Poche settimane fa, nei giorni caldi del “rischio default” (poi in gran parte ridimensionato) e dell’ipotesi commissariamento (finita nel cassetto dopo le dimissioni di Lombardo), gli assessori Massimo Russo e Gaetano Armao hanno avvertito il dovere di difendere la regione siciliana dagli attacchi dei giornali del Nord e della politica “centralista”, in una conferenza stampa nella quale hanno snocciolato “i veri numeri” della macchina amministrativa siciliana. Numeri coerenti con le funzioni della Regione, con le sue prerogative statutarie.
Insomma, loro malgrado, i due componenti del governo Lombardo hanno dovuto, in alcuni casi, difendere l’indifendibile. E, a dire il vero, hanno provato a giustificare colpe che non sono, e non possono essere di quest’ultimo governo. Ma che affondano nel passato. Negli anni dell’ultimo governatore di centrosinistra: Angelo Capodicasa.
Già, perché al di là delle funzioni più o meno ampie della regione siciliana, che si sobbarca il peso di attività che altrove vengono svolte dagli apparati statali, non tornano i numeri, ad esempio, sul gruppone dei dirigenti. Un numero frutto di una legge, la numero 10 del 2000, che creava la terza fascia dirigenziale. Trasformando tanti funzionari di alto livello, appunto, in dirigenti della Regione.
Che, tanto per capirci, sono la bellezza di 1.906, un numero che rappresenta il 10,66% dell’intero personale dipendente della Regione. Per intenderci, nel 2009, questo rapporto nelle regioni a Statuto ordinario era pari al 5,80% e nelle Regioni a statuto speciale al 4,57%. Insomma, al di là di ogni giustificazione, i dirigenti sono davvero troppi. Ma al di là della quantità, quello che colpisce maggiormente è proprio il fatto che questi (ben pagati) dipendenti della Regione sembrano non bastare mai. La stessa Corte dei conti, infatti, ha stigmatizzato l’esagerato ricorso a risorse esterne all’amministrazione regionale per ricoprire ruoli apicali. E il caso dei nove direttori scelti da Lombardo, nel 2010, fu contraddistinto da polemiche ed evidenti contraddizioni. Lombardo scelse, infatti, diversi fedelissimi: tra gli altri, Rossana Interlandi, Nicola Vernuccio, Patrizia Monterosso. Scelti dal governatore nonostante la mancanza, come emerse da una relazione interna della Regione e del costituzionalista Giovanni Pitruzzella, di tutti i requisiti necessari per ricoprire quel ruolo. Scelte più “politiche” che funzionali alla Regione. E pagate a caro prezzo dai siciliani, visto che la media di quegli stipendi, si traduceva in una spesa complessiva di circa 2 milioni di euro l’anno. Cifra che, anche dopo la defenestrazione di sei di quei nove esterni, non è scesa poi di molto. Sono arrivati, nel frattempo, Gianluca Galati, Marco Romano, Ludovico Albert. Insomma, il gusto per gli “esterni” non è mai mancato.
La stessa logica, in fondo, che ha portato alla proliferazione di consulenti ed esperti. Anche in questo caso, nonostante i quasi duemila dirigenti, il governatore e gli assessori non hanno lesinato nomine e incarichi che hanno finito per costare, stando alle cifre diffuse in uno studio della Cisl – Funzione pubblica, qualcosa come 1,2 milioni di euro nel biennio 2010-2011. E nel 2012, le nomine non si sono certamente arrestate. Una “moda” che ha contagiato immediatamente persino gli assessori “last minute” come Francesco Aiello, capace di nominare, appena insediatosi, tre nuovi consulenti in dieci giorni. Mentre l’assessore Amleto Trigilio è riuscito persino a spingersi oltre i limiti della legislatura: il suo consulente, Andrea Corso, dovrà lavorare fino al primo novembre. Quando Trigilio non ci sarà più, così come il resto del governo.
Un tema, quello dei consulenti, sul quale la spending review siciliana sembra voler intervenire, riducendo le possibilità di conferire incarichi di quel tipo a un massimo di due per il governatore e uno per ogni singolo assessore. E interventi sono previsti anche per un altro dei simboli della “casta”: le auto blu. Le riduzioni, decise già in una delibera firmata dall’assessore Caterina Chinnici, si ritrovano nel testo della spending review di Gaetano Armao. Ma in questo caso, si fa riferimento quasi esclusivamente alla spesa per la gestione e il noleggio delle autovetture (che non potrà superare la metà di quanto speso nel 2011). Per quanto riguarda i dipendenti, invece, la Regione ha previsto che “il personale in esubero, già adibito a mansioni di autista o di supporto alla gestione del parco auto, è conseguentemente assegnato a mansioni differenti, ferma restando l’area professionale di appartenenza ed il trattamento economico fondamentale in godimento”. Insomma, gli autisti andranno a guidare altri mezzi. Con nessun vero risparmio. E dire che anche in questo caso, le cifre non sono da ridere.
Ed è partendo da un confronto con un’altra regione a Statuto speciale come la Sardegna che emerge il vero dato interessante. Mentre la giunta sarda nel 2011 contava su 58 autisti, il governo siciliano ne stipendiava la bellezza di 135. Due volte e mezzo il numero di conducenti, a parità di vetture. E ovviamente, il dato non può che tradursi in euro. Mentre la Sardegna, infatti, pagava per i suoi autisti 2,3 milioni di euro l’anno, la Sicilia scuciva nel 2011 la cifra enorme di 5,754 milioni. Quasi il triplo. Quasi quanto gli stipendi incassati dai due piloti della Red Bull, scuderia vincitrice del mondiale di Formula 1 nel 2011.
E che la cifra sia enorme, si evince anche dal confronto con altre Regioni d’Italia. Una “big” come la Lombardia spende per i suoi 49 autisti appena 2,9 milioni. È la Campania, invece, la regione che, per numero di conducenti si avvicina di più alla Sicilia. Ma anche qui i numeri sono assai lontani: 71 gli autisti (la metà di quelli siciliani) e una spesa di 3,5 milioni. Poco più della metà di quanto sborsa Palazzo d’Orleans.