzione è tutto un abbattimento di tetti. L’ultimo atto è nella legge di stabilità in discussione all’Ars in queste ore. Una norma che, “al fine di remunerare i maggiori oneri e responsabilità dei dirigenti che svolgono incarichi aggiuntivi conferiti in ragione del proprio ufficio o comunque attribuito dall’Amministrazione o su designazione della stessa”, attribuisce “un compenso onnicomprensivo, pari al 50 percento dell’importo corrisposto dai soggetti terzi per l’incarico”. Una norma che non è presente nel resto d’Italia, dove gli incarichi sono “onnicomprensivi”. Così come dovrebbero essere anche quelli dei dirigenti generali siciliani.

Che invece, nel corso degli anni hanno incassato, in qualche caso, l’intero compenso aggiuntivo (la norma attualmente prevede che questi vengano versati in bilancio o all’ente di riferimento, e versati solo al 50 per cento). Una “consuetudine” che ha attirato l’attenzione della Procura regionale della Corte dei conti, che ha anche indirizzato un “invito a dedurre” alla dirigente generale del Lavoro Anna Rosa Corsello. Stando al sito ufficiale della Regione siciliana, l’incarico di dirigente generale assicura alla burocrate circa 170 mila euro lordi annui. A questi, però, vanno sommati i 40 mila euro lordi che derivano dal ruolo di commissario liquidatore di Multiservizi, e i 25 mila lordi per l’analogo ruolo in Biosphera. Nella peggiore delle ipotesi, quindi, in busta paga la Corsello trova una somma – lorda – che oscilla attorno ai 235 mila euro. La somma illegittimamente percepita nel corso degli anni si attesterebbe intorno ai 170 mila euro. Ma la burocrate, già nel giugno scorso aveva contestato a Livesicilia: “Le partecipate di cui sono commissario liquidatore, così come tutte le altre hanno ricevuto un invito a comunicare i versamenti eseguiti dal 2009 ad oggi in riferimento ad incarichi di gestione. Quello di commissario liquidatore non rientra fra questi. Per tutti gli altri ho appena avviato la ricognizione”. E una ricognizione, o meglio un tentativo di ricognizione va avanti da mesi anche da parte del dipartimento della Funzione pubblica diretto da Luciana Giammanco. L’ultima nota, però, che risale al febbraio scorso, restringe il campo della ricerca di questi incarichi aggiuntivi al periodo che va dal primo gennaio 2014 al primo gennaio 2015. La capodipartimento della Funzione pubblica chiede una risposta “urgente”. Ma da mesi, gli uffici e le aziende tardano a trasmettere le informazioni.

Ma evidentemente negli ultimi anni la “sensibilità” dell’amministrazione regionale nei confronti dei limiti posti per legge agli stipendi non è stata così alta. Forse anche per “colpa” di un governo regionale che, negli stessi minuti in cui lanciava la caccia ai maxi-stipendi, varava norme che accrescevano, e di molto, l’ammontare di altre indennità. È il caso ad esempio della norma prevista nell’ultimo piano di riordino delle società partecipate. Un Piano che prevede sì alcuni risparmi legati ad esempio all’abolizione della figura del direttore generale e dei Cda delle aziende. Ma allo stesso tempo, abbatte il tetto per gli amministratori, fissato per legge a 50 mila euro per i presidenti dei Cda e di 25 mila per i componenti del Consiglio. La norma a cui stanno lavorando l’assessore Baccei e il governatore Crocetta, infatti, porterebbe le indennità degli amministratori sopra i 100 mila euro annui, fino al limite di 160 mila.

E del resto, il presidente Crocetta ci aveva già provato con la Finanziaria dell’anno scorso. Un articolo in quella legge di stabilità, infatti, stabiliva di abbattere i tetti agli stipendi per gli amministratori di alcune società regionali. Un tetto di 50 mila euro confermato da Crocetta appena pochi mesi prima persino con una delibera di giunta. E tra i beneficiari di quella legge ecco spuntare, tra gli altri, ancora Patrizia Monterosso (nel cda di Irfis), di nuovo Stefano Polizzotto (in Ast) e Antonio Ingroia, nuovo amministratore di Sicilia e-Servizi. “Volete che una persona che guida una società come quella guadagni appena 50 mila euro?” protestò il governatore. Contro se stesso. Visto che il tetto lo avevo messo proprio lui nero su bianco nella sua delibera. Ma l’Ars si oppose a quel provvedimento.

In quegli stessi mesi, il governatore lanciava la sua provocazione all’Ars. Giorni in cui, soprattutto in tv, “sparava” contro gli stipendi d’oro dell’Assemblea (buste paga, in certi casi, in effetti molto “pesanti”). E da lì, la “sfida”: mentre infatti l’Assemblea applicava anche al Palazzo dei Normanni il tetto fissato dallo Stato a 240 mila euro annui, il governatore rilanciava: “Alla Regione il limite sarà di 160 mila euro”. Un limite molto elastico, a dire il vero, visto che non comprendeva alcune voci, e che si traduceva in realtà in un tetto ben più alto. Ma anche in quel caso, l’idea del governatore si è tramutata in un flop. Messo nero su bianco dal Cga che nell’ottobre scorso ha espresso un parere su un quesito chiesto proprio dalla Regione. Un quesito che riguardava l’estensione ai dirigenti esterni del tetto fissato dalla Regione. I giudici amministrativi, però, sono andati oltre. Mettendo in guardia la Regione: quella norma potrebbe essere incostituzionale. Forse è il caso che l’amministrazione si limiti ad applicare il tetto fissato dallo Stato, per evitare eventuali ricorsi. E così, il governo che avrebbe dovuto abbassare gli stipendi si ritrova una Regione dai tetti sempre più alti. O senza tetti. Una Regione cabriolet.


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