Crocetta “esulta” per il caso Anfe | Ma il vero scandalo è la Monterosso - Live Sicilia

Crocetta “esulta” per il caso Anfe | Ma il vero scandalo è la Monterosso

Imputata, resta al suo posto. Il presidente ringrazia i pm di Trapani e tace sul Segretario generale

Formazione nel caos
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PALERMO – Crocetta esulta, festeggia, ringrazia. Ma cosa ha da festeggiare? Il presidente della Regione rivendica meriti, quasi pretende le scuse, di fronte all’operazione che ha portato ai domiciliari il “re” dell’Anfe Paolo Genco. Una pagliuzza politica, però, di fronte alla trave che incredibilmente il governatore non vede o fa finta di non vedere: il suo segretario generale Patrizia Monterosso, da oggi è una imputata. Con l’accusa – pesantissima per un burocrate – di un mega-peculato da undici milioni di euro, insieme con l’altra dirigente Anna Rosa Corsello.

Il presidente non solo sceglie di non usare per il suo braccio destro i toni e gli argomenti che gli sono più congeniali e con i quali ha costruito l’impostura di una moralità rivelatasi una “doppia morale”, ma non si sente nemmeno in dovere di chiedere al suo più stretto, fidato, difeso collaboratore un passo indietro. Cosa che nemmeno i vecchi partiti. Nemmeno la prima Repubblica.

Anzi, Crocetta fa finta di nulla e oggi usa persino toni trionfalistici. Ringrazia ragazzi e ragazze, Fiamme Gialle e Procura. Ma solo quella di Trapani. Non c’è traccia, ancora, di un “grazie” alla Procura di Palermo che ha indagato sul suo “alter-ego” Patrizia Monterosso, la dirigente che oggi di fatto è andata a processo scegliendo il rito abbreviato. Non ha ringraziato, Crocetta, i pubblici ministeri palermitani per una inchiesta che punta a provare l’esistenza di un danno alle casse pubbliche, a quelle dei cittadini siciliani.

No. Sulla Monterosso, Crocetta tace. Il moralista che in quattro anni ha disorientato commentatori e osservatori, puntando il dito ora a destra, ora a sinistra, contro qualche delinquente di provincia o qualche ladro di polli. Contro i quali, ovviamente, ha mostrato il pugno duro, riunendo a più riprese la giunta per deliberare la costituzione parte civile in processi sparsi in tutta l’Isola e ignoti alla maggior parte dei siciliani. Sullo scandalo del presunto peculato contestato dalla Procura alla plenipotenziaria di Palazzo d’Orleans, invece, Crocetta tace e a quanto pare non farà costituire parte civile la Regione dei siciliani, trincerandosi dietro un parere richiesto all’Avvocatura dello Stato.

E insieme a Crocetta, tacciono tutti i moralizzatori del suo cerchio magico. Tacciono i sostenitori di quella “legalità” che va a braccetto con lo sviluppo, tacciono gli esponenti del Partito democratico, tacciono persino le opposizioni, per una volta apparentemente concordi col presidente gelese.

Il silenzio più imbarazzante è però proprio il suo, quello di Crocetta, specie se confrontato con quella nota. Quella in cui rilancia il “caso Genco” per assumersi meriti che persino il più fervente megafonista, persino il più ortodosso crocettiano – sono, per forza di cose, sempre più sparuti – farebbe fatica a rintracciare. Perché con Crocetta, col governo di Crocetta, l’Anfe ha regolarmente svolto le proprie attività, ha regolarmente partecipato ai bandi, ha regolarmente e – pare legittimamente – ottenuto contributi e finanziamenti. Che c’entra allora Crocetta? Che c’entra il suo governo?

In realtà c’entra. Eccome. Perché nel frattempo, il vero caso è dentro il suo palazzo. Nella sua stanza. È a Palazzo d’Orleans, a capo del quale, al suo fianco, da oggi c’è un burocrate imputato per peculato, dopo, tanto per gradire, essere stato condannato dalla Corte dei conti per un danno all’erario da oltre un milione. Un burocrate che nel frattempo è presente anche dentro il Consiglio di amministrazione della “mini-banca” della Regione, quell’Irfis in grado di muovere fino a un miliardo di euro di finanziamenti. Lì, in quel cda siede da oggi un consigliere (e vicepresidente) condannato dalla Corte dei conti e sotto processo. Eccolo, il risultato della moralizzazione di Crocetta. Quella nella quale nessuno si accorge di niente. La vicenda che ha portato a processo Patrizia Monterosso e Anna Rosa Corsello, infatti, è tutta del suo governo. È il fallimento della Formazione professionale ai tempi di Crocetta. Del governo dei moralizzatori. Il peculato contestato sarebbe legato infatti ad atti e comportamenti risalenti all’ottobre del 2013. Cioè dopo l’avvento dell’inquisitore gelese. E l’altro dirigente, Anna Rosa Corsello, che ha scelto il rito ordinario, separando un destino finora diviso a metà con la più potente burocrate, è stata scelta da Crocetta in questi anni per guidare contemporaneamente due dipartimenti-chiave come quelli del Lavoro e della Formazione.

Dopo che quest’ultimo dipartimento, salvo qualche breve parentesi, per anni era stato il regno di Patrizia Monterosso e poi di altri dirigenti tra cui la stessa Corsello. Anni di scandali in serie, e di controlli evidentemente blandi o poco fortunati, gli ultimi dieci di Formazione in Sicilia. Scandali svelati dalle Procure penali e contabili (dal caso Genovese a quello del Ciapi) compreso il caso degli extrabudget che ha già portato a pesanti condanne della Corte dei conti. Anche per Patrizia Monterosso da poche ore a processo pure per peculato. Accuse tutte da dimostrare, ovviamente. Ma il vero “caso”, oggi, non è a Trapani, E’ dentro il palazzo della Presidenza. Crocetta perché esulta? Cos’ha da festeggiare?


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