Sanità e Antimafia: mai una verità | Sicilia nuovo porto delle nebbie - Live Sicilia

Sanità e Antimafia: mai una verità | Sicilia nuovo porto delle nebbie

Casi di tristissima cronaca. La Sanità in pezzi. Le dimissioni annunciate e non formalizzate. Le inchieste di mafia sui simboli antimafia. Da Nicole, a Lucia Borsellino, ad Antonello Montante: non c'è mai una risposta sensata.

Un porto delle nebbie è questa Sicilia; né terra, né cielo, né carne, né pesce. Un deserto. Nessuno che plachi l’arsura di verità. Un limbo. Non uno che sappia dire paradiso al paradiso e inferno all’inferno. Un gioco dell’oca e delle beffe. Quando cambia una casella, si capovolge il senso di tutto. Quello che andava bene qualche giro fa, non risulterà più valido, al nuovo colpo di dadi. E i dadi li lancia sempre il potere, sorretto dall’arroganza.

Niente tiene. Nulla regge. “Quello che ieri era vero, non sarà vero domani”. Lucia Borsellino aveva deciso di presentare le sue dimissioni da assessore alla Salute, dopo la tragedia di Nicole, la neonata di Catania spirata nel viaggio verso una salvezza troppo lontana. La scelta non era stata presentata come un umile atto di contrizione della politica al cospetto della propria oggettiva inefficacia. Era, piuttosto, una reazione alle critiche del ministro Lorenzin. Può uno screanzatissimo ministro della Salute permettersi di nutrire qualche dubbio sui livelli d’assistenza di una regione in cui i bambini muoiono – per quanto risulta finora alla cronaca – durante la ricerca di un posto in ospedale?

Comunque, le dimissioni erano state annunciate. Oggi, non se ne parla più. Il presidente Crocetta dà il caso come definitivamente rientrato. L’interessata nicchia. Un po’ resta in silenzio, un po’ lascia trapelare che forse, sì, effettivamente potrebbe. Intanto, la nebbia del limbo opprime i polmoni. L’impegno è stato sommerso da un vapore acqueo di strategica indeterminatezza, mentre la Sanità siciliana crolla sotto il peso di uno scandalo al giorno.

E’ la follia delle cose che si contraddicono, questa Sicilia. Il dado che ora accusa, al prossimo tiro chissà mai quale faccia mostrerà. C’è l’impronta dell’oca, del suo gioco, nella vicenda di Antonello Montante, già presidio antimafia e presidente di Confindustria. I giornali pubblicano la notizia di un’inchiesta che lo riguarda. Lo scoop vola veloce di bocca in bocca, nel propagarsi dei ‘parrebbe’ mediatici, condito dalle ombre di misteriosi pentiti. Il fiume si tramuta in piena, travolgendo l’immagine di un simbolo, santificato fino all’altro ieri con l’incenso della legalità.

Eppure, nell’ultima relazione della Direzione Nazionale Antimafia, si legge: “Nell’ultimo periodo si assiste ad una crescente reazione delle organizzazioni mafiose e dei suoi poteri collegati, contro l’azione di contrasto alla criminalità organizzata, nonché contro l’opera di legalità posta in essere in questi anni dall’Associazione Confindustriale di Caltanissetta e, in generale, da quella regionale. In definitiva, sembra che la reazione di Cosa nostra, attuata su più piani, abbia come obiettivo quello di innalzare il livello di aggressione contro quel modello voluto anche da Confindustria Sicilia, che ha costituito, in questi ultimi anni, un elemento di forte discontinuità rispetto al passato”.
Antonello con la coppola calzata del colluso, Antonello con l’aureola dell’arcangelo antimafioso, Montante sodale dei boss, Montante minacciato dai boss. Dipende dai dadi. La schizofrenia di affermazioni che dovrebbero elidersi a vicenda convive nella stessa logica. Arriverà mai un giudice da Berlino a diradare le ombre di questa maleodorante indefinitezza?

Non può mancare all’appello Rosario Crocetta, il bussolotto del potere, il locatario della sospensione con vista sullo sfacelo. Lo convocano a ‘Ballarò’. Gli mettono accanto Matteo Salvini, sapendo che entrambi cozzeranno, che manderanno lampi. Infatti, i due cozzano, con un notevole effetto visivo. Matteo rimprovera a Saro proprio la morte di Nicole; Saro accusa Matteo di essere uno speculatore, un cinico appollaiato sul trespolo di un corpicino senza più respiro. Però non fornisce indicazioni. Non enuncia chiarimenti. Anzi – secondo copione – il governatore della Sicilia nasconde l’impalpabilità con un’epica “crocettata”: una pupilla furibonda al rivale, una pupilla incredula al conduttore Giannini, lo sguardo, mobilissimo, sul pubblico, per calcolare il consenso della prova d’attore. E la voce si incrina, esplode in un tripudio di: “Si vergogni”. Infine, si scioglie nell’esibizione intimista: “Ho pianto per quella bambina”.

E mentre il governatore dà fiato alla sua sceneggiata, il vapore acqueo dell’indeterminatezza si condensa, diventa ghiaccio in gola alla sete di verità, all’arsura dell’unica domanda plausibile: come può una neonata morire in Sicilia, come è morta la piccola Nicole? Non c’è risposta, sotto il belletto di poverissime maschere. C’è il dolore del limbo, nella terra del niente, nel cielo del nulla, dove le anime dei bambini hanno ali di farfalla, intessute di lacrime.

 

 


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